Bibbia e omosessualità. Un’analisi dei testi usati per condannarla
Testo di Royce Buehler pubblicato su Whosoever Magazine (Stati Uniti), Marzo/Aprile 1998, libera traduzione di Marta
Quando ho iniziato per la prima volta a seguire le discussioni su omosessualità e Bibbia nei newsgroup di internet, la pensavo in modo convenzionale: la Bibbia condanna l’omosessualità. Conoscevo i modi per screditare i testi base: pensavo che una persona li potesse distruggere tutti, pezzetto dopo pezzetto, pur rimanendo comunque nei limiti dell’onestà intellettuale.
Pure (e parlo in via del tutto personale) se avessi dovuto negare il fatto che la condanna proveniva dalla Bibbia, non mi sarei sentito onesto.
Pensavo – e lo dicevo anche agli amici favorevoli all’accettazione dell’omosessualità – che una negazione non avrebbe retto il confronto con i sei testi principali.
Erano decenni ormai che credevo non ci fosse nulla di sbagliato nell’omosessualità. A questo riguardo, o era la Bibbia che si sbagliava oppure mi sbagliavo io. Com’è ovvio, pensavo che a sbagliarsi, probabilmente, fosse la Bibbia.
Dopotutto, quando penso di sbagliare nei riguardi di qualcosa, cambio la mia opinione. Ero ben disposto a conoscere la versione contraria delle cose.
Non avevo letto gli studi critici di Bailey o Boswell (non l’ho fatto tutt’ora). Spesso, quando leggevo dei post che presentavano varie versioni delle loro argomentazioni, mi capitava di mugugnare tra me e me per la debolezza delle loro idee.
Poi iniziò a manifestarsi una buffa consuetudine: la maggior parte di quelle deboli argomentazioni si rafforzava non appena andavo a controllarle sulla Bibbia, mentre molte di quelle che erano contrarie all’omosessualità e che mi avevano colpito come le più potenti si afflosciavano a terra.
Mi resi conto che i post contro i gay mi aiutavano a capire, più di quelli a favore, che la causa tradizionale si basava su un terreno più instabile di quanto pensassi.
(La maggior parte delle discussioni era incentrata sull’interpretazione dell’episodio di Sodoma. Non mi prenderò la briga di riproporne qui qualcuna, né parlerò in alcun modo di Sodoma).
Poi venne un post che, come m’aspettavo, fece crollare il mio castello di carte a favore dell’omosessualità. Era un pezzo tratto da Joe Dallas1 e riguardava il controverso termine presente nella prima lettera ai Corinzi, 6:9, e nella prima lettera a Timoteo, 1:10.
Mi era già capitato di vedere un poster contro i gay che era l’ennesimo tentativo di confutare la teoria secondo cui il termine ‘arsenokoitai’ è una parola che non ha un significato stabilito, era sconosciuta nella letteratura classica ed era stata coniata da Paolo.
Con questo poster erano riusciti soltanto a scavarsi la fossa con le proprie mani: presunti riferimenti classici si erano rivelati dati provenienti dal 3° e 4° secolo d.c.; presunte verifiche del fatto che il termine fosse usato anche in altri testi con il significato di ‘omosessuale’ si erano rivelate mere notazioni che segnalavano la comparsa del termine in liste di peccati prive del pur minimo contesto, esattamente come succede per i due casi in cui viene utilizzato nel Nuovo Testamento.
Ma Dallas faceva l’audace passo di riconoscere la verità: sì, con tutta probabilità, il termine era stato coniato da Paolo.
Subito dopo, giocava il proprio asso nella manica: se è così, è quasi certo che Paolo lo abbia coniato unendo le due parole greche ‘arsenos’ e ‘koitein’, che la Bibbia Septuaginta usa per tradurre entrambi i versi del Levitico che proibiscono di “avere relazioni con un uomo come con una donna”.
Avevo già letto così tante palesi falsità nel corso delle discussioni che mi rifiutai di credere a questa, almeno finché non disotterrai una copia della Septuaginta e non controllai per conto mio.
Ed eccolo, proprio lì: questo celebre e misterioso neologismo non era poi così misterioso.
Paolo proibiva la stessa cosa, o lo stesso tipo di cose, che proibiva il Levitico. La conclusione cui giungeva Dallas si basava sulla probabilità, non sulla deduzione, ma non posso negare che fosse comunque molto interessante.
Tuttavia sapevo che quello era lo stesso Paolo che aveva scritto che, come Cristiani, viviamo ora “nel regime nuovo dello spirito e non nel regime vecchio della lettera”. Così decisi di ritornare al Levitico e di cercare di capire quale fosse lo spirito di quella vecchia legge, quale fosse la ragione che vi sottostava.
Ne avrei di sicuro tratto una migliore comprensione dell’intento di Paolo e, se Dio fosse davvero risultato in accordo con la linea sfavorevole all’omosessualità, la cosa mi avrebbe comunque fornito almeno la comprensione morale in grado di riallineare la mia coscienza con l’opinione dello zoccolo duro della Chiesa.
(D’ora in poi non userò più il tempo passato, autobiografico, bensì il presente, tempo verbale dell’argomentazione.) Cosa dice il Levitico riguardo l’omosessualità?, solamente “tu non devi”? O fornisce piuttosto una motivazione? Di seguito, i due versi cruciali:
Levitico 18:22 “Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio”.
Levitico 20:13 “Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte, il loro sangue ricadrà su di loro”.
In entrambi i casi quindi il Levitico fornisce una ragione: si tratta di “un abominio”, in ebraico, ‘toevah’. Qual è il significato di questa parola?
TOEVAH
Un po’ di anni dopo, nel 1996, furono pubblicate diverse nuove versioni in inglese del libro della Genesi.
