Basta vivere di briciole. Il celibato per un gay cattolico non è l’unica opzione
Testimonianza di Patrick Gothman* pubblicata sul sito “Reaching Out – storie di fede LGBTQ persa e trovata” (USA) il 22 novembre 2017, libera traduzione di Innocenzo
C’è una famosa frase di Chesterton che dice: “Il cristianesimo non è stato messo in pratica e trovato inadatto, invece è stato trovato difficile e non è stato messo in pratica“. Ciò si può dire diu tante cose, ma è una frase che viene detta sopratutto da chi non è soddisfatto di quanto lontano possa andare qualcun altro. Ma sapevo che la grazia, se era reale, doveva fluire liberamente. Che mentre nulla di buono nella vita è facile, se Dio è con te, ti aiuterà. Giunto, gestirai il carico.
Quando ho ripensato ai miei anni passati in Honduras, mi sono reso conto che sicuramente non ci sono riuscito. Sono stato un esempio vivente che dimostra un’eccezione alla regola ufficiale. Potresti fare tutto ciò che la Chiesa Cattolica ti ha chiesto, comunque finire miserabile, spezzato e senza speranza. Solo quando sono tornato a casa mia dal Centro America mi sono lasciato tentare da qualcosa che non avevo fatto, da quando avevo sedici anni: andare ad un appuntamento con qualcuno con cui volevo davvero stare e che voleva stare con me.
Voglio essere molto chiaro, però. Non sto affatto cercando di dire che le strade scelte da altri gay cattolici siano false. Alcuni omosessuali potrebbero essere incredibilmente felici come sacerdoti. Alcune donne e uomini possono trovare un profondo appagamento nella vita religiosa o nell’essere celibi e single. Il mio punto di vista è semplicemente che non posso pretendere che uno di quelle cose funzioni per tutti. Semplicemente non si può pretendelo.
Penso che ci sia una via da seguire anche per la Chiesa cattolica che, essendo un’istituzione non fa cambiamenti improvvisi, deve però imparare ad ascoltare quelli di noi che hanno preso sul serio le sue prescrizioni sull’omosessualità. Che aspetto hanno realmente quelle parole sulle nostre vite? Funzionano o i numeri della depressione e del suicidio stanno facendo scomparire in silenzio i parrocchiani che ci credono che sono tra i banchi intorno a te?
E per quelli di noi che hanno deciso di rimanere cattolici e di non demonizzare la nostra sessualità, siamo più felici e più sani secondo gli standard della Chiesa? Se esaminiamo i frutti delle nostre azioni, guardando oltre le nostre relazioni ma a tutta la nostra vita, cosa vediamoi? Ci sono molti di noi, ancora tra di voi. Papa Francesco ha inaugurato un nuovo ascolto, ma quale parti della Chiesa cattolica stanno iniziando a prestare attenzione. Perchè se hai paura di guardare veramente le nostre vite, ciò cosa dice del tuo impegno per la verità?
Il fatto è che la maggior parte dei cattolici che conosco ammetteranno che c’è una sorta di divario tra la definizione di “intrinsecamente disordinati” e ciò che vedono nei loro amici e familiari gay. I loro figli non sono i mostri, come gli è stato detto. Sono solo una ragazza o un ragazzo di dodici anni, bisognosi di un po d’amore e desiderosi di sapere che avranno qualcuno da amare anche loro. A volte immagino venga data un’opzione. Quella di poter tornare indietro e diventare quel bambino di dodici anni, ma che non è nato cattolico.
Ho ricordato alcune delle cose che non mi hanno mai detto perchè ero intrinsecamente disordinato, e perciò potevo innamorarmi e crescere bambini come nel resto del mondo. Oppure potrei diventare quel ragazzo di dodici anni cattolico. Fumare sigarette sotto lo sguardo di pietra di Maria, piangere in riva al lago e sentirsi dire che il mio funerale sarebbe uno scandalo da tenere privato perchè sono gay. Ma la Chiesa avrebbe imparato qualcosa da quel ragazzo. E la prossima generazione di ragazzi gay avrebbe avuto qualcosa di diverso. Quale delle due vite sceglierei? Senza esitazione sceglierei un’intera vita di dolore e non avrei mai sollievo, se significasse che quei bambini alla fine saranno in grado di amare se stessi. Ne varrebbe la pena ogni dannato giorno.
Perché, in fondo, la vita è molto di più di quello che vivevo. Essere cattolici mi ha insegnato questo.
Quella volta che ho bussato alle porte degli estranei per chiedere cibo, chiedendo loro di tenermi in vita, mi fa ricordare un passo delle Scritture su una donna straniera che ha chiesto una piccolo atto di misericordia per suo figlio a Gesù. Lui le disse freddamente, il pane destinato ai bambini (agli ebrei) non dovrebbe essere dato ai cani (agli stranieri). Lei rispose che anche i cani raccolgono gli scarti da sotto il tavolo dove le persone mangiano. Mentro bussavo alle porte, mentre ero a stomaco vuoto, me lo ricordai. Anche i cani mangiano le briciole.
Ad essere onesti, non so esattamente cosa, ma spero che la Chiesa cattolica e il cristianesimo in generale condividano delle briciole con me. Ma so di essere sotto il tavolo da troppo tempo. Ho fatto del mio meglio per mangiare ciò che mi è stato dato, ovunque sia andato. Ma, come quella donna nelle Scritture, vengo a chiedere conto per qualcun altro ora. Non ho figli miei, ma per i milioni di ragazzi influenzati dagli insegnamenti della Chiesa.
Ai genitori e ai pastori, ai fratelli e agli estranei, chiedo condividerai ciò che hai? Perché quello che cade sul pavimento, posso dire guardando alla mia vita, non sostiene. Al tuo tavolo hai qualcosa di meglio della vergogna, del silenzio e della solitudine “intrinsecamente disordinata” con cui abbiamo cercato di sopravvivere. Condividerai la dignità? Condividerai l’amore? Condividerai il matrimonio? Perché tu puoi. Ci tiene in vita solo il fatto che puoi.
* Patrick Gothman vive negli Stati Uniti, dove si occupa di giustizia sociale. E’ uno scrittore abbastanza gay ed è editor del sito Reaching Out.
Testo originale: I Thought Gay Celibacy Was My Only Option — I Was Wrong