Berlusconi, l’omofobo spiritoso
Riflessioni di Massimo Battaglio
In questi giorni, diverse morti hanno fatto notizia. Nel catanese un operaio è precipitato da un solaio. A Brescia, un lavoratore è caduto da un traliccio dell’alta tensione. Nel Veronese, un operaio è morto su cantiere stradale mentre, a Gioia del Colle, padre e figlio sono caduti in una cisterna. A Roma si è spento l’attore Francesco Nuti, ad Assisi la signora Prodi, a Milano il sen. Berlusconi.
Su quest’ultimo si è spesa qualche parola in più ed era inevitabile. Di lui hanno parlato tutti e quindi non ci siamo uniti al coro, almeno fino a oggi, se non altro per rispettare il silenzio che si addice ai defunti quando occorre tempo per fare un bilancio sulle loro figure.
Ma, proprio per contribuire a un bilancio sereno, è bene mettere un po’ di materiale a disposizione dei lettori, memorie di atti e di parole inequivocabili, sui quali si possa elaborare un giudizio.
Non staremo a ricordare i processi, i capi d’imputazione, i metodi usati per la salita al potere. Non compete a un portale come Gionata. Ci terremo sul nostro: sulle frasi pronunciate a proposito delle persone omosessuali e delle donne.
“Culona inchiavabile” (epiteto lanciato ad Angela Merkel durante una discussione telefonica del 5 ottobre 2008).
“Vi porterò le veline, le minorenni, altrimenti ci prendono tutti per gay” (frase pronunciata a l’Aquila, dopo il terremoto, a un gruppo di operai che lavoravano tra le macerie, nel giugno 2009).
“A volte mi capita di guardare una bella ragazza. Meglio essere appassionato di belle ragazze che gay” (pochi giorni dopo la frase precedente, per difendersi dalle accuse di sfruttamento della prostituzione).
“Eluana Englaro ha ancora le mestruazioni, potrebbe avere dei bambini” (quando la Corte di Cassazione aveva già sancito il diritto all’interruzione all’alimentazione forzata della ragazza).
“Lei è sempre più bella che intelligente” (diretto a Rosy Bindi in diretta da Vespa il 7 ottobre 2009).
“Ora basta, non facciamoci sopraffare dalla commozione, bunga bunga per tutti!” (dopo la sentenza di assoluzione per il processo Ruby, rivolto ai parlamentari di Forza Italia che si erano recati a Palazzo Grazioli per salutarlo il 15 marzo 2013).
“Conosco Jole Santelli da 26 anni e non me l’ha mai data” (in un comizio, ricordando la presidente della Calabria scomparsa nel 2020)
“Adesso avete il Milan, la Juventus, eccetera… Se vincete con una di questa grandi squadre vi faccio arrivare nello spogliatoio un pullman di troie” (durante la cena di gala del Monza calcio il 13 dicembre 2022).
Battute innocenti? Qualcuno le considera così. Personalmente, ho un altro senso dello Stato. Ma passiamo alle freddure sui gay.
“In italia sono santificati solo i comunisti e i gay” (Marzo 2005, al processo Mills)
“Le donne hanno più intuito, quell’intuito tipicamente femminile che non hanno gli uomini e nemmeno i gay. Ma i gay – aggiunge – sono tutti dall’altra parte, a sinistra” (a Monza duramte la campagna elettorale 2007).
“Meglio occuparci di infrastrutture e trasporti che di omosessualità” (frase pronunciata dopo l’espulsione di Buttiglione dalla Commissione Europea in seguito alle sue dichiarazioni omofobe, aprile 2008).
“Manca solo che mi dicano che sono gay” (ai giornalisti durante una cena a Portofino con Marco Tronchetti Provera, 2009)
In tutti noi c’è un 25% di omosessualità. Ce l’ho anch’io. Solo che dopo un approfondito esame, ho scoperto che la mia omosessualità è… lesbica”. (Nel corso di una convention PdL, aprile 2011)
“Io non ho niente contro gli omosessuali. Anzi, il contrario: più omosessuali ci sono in giro, minore è la concorrenza” (Da un’intervista a The Atlantique del febbraio 2012).
Poi la svolta, in occasione dell’annuncio di Francesca Pascale di voler aderire all’Arcigay (luglio 2014). In tale frangente dichiarò: “Quella per i diritti civili degli omosessuali è una battaglia che in un Paese davvero moderno e democratico dovrebbe essere un impegno di tutti. Da liberale ritengo che attraverso un confronto ampio e approfondito si possa raggiungere un traguardo ragionevole di giustizia e libertà”. E intanto lavorò per snaturare la legge Cirinnà ritardandola fino al 2016.
Quanto al ddl Zan, la sua posizione è sintetizzata in un’intervista a La Stampa del 2 giugno 2021:
“Penso sia un grave errore, perché non allarga la platea dei diritti e pone una grave questione di libertà. Io sono ovviamente per l’assoluta parità fra tutti i cittadini, che sono portatori di diritti in quanto persone. (…) Per questo le tutele devono riguardare tutti i cittadini, non determinate categorie in particolare. Le leggi a questo proposito esistono già e se non bastano possiamo aggravarle e inasprirle. La legge Zan non aggiunge nulla a questa tutela e porta invece con sé un grave rischio: quello di limitare la libertà di opinione”.
Tutto sommato tenero, se si pensa agli interventi irricevibili dei suoi in Parlamento. Esemplari quelli della Roccella (Il ddl Zan, che, con tutte le correzioni possibili, non può che rimanere una legge disastrosa, che non soltanto comprime la libertà di espressione, ma conduce a grandi passi verso il transumanesimo) e di Malan, poi passato ai FdI, di cui è imbarazzante citare qualche passo tra i tanti. Insomma: a un certo punto, B. comprese che era meglio far la faccia carina e mandare avanti la truppa. Ormai era chiaro anche a lui che non si governa con le barzellette.
Poi il lutto nazionale. Mai prima d’ora fu decretato per un semplice Presidente del Consiglio. Nemmeno De Gasperi ebbe quest’onore, per quanto sia stato capo del primo Governo di Unità Nazionale. Scelta cialtronesca, che ha trasformato anche la morte in occasione per divisioni condite da battute scarsamente spiritose. Ma chi ha portato l’Italia a identificarsi come un Paese di cialtroni?
E infine il gunerale, interrotto da applausi e concluso con urla da stadio fin dentro il duomo di Milano. Ma il nostro era “uomo d’affari”, “uomo politico” e “personaggio”, dice l’arcivescovo Delpini. E’ dunque normale che la sua vita e la sua morte siano diverse da quella di un uomo qualuque. “Deve fare affari, guardi i numeri, forse dimenticando i criteri”, “cerca di vincere”, “è sempre in scena”.
Che strana questa predica, dove si ripete molte volte il termine “desiderio”, aggiungendo solo che spetterà a Dio “il giudizio e il compimento”. Strana perché, in altre occasioni, e cioè quando si parla dei nostri desideri, del nostro bisogno di amare, di vivere in pace, di trovare rispetto e accoglienza, ci si risponde sempre che non tutto si può desiderare, soprattutto quando il Magistero dice di no.
Noi, anche quando preghiamo, dobbiamo fare i conti con chi contesta la nostra preghiera, con chi ci dà degli eretici, coi fanatici che si ritengono portinai del Regno dei Cieli. Ma noi non siamo uomini d’affari, uomini politici e personaggi. Noi siamo sudditi, mica imperatori.