Sentii l’intervistatore radiofonico chiedere ad uno dei traduttori (non ricordo più quale) quale fosse stato il compito più arduo del suo lavoro. Lui rispose ch’era stato la traduzione della parola ‘toevah’.
Non c’era una parola inglese, disse, che potesse catturarne l’intero significato. La traduzione del dizionario era semplicemente “qualcosa di detestabile”, ma il termine originale racchiude in sé la vivida suggestione di pratiche religiose esecrabili, d’idolatria e orge rituali.
Trasmette anche l’idea di qualcosa di pericolosamente fuori controllo, qualcosa che si desidera tenere il più possibile lontano da sé.
Ad un certo punto, disse, aveva pensato di tradurlo con il termine ‘radioattivo’. Trovai il suo commento molto interessante, visto che a farlo era una persona non coinvolta nella discussione riguardo i passi 18 e 20 del Levitico. Riconfermava quello che avevo imparato due anni prima.
Un’altra fonte priva di qualsiasi coinvolgimento, che tenevo tra le mani in quel periodo (nonostante riconosca che non viene considerato un’autorità importante nel settore – e per una ragione: il suo modo di fare molto affidamento su definizioni determinate etimologicamente lo rende un po’ sospetto) era Strong2. ‘Toevah’ è il termine numero 8441 di Strong: to’ebah – femminile, participio attivo di 8581 [ta’ab: provare disgusto, detestare]; qualcosa di disgustoso, es. (usato come sostantivo) un’aberrazione; in particolare, idolatria o (concreto) un idolo.
Detto questo, il Levitico potrebbe chiamare in causa, per la proibizione, una di queste due ragioni: l’azione è sbagliata perché Dio ne prova disgusto (il ché non ci direbbe perché è disgustoso e non ci porterebbe molto lontano, ammesso che ci sia un lontano verso cui andare) oppure è sbagliata perché è una forma d’idolatria. Fin qui, tutto bene. Quale di questi due significati è più probabile?
Bèh, una parola è determinata dall’uso che se ne fa e quindi (anche se più avanti ritorneremo ad osservare l’uso particolare che se ne fa in questo contesto) la domanda è: quale di questi due significati viene usato più comunemente? Qual è il significato che sarebbe balzato per primo alla mente di un contemporaneo dello scrittore?
Ho condotto un’analisi esaustiva del termine ‘toevah’ nel Vecchio Testamento. E’ importante notare che l’uso della parola cambia nel corso dei secoli.
Malgrado le notevoli differenze d’opinione su molte date specifiche, gli studiosi della Bibbia, sia i conservatori che quelli liberali, concordano nel dire che il Vecchio Testamento fu composto nel corso di svariati secoli, né sono in disaccordo nel dire che il Pentateuco e i profeti anteriori all’esilio hanno preceduto quelli successivi all’esilio, e che i profeti successivi all’esilio hanno preceduto i Libri Sapienziali (in particolare il libro dei Proverbi).
Per cui, se vogliamo sapere come fosse usata la parola ‘toevah’ all’epoca in cui il Pentateuco venne composto, lo capiremmo meglio dagli scritti precedenti ai profeti successivi all’esilio. Gli scritti in questione usano la parola 51 volte (senza contare i due capitoli del Levitico analizzati).
Il termine è usato da due profeti successivi all’esilio (43 volte da Ezechiele, una volta da Malachia). E’ usato circa una ventina di volte nei Proverbi ed una nei Salmi. (Inserisco i Salmi nella letteratura sapienziale; a questo riguardo non ne terrei conto in ogni caso.)
I linguisti generalmente si attendono che i termini con connotazioni fortemente negative o positive con il tempo si espandano, fino a comprendere applicazioni più ampie e libere.
Di conseguenza, ci dovremmo aspettare di trovare più spesso la parola ‘toevah’ associata specificamente a temi che riguardano la separazione, la contaminazione e l’idolatria nei libri più antichi, con meno frequenza in Ezechiele e con ancora meno frequenza nei Proverbi.
Ed infatti è proprio così. Per ragioni di brevità, e avvantaggiandomi della scienza del poi, calcolerò unicamente l’occorrenza dei riferimenti all’idolatria. Qui di seguito un veloce riassunto:
In tutti i libri più antichi, l’idolatria o altre trasgressioni di tipo strettamente rituale vengono menzionate in modo specifico in 38 casi su 51.
Quattro casi sono troppo vaghi per determinare quale possa essere il reato in questione. Sei casi sembrano chiamare in causa reati di tipo puramente etico. I rimanenti tre sembrano semplici casi di abominio, privi di contenuto etico.
(Dico ‘sembrano’, per quanto riguarda questi ultimi nove esempi, perché nella maggior parte dei casi pare che sia una questione di contaminazione, forse di contaminazione rituale, a guidare l’uso della parola.
Ad esempio, nell’Esodo 8:26 Mosé dice al Faraone che i sacrifici che gli Ebrei daranno in offerta sono ‘toevah’ per gli Egizi, quindi dovranno addentrarsi nel deserto per tre giorni prima di poterli offrire. Quando si dice ‘radioattivo’!
Un altro esempio: il passo 24:4 del Deuteronomio chiama ‘toevah’ il matrimonio dopo il divorzio.
A prima vista si tratta d’una considerazione etica e su questo non ci piove, ma poi continua “dopo che essa [la donna] è stata contaminata”: l’idea d’una sorta di contaminazione rituale, quindi, s’aggira defilata nel testo.
Per riassumere, su 44 esempi di ‘toevah’ che si riferiscono a reati specifici, 38 (o l’86%) chiamano in causa l’idolatria o altre impurità rituali. In Ezechiele il quadro complessivo è il seguente: l’idolatria o altre colpe di tipo strettamente rituale emergono 35 volte in 43 casi.
