Beati coloro che sperano in lui! (Isaia 30:18)
Riflessioni bibliche* pubblicate sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) l’8 dicembre 2019, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Le letture liturgiche di Avvento tratte dal profeta Isaia sono tra i testi biblici più belli, poetici e pieni di speranza: parlano di attesa, di aneliti, di liberazione, dell’amore infallibile di Dio e della sua solidarietà con il genere umano.
Alcune settimane fa Bondings 2.0 ha chiesto ai suoi lettori di scrivere delle brevi riflessioni su alcuni passi di Isaia dal punto di vista delle persone LGBTQ e dei loro alleati. Sotto trovate le riflessioni scritte per la seconda domenica di Avvento, precedute dalla citazione su cui la riflessione si basa.
Isaia 9:1-2
Il popolo che camminava nelle tenebre
vide una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si gioisce quando si spartisce la preda.
Riflessioni di padre Bryan Massingale, università Fordham, New York
Queste parole di Isaia mi consolano, ma mi ossessionano anche. Per me, l’oscurità è più evidente della luce. Sono nero e gay, e il mio Paese tiene in poco conto la mia vita. Mi sento in pericolo, più di quanto non voglia ammettere. La mia Chiesa, nelle giornate buone, mi tollera; altrimenti, commette il grossolano errore di biasimare chi ama come me. In questi giorni procedo a tentoni nel buio, tento di trovare la via anche se il mio piede inciampa.
L’Avvento, per me, è un tempo per stare di vedetta, cercando di cogliere i segnali di luce, per quanto siano deboli o distanti. Alcuni anni fa, in un periodo di confusione oscura, scrissi questa poesia sul vivere in attesa della promessa di un nuovo inizio. La chiamai
Di vedetta all’alba
Il levarsi del sole promette
che la notte non dura per sempre.
Ma l’alba
irrompe
solo al tempo stabilito.
E così aspetto…
e scruto…
nella luce nascosta.
Fiducioso
che la notte non dura per sempre.
Riflessioni su Isaia di Jacqui O. (New Haven, Connecticut, USA)
Quando Isaia mi invita a ponderare l’immagine di chi “gioisce quando si spartisce la preda”, comincio a visualizzare avidi saccheggi e la gioia di sconfiggere i nostri vicini. Ma se la preda, invece che dei beni dei nostri vicini, consistesse nell’amore, e nella misericordia? Oppure in un piccolo neonato, nato nella povertà e in regime di occupazione?
Cosa succederebbe?
La gioia che viene dal raccolto è il sollievo di essere scampati alla scarsità di cibo, il sollievo di avere di che sostenersi. Si esulta nel dividere la preda, perché c’è talmente tanta abbondanza da poter saziarsi e condividere con chi ci sta accanto.
Dio vuole che pensiamo all’abbondanza, non alla scarsità; questo significa che, anche nei momenti di vera scarsità, come quando abbiamo solamente sette pani e due pesci, anche quando nostro fratello sperpera la sua eredità, anche quando in sogno sono preannunciati sette anni di carestia, abbiamo tanta abbondanza di amore e misericordia da poterli condividere con chi ci sta accanto, fiduciosi che le nostre esigenze non saranno sacrificate.
Questa è la sfida insita nell’essere queer e cattolici, perché spesso sentiamo di non potere amare la Chiesa e noi stessi contemporaneamente. Sembra impossibile mostrare buona volontà verso i vertici della Chiesa, e al tempo stesso mantenere il rispetto verso noi stessi. Non riusciamo a immaginare che possa esserci abbastanza misericordia per tutti e tutte noi.
Come disse Dorothy Day, il Vangelo ci priva per sempre del nostro diritto di discriminare tra i poveri che meritano tutto, e i poveri che non meritano nulla; se è così, il Natale ci priva per sempre del nostro diritto di distinguere tra chi merita e chi non merita la preda di Cristo.
L’amore e la misericordia non si esauriranno. Esultiamo!
Riflessioni di Fabelhaft Griffin (Notre Dame, Indiana, USA)
E”il Signore aspetta per farvi grazia,
per questo sorge per aver pietà di voi,
perché un Dio giusto è il Signore;
beati coloro che sperano in lui!” (Isaia 30:18)
“Beati coloro che sperano in lui!”; sì, ma anche ansiosi, stressati, tiranneggiati, pieni di paura. A volte attendere Dio è come attendere un miracolo: impossibile, a meno di essere cattolici.
Come cattolica LGBT, a volte mi sento come se stessi attendendo Dio, e poi, in aggiunta, qualcos’altro: perché solo una persona etero può attendere “nient’altro che Dio”. Ma tutt* attendiamo il medesimo Dio; tutt* confessiamo i medesimi peccati.
Condividiamo tutt* la medesima condizione umana; siamo tutt* destinati ad essere amati, che ci piaccia o no; e siamo destinati ad amare, qualsiasi cosa accada.
Attendo Dio il più pazientemente possibile, con i nervi fuori posto e il cuore in fiamme.
* I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
Testo originale: Happy Are All Who Wait for God!