Benedetto contro i gay anche oltre la fine
Riflessioni di Massimo Battaglio
E’ uscito a sorpresa un libro postumo di Benedetto XVI: “Che cos’è il cristianesimo”. Mi domando: chissà da quanto tempo era pronto.
In realtà – mi domanderei anche volentieri – chissà chi l’ha scritto. Solo che farei la figura del complottista. E non è bello perché darei ragione al defunto ex-papa che sembrerebbe amareggiato – se davvero lo avesse scritto lui – dell’esistenza di enormi complotti intellettuali contro di lui.
Sono proprio queste espressioni, a farmi sospettare dell’autenticità di quello scritto. Perchè Benedetto non è mai stato rancoroso, vendicativo. Non ha mai parlato, in vita, di una “furia dei circoli a me contrari in Germania, talmente forte che l’apparizione di ogni mia parola subito provoca da parte loro un vociare assassino”.
Non era nel suo stile. Di lui, si possono contestare – e si devono discutere – le idee, le prese di posizione, l’operato, ma non certo lo stile. E qui, di stile, non ce n’è proprio. E’ davvero un invito al complottismo.
D’altra parte, è una mancanza di stile molto simile a quella che già si era ravvisata ai tempi del libro con introduzione del card. Sarah, “Dal profondo del nostro cuore”, talmente autentico che lo stesso Ratzinger ne ritirò la firma nel giro di pochi giorni.
Ed è una mancanza di stile preannunciata sin dai tempi della pubblicazione degli “appunti” del 2019 in cui il Papa emerito parlava di “collasso della teologia morale” causato dal ’68. In quell’occasione, le tesi (ben difficili da condividere) erano senz’altro di Benedetto ma l’argomentazione – lo scivolare da “non cristiano” ad “anticristiano” e da lì allo spettro dell’anticristo – non era all’altezza della sua consueta raffinatezza. Stava invecchiando? O aveva pessimi aiutanti?
Adesso, scopriamo che Ratzinger era amareggiato perché si sentiva censurato: “Chi leggeva i miei testi [in seminario, era] punito come prete non idoneo”. E’ possibile che una persona di novantacinque anni e che è stata al vertice della Chiesa che ha amato, invece di cercare di coltivare un buon ricordo di sè, si lasci andare a simili piccinerie? Mi dicono che il fenomeno è in parte vero. In molti seminari, chi leggeva Benedetto era visto con sospetto.
Ma mi si dice anche che i seminaristi che sventolavano i suoi libri (tutt’altro che in segreto) lo facevano con sentimento di sfida, di provocazione. Per loro, era un modo per dichiarare una distanza da papa Francesco, un mancato riconoscimento del Papa regnante. E pazienza per le divergenze di opinone (l’obbedienza non esime dalla critica) ma il riconoscimento, per un prete, è dovuto.
Un sacerdote che polemizza sulla scelta operata dai cardinali di tutto il mondo nell’eleggere il Papa, non sta riconoscendo la Chiesa. Dunque, non è idoneo manco per niente. E ciò nonostante, il più delle volte, è stato ordinato lo stesso, coi risultati che vediamo oggi in tanti preti giovani, con tutto il loro ondeggiar di tonache e tricorni che non sfidano solo la Chiesa ma il buon senso.
La povertà delle analisi attribuite a Benedetto in questo ultimo scritto raggiungono il culmine quando, guarda caso, si parla di omosessualità. “In diversi seminari – leggiamo – si formarono ‘club’ omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima nei seminari”. Cheppalle! Ma è possibile che Ratzinger non fosse in grado di pronunciare un discorso senza toccare il tasto dell’omosessualità? Cos’è questa ossessione?
La presenza di persone omosessuali tra le file del clero, non è un segreto. Il fatto che molti di essi, proprio in virtù del loro orientamento sessuale, si sentano quasi esentati dall’osservare il dovere dell’astinenza, è altrettanto risaputo. D’altra parte, il seminario è sempre stato, per molti, una strada per vivere di nascosto la propria omosessualità senza rinunciare a un’immagine rispettabile. E ciò è facilmente comprensibile, data l’omofobia diffusa che la Chiesa ha sempre coltivato.
Molti, in tutti i tempi, hanno scelto il seminario per tagliare corto con la propria dimensione sessuale, con cui non sarebbero riusciti a fare pace altrimenti. Altrettanti vi sono entrati prima di scoprire il proprio intimo e, una volta dentro, vi si sono adattati. Altri ancora lo hanno fatto come per autopunirsi. Sono i guai dell’omofobia interiorizzata – la quale, chissà da dove viene.
Ma, da lì a parlare di “club omosessuali”, ce ne vuole! Il più delle volte, i preti omosessuali sono del tutto inconsapevoli dell’omosessualità dei loro confratelli o, se sanno qualcosa, cercano di dimenticarlo, salvo poi cadere dal pero quando gliene si chiede conto.
Ciò che è vero, piuttosto, è che l’omosessualità clericale dà vita a un sistema di ricatti orizzontali e soprattutto verticali, che inquina la Chiesa. Il viceparroco avvicina furtivamente il parroco dicendogli che “sa”; il parroco si rivolgerà al monsignore con gli stessi toni; il viceparroco otterrà una promozione. E questo sistema non si limita a una faccenda di basso clero.
E’ il trucco con cui, secondo Frédéric Marcel autore del noto saggio “Sodoma”, si spiegano carriere come quelle di Angelo Sodano e di tanti altri prelati di cui non possiamo fare il nome perchè sono ancora vivi. Lo stesso autore avverte che, tra i tanti monsignori intervistati, quelli più apertamente omosessuali sono anche i più omofobi, oltre che i più tradizionalisti e i più rigidi. Altro che club!
Gradiremmo che, chi curerà la pubblicazione dei prossimi scritti deutero-benedettini, la butti un po’ meno sul sensazionalismo. Di tutto abbiamo bisogno, nel rileggere la figura di Ratzinger, tranne che di seppellirla sotto una cortina di scandalismo degna di riviste da pettinatrice.