Due casi sono troppo vaghi per determinare il tipo di reato, sei riguardano reati di tipo puramente etico. L’uso del termine ‘toevah’ si è leggermente spostato verso una connotazione morale, ma il suo significato primario rimane comunque l’adorazione di idoli.
Non mi sono premurato di inserire precisamente i Proverbi in una tabella sommaria; in quest’ultimo libro comunque il cambiamento linguistico si è ormai completato. Circa la metà dei riferimenti totali non menziona alcun reato specifico, quasi tutti gli altri fanno riferimento a mancanze morali.
Molto bene.
E’ quindi molto probabile (qualcosa tipo un 86% di probabilità) che, quando il Levitico utilizza la parola ‘toevah’, lo faccia nel modo più comune all’epoca precedente l’esilio: fa riferimento all’adorazione di idoli.
Tenendo tutto questo bene a mente, prenderò in considerazione l’intero testo del Levitico 18 e 20. Che cosa contengono, questi passi, per confermare o meno una connessione con l’idolatria, o per indicare il significato d’una connessione con l’adorazione di idoli?
L’ORGANIZZAZIONE DEI TESTI DEL LEVITICO
Il contesto immediato dei due versi messi sotto analisi sono i capitoli 18 e 20. Le divisioni di capitoli e versi furono introdotte in età tarda e solitamente non dovrebbero essere prese troppo seriamente. Per quanto riguarda il Levitico, tuttavia, a partire dall’undicesimo capitolo le nostre divisioni sono il risultato della presenza di chiari demarcatori presenti nel testo in ebraico, organizzato come se si trattasse di una serie di oracoli, ognuno introdotto da una variante della frase “Il Signore disse a Mosé…“.
Mi affido a svariate Bibbie edite per lo studio. Quella che ho con me mentre scrivo è l’edizione St. Joseph della New American Bible. Il suo titoletto di sezione – solitamente utile – recita, per quel che riguarda il Levitico 18, “La santità della sessualità”. La maggior parte delle Bibbie nelle edizioni da studio gli danno un simile titolo.
Coloro che si attengono alla tradizione di dividere le leggi dell’Antico Testamento in “civili, rituali e morali” tendono ad affermare che la legge contro il giacere con un uomo come si giace con una donna è una legge morale, perché compare in un capitolo sulle leggi che riguardano la sessualità.
Ad un’analisi un poco più attenta, il Levitico 18 sembra avere questa struttura base: un’introduzione che esorta all’obbedienza (vv. 1-5), una serie di proibizioni contro l’incesto, che elenca vari gradi di consanguineità (vv. 6-18), un’accozzaglia di leggi contro varie forme d’immoralità sessuale (vv. 19-23) e un’omelia sulla necessità d’evitarle tutte, di modo che il paese non rigetti anche noi così come ha rigettato la gente che vi abitava prima di noi (vv. 24-30).
Ma la prima di queste regole contro l’immoralità sessuale, il versetto 19, proibisce le relazioni con una donna durante il rituale periodo di “immondezza” mestruale.
Non proprio un’immoralità sessuale. E la terza di queste leggi contro l’immoralità sessuale, v. 21, è “Non lascerai passare alcuno dei tuoi figli a Moloch e non profanerai il nome del tuo Dio. Io sono il Signore”.
E questo cosa c’entra qui? E se diamo un’occhiata al Levitico 20, scopriamo che ripete tutte le proibizioni della strana lista del capitolo 18. E’ chiaramente una parziale riscrittura del diciottesimo capitolo e presumibilmente ne ha le stesse preoccupazioni.
Le prescrizioni vengono riordinate per il grado di gravità (o, per lo meno, per il grado di severità della punizione) e viene posta molta più enfasi sulla proibizione di compiere sacrifici di bambini (al primo posto della lista, dove occupa quattro versi); viene aggiunta una nuova legge – contro i negromanti e gli indovini – che viene ripetuta nuovamente nell’ultimo verso, di modo che gli esempi di idolatria incorniciano il capitolo. Da ultimo, nel sommario, invita gli Israeliti a non contaminarsi mangiando le loro cose sante.
Se il principio organizzativo del capitolo 18 del Levitico è davvero l’illustrazione delle leggi che riguardano la moralità sessuale, lo stesso deve essere per il capitolo ventesimo, eppure nessuno rivendica quest’affermazione. (Ad esempio, la mia New American Bible etichetta il capitolo 20 “Sanzioni per i diversi peccati”.)
I temi dell’idolatria e della purezza rituale vi rivestono un’importanza davvero notevole. Il capitolo 20 presenta un sommario che rieccheggia molto da vicino quello del capitolo 18: il tema principale è che Israele non deve adottare le usanze delle nazioni che abitavano il paese prima degli Israeliti.
Gli Israeliti devono mantenersi separati dagli altri popoli, non commettere ‘toevah’, così che non saranno anch’essi rigettati dal paese. In altre parole, la preoccupazione principale qui non sono le cose che gli Israeliti potrebbero compiere di propria iniziativa, spinti dai propri desideri naturali, bensì le cose che potrebbero compiere imitando le culture vicine.
Questo spiega, incidentalmente, l’inserimento delle leggi sull’incesto: Israele considerava le nazioni confinanti di Ammon e Moab i focolai della pratica dell’incesto. Tanto per cominciare, la Genesi descrive come, dopo la distruzione di Sodoma, le figlie di Lot lo abbiano ubriacato e sedotto.
I figli nati da queste due unioni incestuose sono chiamati Ammon e Moab [Genesi 19:36-38]. Il Deuteronomio pone fianco a fianco la legge che esclude gli Ammoniti e i Moabiti dalla comunità del Signore [Deuteronomio 23:4] e la legge che esclude i figli di unioni incestuose [Deuteronomio 23:3].
