Bisogna ripensare la teologia per affrontare l’Hiv
Articolo tratto dal settimanale Riforma, 14 ottobre 2011, pag.4
Per le Chiese dell’Africa, l’Antico Testamento occupa tradizionalmente un posto importante nella riflessione teologica. «La nostra teologia è costruita sull’immagine di Dio nell’Antico Testamento» nota Charles Klagba, consulente teologico presso l’Ehaia (Iniziativa ecumenica di lotta contro l’Hiv e l’Aids in Africa).
«A partire da questo, la reazione di molte chiese di questo continente all’epidemia è fortemente influenzata dalla convinzione che la malattia sia una punizione inflitta per dei peccati individuali», dice.
«Questa teologia è molto presente nel l’Antico Testamento. Una tale interpretazione rafforza la stigmatizzazione e impedisce alla Chiesa di compiere con competenza il proprio ministero in questo campo». De-costruire questa teologia ed edificare un approccio differente a datto a dare speranza alla gente, questo è il tema centrale degli incon tri di Charles Klagba con teologi, pastori e responsabili di chiesa.
Il suo ministero si ispira alla convinzione che non è solo la teologia accademica che occorre trasformare per affrontare l’Hiv e l’Ai ds, ma anche le teologie espresse e vissute dalla gente nei contesti delle chiese a diversi livelli e in particolare alla base. «Invito le chiese e le istituzioni teologiche a rileggere seriamen te la Bibbia per dare al loro discorso una forma che sia radicata nelle pre occupazioni quotidiane delle persone». Il suo percorso personale potrebbe chiamarsi, secondo una sua definizione, una «teologia della de-costruzione».
Il consulente vede la teologia come un processo dinamico e contestuale per mezzo del quale i cristiani – sia come individui sia come comunità – riflettono sugli eventi e le esperienze della vita quotidiana, cercano di capirle alla luce dell’Evangelo e si impegnano in azioni di cambiamento. «Questo implica che la teologia deve andare oltre l’esercizio intellettuale», afferma. «A essa spetta suggerire e fornire strumenti pratici ai cristiani a tutti i livelli».
Nel contesto dell’Hiv e dell’Aids, tutte e tutti sono di fronte alla sfida di utilizzare la Parola di Dio per libera – re, cura re e guarire – e non per escludere, discriminare e, infine, uccidere. Una comunità portatrice di guarigione.
La teologia dovrebbe preparare gli adulti e i giovani a tutti i livelli della vita della Chiesa e dare loro i mezzi per agire, afferma Charles Klagba. In questa prospettiva, egli propone la formazione, non solo nelle istituzioni teologiche a livello nazionale e regionale, ma anche ai pastori e ai laici impegnati nella vita della Chiesa. Il suo obiettivo finale è di favorire nuovi modi di leggere la Bibbia atti a fare della Chiesa intera una comunità competente in materia di Hiv e portatrice di guarigione. Centrati sulla rilettura della Bibbia all’epoca dell’Hiv, i temi affrontati nei laboratori verto – no sull’etica, la missione, le religioni africane, la sessualità, il genere e l’educazione cristiana.
«In un modo o nell’altro, i partecipanti ne escono trasformati. Molti si impegnano risolutamente a partecipare a diversi tipi di azione a seguito di questa trasformazione », egli aggiunge. Charles Klagba è pastore consacrato della Chiesa metodista del Togo dal 1985. Ha completato la sua formazione iniziale al ministero e alla teologia perfezionandosi in diversi ambiti – gestione della Chiesa, assistenza e consigli pastorali, filosofia e scienze politiche.
Per 11 anni, ha lavorato come segretario esecutivo incaricato di questioni di formazione teologica presso l’organizza zio ne missionaria Cevaa (Comunità di chiese in missione) con sede in Francia. Il suo compito principale consiste va nell’aiutare le chiese membro (in Europa, Africa, America Latina e nelle regioni del Pacifico e dell’Oceano indiano) a rendere accessibile la pratica della teologia a ogni membro di chiesa a livello di base.
Egli ha an che lavorato in istituti teologici dove aveva come mandato di riflette re sul contenuto di una formazione alla teologia e al ministero che fos se utile ai futuri responsabili ecclesiastici. Oggi più che mai Charles Klagba si rende conto dell’importanza di una teologia liberatrice. «Si potrebbe immaginare che le istituzioni teologiche, come laboratori di idee teologiche, siano più ricettive e progressiste nel cambiamento di paradigma che si impone di fronte alla sfida dell’Hiv», dice. «Tuttavia ho ben presto realizzato che la teologia può facilmente trovarsi confinata in un quadro dal quale è importante liberarla».
Più organizza attività, più vede i bisogni che si esprimono nelle chiese. «L’iniziativa di Ehaia ha realmente contribuito a spezzare le loro esitazioni e il loro silenzio», conclude.