Berlino, un oasi per i rifugiati LGBT in fuga
Articolo di Annabelle Georgen pubblicato sul sito del magazine 360° (Svizzera) il 14 luglio 2016, libera traduzione di Marco Galvagno
Su iniziativa dell’associazione (tedesca) Schwulenberatungberlin, di aiuto agli omosessuali, ha aperto le porte un centro d’accoglienza per i rifugiati gay nella capitale tedesca. Novanta è il numero di aggressioni a carattere omofobo o transfobico che sono state segnalate l’anno scorso nei centri d’accoglienza per profughi a Berlino. “Ma pensiamo che in realtà ve ne siano state molte di più” spiega Barbara Loth, segretaria di stato per l’integrazione nel Land di Berlino.
“I migranti GLBT non sanno che hanno il diritto di essere protetti contro le discriminazioni, dunque non viene loro in mente di segnalare ciò che subiscono. È solo dopo che li si è ricevuti e ci si è intrattenuti con loro che hanno il coraggio di sporgere denuncia.” Evoca gli insulti, le minacce, gli sputi, le botte che subiscono i richiedenti asilo gay e trans dopo che vengono individuati dagli altri. Aggressioni ripetute che possono giungere fino agli stupri e che lasciano strascichi psicologici nelle vittime, che hanno già un percorso difficile alle spalle: hanno dovuto lasciare il proprio paese e i propri cari per sfuggire alle discriminazioni. Chiedendo asilo politico in Germania speravano di essere giunti in un posto sicuro e invece si ritrovano di nuovo faccia a faccia con potenziali aggressori già dal momento dell’arrivo.
Promiscuità
Nelle decine di centri d’accoglienza d’emergenza, presenti nella capitale tedesca, sono costretti a vivere in una condizione di promiscuità dura. Nei vecchi hangar dell’aeroporto di Tempelhof, ad esempio sono stipati da diversi mesi centinaia di migranti, che devono condividere box di pochi metri quadrati, in cui sono ammassati tanti letti a castello. L’ingresso è separato dallo spazio antistante solo da una grossa tenda di stoffa, non vi è una porta d’ingresso da poter chiudere. In queste condizioni i rifugiati gay e trans non hanno nessuno spazio per ripararsi in caso di pericolo.
“Vogliamo proteggere queste persone, a partire dal primo giorno. La cosa migliore da fare era creare un luogo dove potessero essere al sicuro, non venire aggrediti ogni secondo” insiste Barbara Loth. Questo luogo ha aperto le porte nel mese di febbraio nel quartiere tranquillo di Trephow. Affittato dal Land di Berlino, che si è impegnato per i prossimi 5 anni a pagare le spese, il centro è gestito dall’associazione Schwulenberatungberlin.
“I residenti sanno che qua siamo tra di noi. Tutte le persone che lavorano qui sono gay, lesbiche e trans, questo è molto importante ai nostri occhi” spiega Marcel De Groot, direttore di questa associazione che aiuta gli omosessuali. Narra che la primavera scorsa quando era giunta voce che tra gli ultimi rifugiati accolti nella struttura vi fosse anche un eterosessuale si era diffuso il panico tra i profughi. “ Una parte delle persone con cui abbiamo parlato ha avuto esperienze tragiche: alcuni hanno visto il proprio compagno morire ammazzato dai militanti dell’Isis sotto i loro occhi.
Sicurezza
L’indirizzo del centro viene tenuto segreto, le entrate e le uscite dei residenti e dei visitatori vengono strettamente controllate dal servizio di sicurezza. Attualmente ci vivono una cinquantina di persone divisi tra una trentina di camere e mini appartamenti che accolgono dalle 4 alle sei persone. La maggioranza dei residenti sono molto giovani e non provengono solo dai paesi arabi, ma anche dalla Russia, dalla Turchia, dalla Serbia e dal Turkumenistan.
Nella sala comune di questo palazzo nuovo di zecca una lavagna riporta varie iniziative: corsi di tedesco, depliant di associazioni sportive GLBT, suggerimenti per visite culturali, un avviso scritto a mano informa inoltre che allo Schwutz, la più grande discoteca gay di Berlino i rifugiati politici hanno tariffe agevolate.
Tutti questi documenti sono tradotti sia in inglese che in arabo e invitano i giovani a non restare chiusi in sé stessi, ma ad unirsi alla grande comunità gay cittadina. Marcel De Groot ci tiene tanto: “ Insegniamo ai residenti a difendersi in caso d’aggressione e spieghiamo loro a chi devono rivolgersi. La nostra idea è unire habitat e responsabilizzazione”.
Testo originale: Un havre de paix