Gli Israeliti erano esseri umani. Non avevano bisogno di altre culture che mostrassero loro come compiere adulterio, né, a meno che non fossero radicalmente diversi da qualsiasi altra società nella storia dell’uomo, come avere comportamenti omosessuali, ma avevano effettivamente bisogno di esempi esterni per imparare come si potesse compiere adulterio e avere rapporti omosessuali come parte di un culto religioso.
“I LORO COSTUMI”
L’introduzione del capitolo 18 del Levitico inquadra questo problema ancor più chiaramente. Levitico 18:3 “Non farete come si fa nel paese d’Egitto dove avete abitato, né farete come si fa nel paese di Canaan dove io vi conduco, né imiterete i loro costumi”.
Le azioni che il capitolo s’appresta a descrivere non sono soltanto azioni che gli abitanti dell’Egitto e di Canaan compivano nel soccombere ai loro desideri individuali, ma sono azioni che compivano seguendo i propri costumi: erano le loro leggi religiose. Il testo qui lo suggerisce soltanto, ma il Deuteronomio lo specifica in modo indubbio:
Deuteronomio 12:30 “guardati bene […] dal cercare i loro dei, dicendo: Queste nazioni come servivano i loro dei? Voglio fare così anch’io. Non ti comporterai in tal modo riguardo al Signore tuo Dio; perché esse facevano per i loro dei quanto è abominevole [toevah] per il Signore e che Egli detesta”. (enfasi mia)
Per primi sono menzionati gli abitanti dell’Egitto, poi quelli di Canaan. La religione di stato egizia contemplava l’incesto regale tra fratello e sorella e qui le leggi sull’incesto vengono citate per prime. Segue poi una lista di cinque “tu non dovrai”.
La forma letteraria quindi suggerisce che queste leggi sono volte a respingere le pratiche religiose degli abitanti di Canaan. L’impressione è rinforzata dal fatto che i versi 26, 27, 29 e 30 fanno riferimento agli elementi presenti nella lista come ‘toevah’ e, come sappiamo, ‘toevah’ solitamente significa ‘idolatria’.
Il tutto viene ulteriormente rinforzato quando analizziamo se ciascuno di questi “tu non dovrai” combacia con quanto sappiamo del milieu di pratiche strettamente religiose in accordo con le quali fu scritto il Levitico. Il primo elemento è il rapporto con una donna “durante l’immondezza mestruale”. Si tratta chiaramente di una questione di purezza rituale e di paura della contaminazione.
(Nel Vecchio Testamento si richiede che la donna mestruata si mantenga a distanza dalla comunità maschile per un periodo rituale di sette giorni. Qui vediamo di nuovo in atto il senso ‘radioattivo’ della parola ‘toevah’.)
Il secondo elemento è l’avere rapporti carnali “con la moglie del tuo prossimo, per contaminarti con lei.” Di nuovo, grazie all’espressione “contaminarti”, il tema della paura d’una contaminazione rituale si ripresenta di nuovo brevemente, ma la cosa più importante da notare è che i “costumi” degli abitanti di Canaan effettivamente richiedevano la partecipazione a riti di fertilità comuni e aperti a tutti. L’archeologia lo conferma, ma possiamo anche venirne a conoscenza direttamente dalla Bibbia.
Si veda a questo proposito il resoconto della festa orgiastica in tributo a Baal nel libro dei Numeri, capitolo 25, tenendo a mente che Baal è il termine ebraico per ‘marito’. Il terzo elemento proibisce il sacrificio di bambini a Moloch – ovviamente una questione d’idolatria.
Il quarto elemento è il nostro testo primario, quello che proibisce l’avere relazioni “con maschio […] come si hanno con donna”. Nessuno dubita che la prostituzione sacra maschile fosse una caratteristica importante delle pratiche religiose di Canaan: in seguito vedremo questa parte nel dettaglio.
Il quinto elemento proibisce l’accoppiamento con animali. Ipotizzo che a Canaan l’accoppiamento rituale con animali ritenuti incarnazione di un Dio (o con sacerdotesse travestite da animali) fosse una pratica religiosa.
Di sicuro pratiche del genere sono ampiamente documentate in una varietà di culture. [Sono interessato a ricevere da chiunque informazioni al riguardo, sia a favore sia contro. La Bibbia non dà alcun esempio di violazione di questa norma particolare.]. Per coloro che credono nell’infallibilità della Bibbia ovviamente non c’è bisogno d’alcuna prova archeologica.
Sapranno molto bene che l’accoppiamento con animali era parte integrante della religione dei Canaaniti, dal momento che il Levitico riporta tale fatto all’interno della lista degli abomini e il Deuteronomio afferma che i Canaaniti compivano ognuno dei loro abomini in favore dei loro dei.
Joe Dallas, in “A Strong Delusion”, controribatte che, se il Levitico proibisce l’omosessualità solo all’interno d’un contesto che concerne l’idolatria, allora anche le altre pratiche che interdice devono essere considerate moralmente indiscutibili quando non riguardano tale contesto. La sua argomentazione fallisce, poiché il Vecchio Testamento proibisce anche in altri contesti ogni azione proibita nei capitoli 18 e 20 del Levitico – con la sola eccezione dell’avere “con maschio relazioni come si hanno con donna”.
ECHI E SILENZI
Durante le discussioni su omosessualità e Bibbia capita frequentemente di sentir dire, da parte dei difensori del punto di vista tradizionale, che l’omosessualità non solo dev’essere un peccato, ma un peccato specialmente inviso a Dio, visto che il capitolo 20 del Levitico lo sanziona con la pena di morte.
