Bella Ciao dalla parte di tutti, anche dei cristiani
Riflessioni di Massimo Battaglio
Sta facendo scalpore la notizia di un sacerdote che, domenica scorsa, alla fine della messa, ha invitato i fedeli a cantare Bella Ciao. Si tratta di don Massimo Biancalani, della parrocchia di Vicofaro nella periferia di Pistoia. Precisiamo: don Biancalani non ha commesso alcun abuso liturgico, dal momento che il canto è stato eseguito dopo, e non durante il rito eucaristico.
Come da copione, è iniziato il coro dei commentatori (quelli di sempre). C’è chi sostiene che la politica deve stare fuori della chiesa, chi attacca con la tiritera dei “preti rossi cattocomunisti”, chi lancia epiteti non degni di un cattolico che vuole difendere l’ortodossia.
Anche il vescovo locale, mons. Fausto Tardelli, interpellato da l’Avvenire, si è detto “stupito e amareggiato”. Salvo poi bilanciare il tiro dichiarando: “Provo profonda amarezza anche per l’ulteriore e prevedibile strumentalizzazione di questa vicenda da parte del senatore Matteo Salvini che non perde l’occasione per entrare in polemica, in modo scorretto, nel contesto ecclesiale. Una ulteriore dimostrazione di miopia e, alla fine, di scarso interesse nei confronti del mondo ecclesiale usato più che sostenuto”.
Forse don Massimo avrebbe potuto invitare a cantare Bella Ciao fuori dalla chiesa, anziché davanti all’altare. E sono sicuro che lo avrebbe fatto, se non stesse piovendo a dirotto. Ma questo episodio, ormai completamente uscito dalla questione liturgica, mi fa comunque pensare.
Se, dopo la fine della messa, una comunità cristiana canta una canzone che esprime la propria coscienza civile, il proprio “stare nel mondo”, che problema c’è? A me preoccupano di più i credenti che vivono fuori dal mondo, che quelli che ci restano dentro impegnandosi per la libertà.
Perché, ricordiamolo, Bella Ciao non è un canto qualunque ma un inno alla libertà. E se qualcuno ritiene che sia di parte, vuol dire che lui sta dalla parte opposta. E la parte opposta alla libertà è la schiavitù, l’oppressione, che sono anche la parte opposta del Vangelo.
Se, come dicono i nuovi difensori della cattolicità, in chiesa non c’è posto per divisioni, costoro dovrebbero andarsene per primi. Gli va bene solo perché hanno torto, e cioè perché in chiesa c’è posto per tutti.
Per inciso, non ho mai sentito critiche simmetriche quando, al termine di messe totalmente decorative come quelle a cui siamo ancora abituati per esempio durante adunate militari, si cantano robe come “la Leggenda del Piave” o “Valore Alpin”, inneggianti alla difesa armata di confini che nessun Dio ha mai creato nè voluto. Anzi, in quei casi, è tutto un gonfiar di petti e gagliardetti. Sentimenti tronfi che oggi vanno di moda anche in piazza, quando si sventolano rosari predicando razzismo, maschilismo e omofobia.
Bene: cosa c’entrano queste riflessioni su un media lgbt?
C’entrano innanzitutto perché gli autori della polemica sono sempre gli stessi. Oggi parlano di Chiesa come di luogo di pacificazione assoluta; ieri e domani fanno il contrario. Sbraitano cioè che alcuni milioni di persone vanno tenute fuori dalla Chiesa e soprattutto dalla società in nome del colore della pelle o dell’orientamento sessuale. Allora, delle due una: o si è “tutti fratelli” sempre, o non lo si è mai. Non si può essere “tutti fratelli” della domenica.
Secondo: don Biancalani non è solo un liturgista un po’ eccentrico. E’ uno di quei preti come piacciono a me, che alternano la predicazione del Vangelo con la testimonianza pratica. Accoglie migranti, promuove iniziative di pace, dialoga con tutti, compresi gay, lesbiche, bisessuali e trans. Sin dal 2013, la sua parrocchia è una di quelle in cui, nel mese di maggio, si celebra la veglia per le vittime dell’omofobia. Di più, sin dal 2011, a S. Maria Maggiore in Vicofaro si riunisce il “gruppo pastorale LGBT”. Credo che sia l’insieme di tutti questi fattori, che irrita i benpensanti. Mica una questione di musica.
Quindi, mi sentivo di scrivere queste righe per esprimere ancora una volta tutta la mia vicinanza a don Massimo, che ammiro perché mi aiuta a credere nel Vangelo.
PS. Si sappia che, al mio funerale (l’ho già anche messo per scritto) voglio non solo Bella Ciao dopo la benedizione ma anche Over the Raimbow, cantata da un solista mentre la mia bara sta uscendo. Poesia pura!