“Benedite e non maledite”. A Parma vegliamo per andare dalla sofferenza, alla verità, al perdono
Riflessioni di Antonio De Caro del gruppo Davide, genitori cattolici con figli LGBT e loro amici di Parma
L’aspetto più scandaloso e difficile del messaggio di Gesù è, certamente, l’esortazione a perdonare tutti, anche i nemici. Tutti noi abbiamo continuamente bisogno di “rimetterci in sintonia” con questa direzione alta ed esigente, che interpella in modo assai profondo, talvolta severo, la natura umana. Per questo Gesù ha pensato bene di ricordarcelo, nel Padre Nostro, perché abbiamo bisogno di pregare molto per imparare a perdonare. È una grazia che va richiesta sempre, che va alimentata attingendo continuamente al cuore di Dio. Senza la forza della Grazia, non potremmo essere in grado di superare la nostra natura: ma chi ha sperimentato almeno una volta la capacità di perdonare e di essere perdonati, sa bene che poche altre esperienze ci avvicinano così tanto a Dio. Quando Gesù dice che perdonare i nemici significa “essere perfetti” come il Padre nei cieli, vuole indicarci una meta davvero alta: nel senso che ci permette di fare esperienza di resurrezione, e di entrare in una dimensione di totale libertà e gratuità. Chi perdona, è veramente libero dalle catene del passato e capace di guardare al futuro con un atteggiamento nuovo. Perdonare vuol dire rigenerare ed essere rigenerati.
Il senso della Veglia di preghiera, quest’anno, segue proprio la strada della “misericordia”: cioè la disponibilità a lasciarsi rinnovare dal suo amore, per poi essere portatori dello stesso sorriso accogliente. L’amore di Dio ci accoglie senza pregiudizi, ci riempie di forza, ci purifica e ci rende in grado di guardare al mondo con animo rinnovato. È l’incontro con lui che ci rende consapevoli della nostra dignità di figli: figli della resurrezione e fratelli del risorto.
Una cosa, però, non va dimenticata: l’invito al perdono è rivolto a chi ha attraversato ed attraversa la sofferenza. A chi è stato privato della sua libertà, della sua integrità fisica e psicologica, della sua dignità. A chi è stato costretto al silenzio, ignorato, catturato, torturato, umiliato, ucciso. Le persone omosessuali e transessuali sanno bene che cosa significa. Ma lo sanno bene le vittime di tutte le discriminazioni, che non possono MAI essere “giuste” né giustificabili. La Veglia serve innanzitutto e rinnovare la memoria di questa sofferenza, nostra e di molti altri che non ce l’hanno fatta.
Fare memoria della sofferenza significa -in alcuni casi- riconoscere anche in noi la possibilità e la banalità del male; significa educarci all’empatia, al rispetto, alla cura dell’altro; a rinnovare le nostre relazioni a partire dai linguaggi più semplici e comuni, perché è lì che la “benedizione” o la “maledizione” possono germinare. La sofferenza delle vittime delle discriminazioni, di TUTTE le discriminazioni, dovrebbe essere per noi un modo per educarci alla pace, che -come la guerra- nasce da piccoli gesti quotidiani. Non possiamo aprirci al perdono se non meditiamo sulla sofferenza delle persone oppresse, a cui possiamo offrire il tributo della memoria ed anche una speranza di senso: che il loro dolore -il nostro dolore- possa essere un modo per testimoniare la verità. La verità sulla dignità umana e sulla bellezza di tutti gli esseri umani, sani o malati, ricchi o poveri, istruiti o ignoranti, nomadi o sedentari, eterosessuali o omosessuali… È il cuore del Vangelo, così importante che Gesù Cristo ha fatto culminare la sua esperienza umana con la passione e la morte. Da lì è scaturito il perdono che ci risana; da lì, dalla pienezza della sofferenza che può diventare ed esperienza di verità ed educazione alla pace. Porsi in un atteggiamento di perdono non vuol dire svuotare di senso la sofferenza e chiudere gli occhi sui sofferenti. Solo così il perdono ci apre ad un rinnovamento delle relazioni, ad una riconciliazione che non può non essere anche un riconoscimento della dignità umana nostra e di tutti.
Crediamo che l’esperienza delle persone LGBT possa aprire questa strada. Nella storia, la società, le ideologie, le religioni ci hanno spesso offesi, umiliati, deprivati di dignità, di sicurezza, di gioia. E questa sofferenza non dobbiamo dimenticarla; anzi, è in nome di questa sofferenza che vogliamo denunciare ancora l’orrore delle discriminazioni e delle persecuzioni. Ma il perdono a cui ci sentiamo chiamati, alimentato dall’esempio di Cristo e dalla Grazia dello Spirito Santo, ci fa desiderare di poter costruire relazioni nuove, fondate sul comandamento dell’amore, aperte al dialogo anche con chi ancora ci detesta.
Crediamo che essere persone LGBT possa aiutarci ad essere testimoni di pace per mezzo del nostro stile di vita, volto a costruire -senza abbassare la testa e senza tacere- la letizia dell’amore. Speriamo che possa essere visibile dalle nostre relazioni, come amici, compagni, coniugi, genitori.
Vorremmo quindi che la nostra Veglia possa essere un’occasione di riflessione per tutti: per la società civile e per le Chiese, che, lentamente e faticosamente, stanno cercando di mettersi in sintonia con noi alla luce di una comprensione più autentica e profonda con il Vangelo.
Venerdì 19 maggio
PARMA> Veglia per le vittime dell’omofobia, ore 20.30 nella Chiesa Metodista di Parma, Borgo Giacomo Tommasini, 26 (angolo borgo Riccio)