Quello che non riescono a capire è che l’argomentazione sulla pena di morte è un’arma a doppio taglio: una faccia, che loro credono ‘tagli’ in direzione degli omosessuali, si rivela in realtà spuntata – abbiamo già dimostrato come ciò che il capitolo 20 del Levitico ritiene un crimine capitale sia probabilmente una forma di idolatria, e non l’omosessualità in sé – l’altra faccia invece, quella che taglia in direzione dei tradizionalisti, è ben appuntita.
Se un reato è un crimine capitale, allora ci sono buone possibilità che venga preso sul serio. Ci sono effettivamente parecchie possibilità che si trovi l’occasione di citare ogni volta il reato in questione, se si scrive due volte la legge che lo riguarda.
Nel trovare un crimine capitale citato nel Levitico, quindi, ci aspetteremmo di ritrovarlo almeno da qualche altra parte nel Deuteronomio: l’aspettativa generalmente è confermata.
Di seguito, una lista completa dei reati che il capitolo 20 del Levitico ritiene punibili con la morte. Per ognuno di essi ho annotato il passaggio corrispondente del Deuteronomio.
LEVITICO 20 DEUTERONOMIO
3-5 Sacrificio a Moloch 12:31
6 Negromanti e indovini Non presente nello specifico,
incluso in ‘nessun’altro Dio’, 5:7 et al
9 Maltrattare il padre o la madre 27:16
10 Adulterio 5:18, 22:22
11 Incesto: la matrigna 27:20
12 Incesto: la nuora 27:23
13 Omosessualità – presumibilmente — Non ripetuta —
14 Incesto: la figlia e la madre 27:23
15 L’uomo che si accosta a una bestia 27:21
16 La donna che si accosta ad una bestia 27:21
7 reati su 9 sono esattamente ripetuti con precisione nel Deuteronomio, inclusi i dettagli sul grado di consanguineità implicato nell’atto incestuoso.
Il passo 20:12 (incesto compiuto con la nuora) non viene ripetuto con esattezza, ma lo stesso grado di consanguineità è proibito dal Deuteronomio 27:23.
La negromanzia non viene specificatamente proibita una seconda volta nel Deuteronomio, ma è presente in svariati altri passi oltre ai capitoli 18 e 20 del Levitico, particolarmente in 1 Samuele 28:8-10, che fa riferimento alla pena di morte associata a tale pratica.
Molti di questi reati sono proibiti in svariati passi del Vecchio Testamento, ma solo il Deuteronomio rende il quadro preciso.
Un solo reato, e solo uno, è considerato degno della pena di morte, ma non di venire menzionato in più di un passo: l’omosessualità.
Questo silenzio è strano. Se si tiene in considerazione quanto tale reato sia comune in tutte le società (molto più dell’accostarsi con un animale , o dell’incesto con la matrigna) questo silenzio lascia ancora più perplessi.
Ricordiamoci che, anche se un’argomentazione basata sul silenzio è, solitamente, un’argomentazione molto debole, diviene valida se si presenta anche prova sicura del fatto che colui che parla avrebbe detto qualcosa al riguardo se avesse avuto un’opinione particolare in merito.
Abbiamo buone ragioni per ritenere che il Pentateuco affermerebbe più d’una volta una proibizione, qualora incorresse nella pena capitale, ovvero: ripete effettivamente tali proibizioni in ogni caso, eccetto che in questo.
Un secondo silenzio è altrettanto strano: sia agli uomini che alle donne è proibito commettere adulterio, incesto con un genitore naturale o con un genitore acquisito, eppure, se la teoria dell’accusa è vera, solo ai maschi è proibito avere rapporti sessuali con persone del proprio sesso. Se assumiamo la teoria tradizionale, entrambi questi silenzi sono inaspettati ed entrambi spezzano il modello della Bibbia di trattare equamente i peccati gravi.
Questi silenzi presentano un enigma. Per la teoria della difesa, tuttavia, non ci sono curiosi silenzi da spiegare: se quello che i capitoli 18 e 20 del Levitico proibiscono è una specifica pratica d’idolatria, allora:
– si tratta di una pratica che anche il Deuteronomio proibisce specificatamente, proprio come tutti gli altri crimini capitali;
– il culto che indulgeva in tale pratica prevedeva che uomini si accoppiassero con altri uomini, ma non che uomini si accoppiassero con donne.
I dati calzano la teoria della difesa come un guanto. Provate a infilare gli stessi dati sulla teoria dell’accusa e questi due buchi sconvenienti, questi due silenzi imbarazzanti, spiccheranno come due pollici mancanti. Qual era questa pratica idolatra?
Deuteronomio 23:17 “Non vi sarà alcuna donna dedita alla prostituzione sacra tra le figlie d’Israele, né vi sarà alcun uomo dedito alla prostituzione sacra tra i figli d’Israele.
Non porterai nella casa del Signore tuo Dio il dono di una prostituta né il salario di un cane, qualunque voto tu abbia fatto, poiché tutti e due sono abominio [Ebraico: ‘toevah’] per il Signore tuo Dio”.
La nostra analisi del Levitico 18/20 ci ha portati ad aspettarci una pratica idolatra che coinvolga l’avere “con maschio relazioni come si hanno con donna”.
Qui è la stessa Bibbia a chiarirci di quale pratica idolatra si trattasse: prostituzione maschile. Il Deuteronomio dà addirittura la stessa ragione di proibizione che aveva dato il Levitico: è un abominio, ‘toevah’.
Per molte generazioni di cristiani il significato idolatra del passo 23:18 del Deuteronomio è rimasto offuscato. La versione della Bibbia voluta da Re Giacomo traduce i termini prostituta e prostituto sacri rispettivamente con ‘puttana’ e ‘sodomita’.
