Benedette coppie LGBT!
Riflessioni di Massimo Battaglio
Adesso, le coppie LGBT possono essere benedette. Oh giubilo! La maggior pare dei giornali mainstream di lunedì sera e di martedì mattina sembrano ripetere questo ritornello. Molti però aggiungono “ma non è un matrimonio“. Una bomba di qua, un disinnescatore di là. Così si solleticano quelli che hanno “tanti amici gay” ma anche coloro che non vorrebbero mai averli. E’ una strategia di vendita; niente di più.
Si affranca dal coro il Washinton Post, che titola molto più sobriamente: “Papa Francesco permette la benedizione delle coppie dello stesso sesso, cambiando le indicazioni del Vaticano”. Ma quali sono i grandi o minimi cambiamenti che la dichiarazione “Fiducia supplicans” imprime – e in parte impone – alla tradizione della Chiesa in materia di coppie dello stesso sesso?
La prima e forse unica novità è che le unioni tra due maschi o due femmine possono essere benedette. Ma sono solo queste le istanze che noi cristiani LGBT+ ponevamo alla Chiesa? Non sarebbe prioritario unirsi in una seria lotta contro l’omofobia, specialmente quando si tinge di religione? Non sarebbe più urgente riconsiderare tutto il capitolo sulla morale sessuale in sé? Quanto dobbiamo ancora aspettare prima che si capisca l’importanza di fornire un’adeguata educazione sessuale, anche e soprattutto ai sacerdoti e agli operatori pastorali in genere? Quando verrà quel momento in cui il Papa chiederà solennemente perdono per tutte le volte che, negli ultimi duemila anni, si sono condannato persone omosessuali fino a mettere a repentaglio la loro vita?
Ma torniamo al documento del 18 dicembre. C’è del buono. C’è il riconoscimento che “ogni fratello ed ogni sorella” possono “sentirsi nella Chiesa sempre pellegrini, sempre mendicanti, sempre amati e, malgrado tutto, sempre benedetti”. Il che però non equivale a riconoscere che una la relazione tra due persone dello stesso sesso “sia in grado di corrispondere ai disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore”. Anzi: in tutto il documento si ripete che l’unione tra due uomini o due donne non ha nulla a che fare col matrimonio.
Tecnicamente, è vero. I gesti della Chiesa, segni visibili della Grazia di Dio, per essere definiti sacramenti, hanno bisogno di soddisfare tre condizioni. Devono rivolgersi a persone che lo attendono, essere stati compiuti da Gesù in persona, essere stati deliberatamente consegnati da Cristo stesso agli apostoli. Per esempio, l’Eucarestia vede come ministro lo stesso Gesù; è distribuita ai suoi discepoli; contiene una consegna precisa: “fate questo in memoria di me”. Del pari, il sacramento del battesimo, a cui lo stesso Gesù si è sottoposto, risponde a un suo mandato diretto: “battezzate nel nome del Padre”.
Non è stato sempre chiarissimo se il matrimonio possa esse considerato sacramento. Sì: nel Vangelo c’è l’episodio delle nozze di Cana, in cui è presente Gesù. Ma egli non è lì in funzione di celebrante, né raccomanda a nessuno di sposarsi o sposare. E infatti, la Chiesa ha riflettuto per secoli, per poter riconoscere un valore sacramentale all’unione tra due sposi.
Viceversa, Gesù non ha mai nemmeno partecipato a una cerimonia nunziale i cui sposi fossero dello stesso sesso. C’è poco da fare. E forze, questo ha un senso. Dice che il disegno di Dio non è identico per tutti. Ma non dice affatto che esistano disegni di serie A e di serie B e che questi ultimi siano da condannare. Né dice che vada condannata qualunque “prassi sessuale extra-matrimoniale”. Il fatto che “Soltanto in questo contesto i rapporti sessuali trovano il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano” sarà anche “dottrina della Chiesa” che “su questo punto resta ferma”. Ma è una dottrina priva di fondamento evangelico. Pura tradizione.
E’ una dottrina che mi ricorda il card. Bellarmino quando condannò Galilei sulla base che la Chiesa aveva sempre sostenuto che il sole girasse intorno alla terra. Quando, secoli dopo, si capì quanto questa idea fosse ridicola, fu la Chiesa stessa a cambiare direzione. E nel giubileo del 2000, Giovanni Paolo II in persona (non un pericoloso progressista) chiese solennemente scusa per quanto i suoi predecessori avevano fatto.
Lo stesso fatto che la Chiesa “su questo punto resta ferma” ha del ridicolo, soprattutto perché non risponde al vero. Fino a non molto tempo fa, si diceva non solo che gli unici rapporti sessuali leciti fossero quelli all’interno del matrimonio ma si aggiungeva anche che l’unico matrimonio valido fosse quello sacramentale cattolico. Il che equivaleva di fatto ad affermare che tutti gli uomini e tutte le donne che avevano fatto sesso tra l’anno 33 e il 1000 avessero compiuto atti illeciti, ovvero che tutta l’umanità sarebbe abusiva. Per fortuna, la Chiesa non resta affatto ferma.
Un giorno, si dovrà ammettere che, seppure il sesso è l’elemento fondamentale del matrimonio, quest’ultimo non è l’elemento fondamentale del sesso. O perlomeno, che esistono vari tipi di unioni tra persone, in cui l’elemento sessuale è non solo lecito ma indispensabile; unioni che rispecchiano il legame tra l’uomo e Dio e quindi devono poter prevedere anche l’unione dei corpi. Unioni che quindi non è solo lecito benedire ma che vanno benedette, più presto che prima, perchè tutti possano riconoscere che Dio è con loro.