Si trattava di un semplice errore di traduzione, cosa su cui tutti i moderni studiosi della Bibbia, sia conservatori che liberali, concordano. Tutte le traduzioni moderne – inclusa la Nuova Versione Internazionale, per niente amichevole nei confronti degli omosessuali – rendono i termini in modo corretto.
Tutto questo non ha potuto causare alcuna controversia, dal momento che la lingua ebraica non presta adito ad alcuna confusione: il termine ebraico per ‘prostituto’ è ‘qadesh’, quello per ‘prostituta’ è la forma femminile della stessa parola, ‘qadeshah’. La parola ha la stessa radice della parola ‘sacro’ e la traduzione letterale sarebbe semplicemente ‘persona sacra’.
Chiaramente lo scrittore del Deuteronomio non considerava sacre queste persone, ma usava il nome comune che veniva usato a Canaan per riferirsi a loro: lì erano chiamati ‘sacri’ perché erano consacrati al dio presso il cui tempio offrivano i loro servizi sessuali.
I CINQUE PASSI TRALASCIATI
La parola ‘qadesh’ compare altre cinque volte nel Vecchio Testamento e precisamente in alcuni versi riguardanti il sesso omosessuale che non compaiono mai negli studi contro l’omosessualità: sono del tutto inutili nel denunciarla, visto che riguardano in modo palese l’idolatria.
Ancora una volta, la versione di Re Giacomo traduce scorrettamente quattro di queste occorrenze con ‘sodomita’, l’ultima con ‘sporco’, un termine così blando che (per quanto ne so) il verso in questione è stato completamente tralasciato dal dibattito su omosessualità e Bibbia.
E’ una trascuratezza infelice, visto che, come vedremo, quest’ultimo esempio è più rivelatore di tutti gli altri. Di seguito, i cinque passi:
1 Re, 14:23 “Anch’essi si costruirono alture, stele e pali sacri su ogni alto colle e sotto ogni albero verde. Inoltre nel paese c’erano prostituti sacri [‘qadeshim’], i quali rinnovarono tutti gli abomini [plurale di ‘toevah’] dei popoli che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti”.
1 Re 15:12-13 “Eliminò i prostituti sacri del paese e allontanò tutti gli idoli eretti da suo padre. Anche sua madre Maaca egli privò della dignità di regina madre, perché essa aveva eretto un obbrobio in onore di Asera; Asa abbatté l’obbrobrio e lo bruciò nella valle del torrente Cedron”.
1 Re 22:47 “Egli spazzò via dalla regione il resto dei prostituti sacri, che esistevano al tempo di suo padre Asa”.
2 Re 23:7 (l’intero capitolo è dedicato alla descrizione della pulizia del tempio, di Gerusalemme e della città Giuda da qualsiasi sorta di idoli e pratiche pagane compiuta da Re Giosia) “Demolì le case dei prostituti sacri, che erano nel tempio, e nelle quali le donne tessevano tende per Asera”.
Se mai l’archeologia e l’etimologia della parola ‘qadesh’ ci avessero lasciato ancora qualche dubbio, questi versi e il loro contesto, che riguarda attività di pulizia dagli idoli, sottolineano la funzione religiosa dei prostituti.
Il passaggio tratto dal secondo libro dei Re è particolarmente chiaro.
Ancor più rivelatore è l’esempio in 1 Re 14. Secondo la teoria tradizionale, il Levitico proibisce l’omosessualità in generale e solo il Deuteronomio fa diretto riferimento alla prostituzione sacra. Ci si aspetterebbe dunque che, non appena si presenta la questione della prostituzione sacra, lo scrittore dei libri dei Re rieccheggiasse i temi del passo 23 del Deuteronomio: il parallelo con la prostituzione sacra femminile, la preoccupazione in merito al portare il salario di un prostituto all’interno della casa del Signore.
Ma tutto questo non succede. Il primo libro dei Re, piuttosto, rieccheggia svariati temi del Levitico 18:27-28: il definire ‘toevah’ le pratiche citate (richiamando alla memoria l’intera frase “tutte queste cose abominevoli le ha commesse”), il caratterizzarle come pratiche dei precedenti abitanti del paese; l’affermare che quegli abitanti furono rigettati dal paese proprio a causa di tali pratiche.
Che lo scrittore non fosse molto interessato ad alludere ai passaggi presumibilmente più specifici del Deuteronomio è una piccola stranezza… a meno che lo scrittore non considerasse il passaggio del Levitico parimenti specifico della pratica della prostituzione sacra.
Per finire, abbiamo il passo 36:14 di Giobbe: “si spegne in gioventù la loro [dei perversi di cuore] anima, e la loro vita all’età dei dissoluti” (Nota a piè di pagina: tra i prostituti [uomini] sacri)”. Per qualche motivo, pare che nessuna versione voglia tradurre il verso ebraico così com’è.
RIASSUNTO
Riassumiamo tutto quello che abbiamo imparato. Oltre al blocco di passi che hanno a che fare con Sodoma, il Vecchio Testamento menziona i rapporti omosessuali esattamente 8 volte. Di queste, i due riferimenti presenti nel Levitico possono venire considerati ambigui: forse riguardano genericamente i rapporti sessuali tra uomini, forse si riferiscono specificamente ai rapporti anali tra uomini (è questo il punto di vista della tradizione rabbinica).
Molto più probabilmente, però, si riferiscono soltanto alla prostituzione maschile sacra: a renderlo così probabile è, prima di tutto, la ragione della proibizione (il fatto che tale azione sia ‘toevah’, termine usato comunemente per riferirsi all’idolatria); in secondo luogo, il fatto che la proibizione sia raggruppata con altre prescrizioni che riguardano l’idolatria; terzo, l’affermazione del Levitico 18:3, che spiega come le proibizioni presenti nel capitolo riguardino azioni che gli abitanti dell’Egitto e di Canaan compivano per “statuto”; quarto, il fatto che questa proibizione rappresenterebbe altrimenti l’unico crimine punito con la morte che non viene mai ripetuto nelle Sacre Scritture; quinto, la particolare mancanza di un’estensione di tale proibizione ai rapporti tra donne.
Negli altri sei passaggi che si riferiscono ai rapporti omosessuali viene sempre usato il termine ‘qadesh’ e tutti i commentatori, conservatori e non, concordano nel dire che tale termine descrive chiaramente la prostituzione idolatra maschile.
Oltre alla prostituzione sacra, non vi è un singolo passaggio che dia un esempio specifico di un atto sessuale tra uomini che sia disapprovato. (Di nuovo, lasciando da parte il passaggio su Sodoma, visto che siamo tutti d’accordo nel dire che l’omicidio e lo stupro di gruppo non siano proprio delle gran belle cose.)
Gli unici due passaggi (e si potrebbe affermare che i passi 18 e 20 del Levitico sono probabilmente due versioni dello stesso passaggio) che potrebbero proibire i rapporti tra uomini in generale sono più probabilmente indirizzati, come abbiamo dimostrato, alla stessa specifica forma d’idolatria.
La teoria della difesa illustra esaustivamente le prove della Bibbia. La teoria dell’accusa richiede d’ignorare tutte le prove che la difesa ha avanzato, di attribuire un interesse eccessivo al termine ‘qadeshim’, di sorvolare sul modo in cui il libro dei Re – nel trattare questo termine – riecheggia il Levitico piuttosto che il Deuteronomio, il fatto che il Deuteronomio da nessuna parte proibisca i rapporti omosessuali in generale – nonostante la supposta gravità del crimine – la totale assenza di un singolo caso storico di comportamento omosessuale non idolatra in mezzo alla mezza dozzina di casi specifici a cui si allude: tutto questo, così ci viene richiesto, dobbiamo attribuirlo a una mera coincidenza.
L’accusa vorrebbe farci credere che la preoccupazione centrale di Colui che ha ispirato questi scritti fosse quella di proibire l’omosessualità in generale, e che questo Ispiratore intendesse rendere questa verità cristallina, chiara ad ogni lettore. Vorrebbero farci credere che questo Ispiratore, essendo onnisciente, sapeva che proprio le questioni che la difesa ha sollevato qui sarebbero state sollevate.
E vorrebbero farci credere che, sempre questo Ispiratore, pur includendo due esempi specifici di stupro di gruppo e sei esempi di prostituzione sacra, scelse di omettere qualsiasi esempio di due uomini coinvolti in un rapporto sessuale per motivi secolari, siano essi il desiderio sessuale o l’amore.
La difesa non crede che Colui che ha ispirato questi scritti fosse così inetto nell’ottenimento dei propri obiettivi. Riteniamo che l’intento del testo sia esattamente quel che appare quando ci si avvicina privi di pregiudizi sulla colpevolezza dei nostri clienti.
Il testo proibisce lo stupro: l’accusa riconoscerà che i nostri assistiti non sono colpevoli di tale reato; proibisce la ‘toevah’, pratica idolatra, di un uomo che si congiunge ad un uomo che è stato consacrato prostituto sacro, un ‘qadesh’: l’accusa riconoscerà che i nostri assistiti non sono colpevoli di tale reato.
E’ possibile, anche se abbiamo ampiamente dimostrato quanto sia improbabile, che l’intento del testo fosse effettivamente quello di proibire gli atti omosessuali in generale.
Ma ci troviamo in un tribunale: non è obbligatorio- non è permesso – emettere giudizi sulla base di mere probabilità, ancor meno sulla base di mere possibilità. Bisogna avere la conferma dell’esattezza della teoria dell’accusa oltre ogni ragionevole dubbio, oppure emettere un giudizio di ‘non colpevolezza’.
Per favore, non introduciamo le nostre opinioni personali nelle nostre delibere. Bisogna decidere in base alla legge, il testo che abbiamo di fronte, e solo in base a questa: bisogna riconoscere l’innocenza.
POSCRITTO – IL NUOVO TESTAMENTO RIVISITATO
Il comportamento omosessuale, in una forma o in un’altra, è menzionato solamente in tre passi del Nuovo Testamento. (Ancora una volta, tralascio il passaggio su Sodoma.) Due di questi passi sono liste di peccati dove compare il discusso termine ‘arsenokoitai‘. Abbiamo concluso che è molto probabile si tratti di un termine coniato sulla base dei capitoli 18 e 20 del Levitico.
Poiché abbiamo dimostrato come, con tutta probabilità, il Levitico non descriva l’omosessualità in generale, ma la prostituzione sacra maschile, e poiché sappiamo che simili istituzioni erano maggiormente presenti nella cultura Gentile del primo secolo d.c., la teoria della difesa è in grado di illustrare integralmente questi due versi.
Sulla base della nostra teoria ci aspetteremmo, nel leggere l’altro passaggio (Prima Lettera ai Romani), di scoprire che il passo in questione si occupa in modo particolare del tema dell’idolatria: è proprio quello che succede.
Il passo della Prima Lettera ai Romani afferma che il comportamento omosessuale di cui si occupa (qualunque esso sia) è una diretta conseguenza dell’adorazione di idoli, di immagini di “uccelli, bestie e uomini”. A questo punto, la difesa potrebbe anche chiudere il caso del Nuovo Testamento.