La dichiarazione “Fiducia supplicans”, in questo, è ancora tremendamente indietro perché è intrisa di timore: soggiace alla paura di una reazione esagerata da parte delle frange conservatrici, che sono numericamente risibili ma economicamente potentissime.
Non c’è altra spiegazione al continuo ripetersi della parola “peccato” in tutto il documento, o all’assimilazione delle unioni same sex a quelle delle “coppie in situazioni irregolari”. Manca solo una postilla finale che dica: cari gay e care lesbiche, questo è tutto quel che potevamo fare. Di là c’è il cardinal Burke che cerca casa.
C’è poi questo fatto dell’inopportunità di un rituale specifico. Si dice che non lo si vuole perché ciò “ci porterebbe a pretendere, per una semplice benedizione, le stesse condizioni morali che si chiedono per la ricezione dei sacramenti”. E si aggiunge che “vi è il pericolo che un gesto pastorale, così amato e diffuso, sia sottoposto a troppi prerequisiti di carattere morale, i quali, con la pretesa di un controllo, potrebbero porre in ombra la forza incondizionata dell’amore di Dio su cui si fonda il gesto della benedizione”. Come se non sapessimo benissimo che nessuna coppia etero, prima di sposarsi, viene mai invitata a qualcosa di più di un semplice esame di coscienza individuale. E che, comunque, alla fine, il sacramento viene quasi sempre impartito.
Si scrive poi che “Quando queste espressioni di fede” ossia le benedizioni “vengono considerate al di fuori di un quadro liturgico, ci si trova in un ambito di maggiore spontaneità e libertà” e che ciò “non deve quindi significare scarsa considerazione né disprezzo”. Ma intanto si ribadisce la necessità di “non dare scandalo”, addirittura evitando “abiti, gesti o parole propri di un matrimonio”. Si aggiunge che i momenti i luoghi più opportuni in cui due persone omosessuali possano essere benedette sono “la visita a un santuario, l’incontro con un sacerdote, la preghiera recitata in un gruppo o durante un pellegrinaggio”. Insomma: contesti riservati se non proprio segreti. Fatelo, ma fatelo di nascoto.
Per carità: non si può non condividere la preoccuazione di papa Francesco sull’eccesso di normatività a cui la Chiesa si è per troppo tempo abituata. Non si può ridurre il Vangelo a una questione di diritto canonico, né pretendere che tutte le parole, i riti, le azioni, siano sempre standardizzate. Non era così per i primi cristiani e dobbiamo tornare a lì è bene tornare. Dobbiamo capire che la fraternità e la carità passano anche per la spontaneità e l’informale, che ci ricordano la libertà con cui siamo figli di Dio.
Ma intanto, ora ci troviamo a un paradosso. Quello per cui le coppie LGBT+ possono essere benedette ma alla stessa stregua delle armi, delle vacche e dei binari del tram. Niente di più. Anzi: per quelli c’è un rito previsto dal benedizionale. Per noi, no. Solo una libertà teorica, alla quale qualunque prete vecchio stampo (magari anagraficamente giovane) potrà svincolari facilmente. Uno sbrigativo: “vi benedico, andate in pace” sarà perfettamente a norma, anche se, nella sostanza, è una presa in giro.
C’è poi un altro piccolo problema: quanto tempo vale la benedizione? Essa, differentemente dal sacramento, non prevede un impegno giurato in pubblico una volta per tutte. Dunque, che facciamo? Ogni tanto andiamo dal prete e gli chiediamo due gocce d’acqua santa? Ci amiamo quando ci viene bene, poi smettiamo, poi ci ripigliamo e andiamo a farci benedire di nuovo?
E’ vero che l’amore coniugale, che la Chiesa vuole senza fine, viene da Dio e non solo dalla nostra volontà. Ma passa proprio per la nostra volontà, per le nostre prassi quotidiane, per il nostro impegno, sia personale e sia sostenuto dalla comunità. Le nostre coppie invece potranno essere benedette anche in colloquio riservato. La cosa mi ricorda l’ipotesi dei DiDoRe di Renato Brunetta, che prevedevano di sposarsi per raccomandata. Ma il punto è: quando e come scatterà il sostegno della comunità e della Chiesa?
Infine, c’è la preoccupazione che, con questa dichiarazione, la Chiesa si senta a posto. Temo che, con questo contentino, che è certamente un passo avanti ma troppo breve, al Sinodo non si parlerà di omosessualità nemmeno di striscio. Abbiamo già dato, ci diranno ghignando sotto i baffi. Benedette coppie LGBT+, cosa volete ancora? Abbiamo altro da discutere (il che è pur vero). C’è da temere che questo non sia un primo passo ma l’unico di cui dovremo accontentarci.
Non smetteremo mai di dire grazie a papa Francesco per questa sua prima possibilità concessa, e soprattutto per la Chiesa tedesca, quella belga, quella olandese, per essere state pioniere in quest’avventura. Ma occorre proseguire, senza spaventarsi di quelli che minacciano scismi ogni due per tre.
E intanto, quando noi organizzeremo le nostre festose cerimonie di benedizione tra parenti e amici – perché noi sappiamo fare festa, altroché – le nostre mamme diranno: “è stato proprio un bel matrimonio”. Benedette mamme!