Tuttavia, durante le ricerche compiute per questo saggio, mi sono imbattuto in un collegamento estremamente interessante e che, per quanto ne so, non è mai stata presa in considerazione prima d’ora. Ho scoperto che Ia Prima Lettera ai Romani riecheggia, proprio come fa per il termine ‘arsenokoitai’, un passaggio del Vecchio Testamento (molo probabilmente, in modo deliberato).
Se questo rimando non è stato notato prima d’ora, è perché non conosciamo il Vecchio Testamento con la stessa profondità con cui lo conosceva l’apostolo Paolo! Ricapitoliamo prima di tutto la cronologia testuale contenuta nella Prima Lettera ai Romani. Il testo di Paolo dà per scontate un insieme di persone che:
– conosceva Dio e lo pregava;
– rifiutò di riconoscerlo come Dio;
– prese a compiere atti d’idolatria;
– per punizione, iniziò ad avere qualche specie di comportamento omosessuale.
Ora, osserviamo il contesto di Giobbe 36:14. Elihu si sta rivolgendo a Giobbe. Quel che dice è molto più sottile e complesso di ciò che è stato detto (ed era, in superficie, simile a quel che dice Elihu) da chi ha parlato prima di lui, i “falsi consolatori”.
Elihu inizia con il dire, come loro, che Dio punisce inevitabilmente i malvagi e ricompensa i buoni, ma poi prosegue, come invece loro non fanno, con un “e se…”.
La struttura del suo discorso è quella che i programmatori chiamano “alternativa se-allora-altrimenti”. Andrò a capo per rendere la sua struttura logica più facile da seguire. (Trovo che il discorso di Elihu sia profondamente affascinante, a prescindere dalla sua applicazione alla presente argomentazione).
Giobbe 36
“Ecco, Dio è grande e non si ritratta, egli è grande per fermezza di cuore”. Qui c’è già abbastanza carne al fuoco per un intero sermone! Gli umani misurano la ‘potenza’ di qualcuno dalla sua capacità di non disprezzare nessuno o dalla sua capacità di ferire chi disprezza? Gli umani misurano per caso la “potenza” dalla profondità di comprensione?
Elihu sta forse prevedendo un Dio che dimostrerà la sua potenza mischiandosi con le prostitute e morendo di una morte ignobile e violenta? Le persone religiose amano citare la frase secondo cui le vie del Signore sovrastano le nostre…ma le vie del Signore sono effettivamente ancora più elevate, più strane di quelle che le persone hanno immaginato finora?…
“Non lascia vivere l’iniquo
e rende giustizia ai miseri.
Non toglie gli occhi dai giusti,
li fa sedere sul trono con i re e li esalta per sempre.
SE talvolta essi sono avvinti in catene,
se sono stretti dai lacci dell’afflizione,
[ALLORA] fa loro conoscere le opere loro
e i loro falli, perché s’insuperbirono;”
[quindi una persona potrebbe essere giusta eppure ancora trasgredire]
“apre loro gli orecchi per la correzione
e ordina che si allontanino dalla iniquità.
SE ascoltano e si sottomettono,
[ALLORA] chiuderanno i loro giorni nel benessere
e i loro anni nelle delizie.
Ma SE non vorranno ascoltare,
[ALLORA] di morte violenta periranno,
spireranno senza neppure saperlo.
I perversi di cuore accumulano l’ira;
non invocano aiuto,
quando Dio li avvince in catene:
si spegne in gioventù la loro anima,
e la loro vita” tra i prostituti sacri.
Ignorando i fortunati uomini giusti del verso 11 (Paolo vi arriverà nella Quarta Lettera ai Romani), le parole di Elihu postulano un gruppo di persone che:
– conosceva Dio e lo pregava (come in Giobbe, iniziarono come “giusti”, come afferma il verso 7);
– rifiutò di riconoscerlo come Dio (versi 12 e 13: non prestano ascolto, divengono “perversi di cuore” e non implorano aiuto)
– prese a compiere atti d’idolatria;
– per punizione, iniziò ad avere qualche specie di comportamento omosessuale (la vita tra i prostituti sacri include sia l’idolatria che il comportamento omosessuale).
Il parallelo con la Prima Lettera ai Romani è stupefacente. Propongo che Elihu sia stato il modello originale per il testo della Prima Lettera ai Romani, nonché la ragione principale (anche se penso che fosse, come direbbero i fisici, una ragione sovradeterminata) per cui la punizione particolare che descrive abbia a che fare con il sesso omosessuale.
Una volta trovato questo modello, possiamo confermare la conclusione a cui il resto della nostra analisi, sia quella riguardo il Vecchio Testamento che quella sullo specifico ruolo che l’idolatria riveste nella Prima Lettera ai Romani, ci aveva condotti: proprio come accade in Giobbe, il tipo di attività omosessuale che Paolo aveva in mente nello scrivere la Prima Lettera ai Romani era la prostituzione sacra maschile.
Con questo finale, inatteso e benvenuto testimone, la difesa ha concluso.
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1 Pastore americano molto attivo sia nell’ambito del recupero dalla dipendenza sessuale che in quello della teoria riparativa dell’omosessualità. In A Strong Delusion: Confronting the gay christian movement (Una grande illusione: un confronto con il movimento gay cristiano, inedito in Italia) attacca e scredita tutte le argomentazioni difensive del movimento gay cristiano americano.
2 James Strong è un teologo americano (1822-1894). Strong’s Exhaustive Concordance of the Bible (La Concordanza Completa della Bibbia) è il suo lavoro più celebre: si tratta di un indice completo dei termini usati nelle Bibbia, nella versione di Re Giacomo. Di ogni termine viene fornito il significato nella lingua originale, permettendo così di analizzare il modo in cui tale termine è stato tradotto nella versione inglese.
Testo originale: A Defense Theory: An Analysis of Six Critical Texts Used To Condemn Homosexuality