Brasile: una mostra d’arte queer viene boicottata da un gruppo conservatore
Articolo di Heloísa Mendonça pubblicato sul sito del quotidiano El País (Spagna) il 15 settembre 2017, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Una mostra avente per oggetto la storia della cultura queer brasiliana, inaugurata un mese fa nello Stato di Porto Alegre, ha chiuso improvvisamente i battenti di fronte agli sguardi attoniti di molti dei suoi visitatori: un movimento di opinione che trae la sua forza dai social network sostiene che alcune delle opere fomentavano la blasfemia e facevano l’apologia della zoofilia e della pedofilia. Questa chiusura ha peraltro fatto nascere un nuovo movimento, che taccia di codardia gli organizzatori che hanno ceduto alle pressioni e alla censura dei più conservatori.
I messaggi e i video più condivisi dai critici e dai movimenti religiosi mostrano un quadro raffigurante un Gesù dalle molte braccia (l’opera si chiama Incrociando Gesù Cristo con la dea Shiva, di Fernando Baril) e l’immagine di due bambini con su scritto Bambina lesbica travestita da lambada e Bambino frocio dea delle acque, dell’artista Bia Leite. Due opere tra le 270, firmate da 85 artisti, che componevano la mostra Queermuseo. Le proteste sono state guidate principalmente dal Movimento Brasile Libero (MBL), un movimento conservatore nato nel 2014 che riscuote sempre più consensi negli ambienti brasiliani di destra. Coordinandosi in rete, è riuscito a organizzare il suo complotto contro il Banco Santander, proprietario dello spazio culturale che ospitava la mostra. Anche il sindaco di Porto Alegre, Nelson Marchezan Jr., si è detto ostile alla mostra, che secondo lui esponeva “immagini zoofile e pedofile”.
In un primo momento, vista la forte ripercussione della mostra, il Banco Santander ha emesso un comunicato in cui precisava che nessuna immagine della mostra avrebbe potuto provocare sentimenti negativi; al contrario, esse sono state create ”proprio per farci riflettere, tra le altre cose, sulle sfide relative alle questioni di genere, le diversità e la violenza”. Due giorni dopo, la mostra è stata chiusa. In un nuovo comunicato Santander Cultural ha chiesto scusa e chi si è sentito offeso per qualcuna delle opere della mostra: “Abbiamo ascoltato le proteste e capiamo che alcune opere della mostra Queermuseo mancano di rispetto ad alcuni simboli, credenze e persone, il che non è in linea con la nostra visione del mondo. Quando l’arte non è in grado di generare inclusività e riflessioni positive, manca al suo scopo principale, che consiste nell’elevare la condizione umana”. Stando così le cose, la fondazione ha deciso di dichiarare terminata la mostra, che avrebbe dovuto rimanere aperta fino all’8 ottobre.
L’annuncio ha scosso il Paese. Il commissario della mostra Gaudêncio Fidelis confessa che la notizia lo ha colto di sorpresa: “Ho organizzato due Biennali del Mercosur e non ho mai visto nulla di simile. Le proteste sono state molto ben organizzate e si sono focalizzate su alcune opere molto specifiche, che non riflettono l’autentica dimensione della mostra. Questo gruppo [di critici] si è mostrato rapido nel manipolare il contenuto [delle opere], che non è offensivo” ha dichiarato al quotidiano brasiliano O Globo.
Antonio Grassi, ex presidente della Fondazione Nazionale dell’Arte e attuale direttore esecutivo del Museo Inhotim, ritiene deprecabile che una mostra venga interrotta in questo modo: “L’arte è il luogo migliore per discutere. Mi sembra preoccupante questo movimento così intransigente. È un’idea intollerante e incompatibile con l’arte. Questa è censura” spiega al País.
Anche il critico d’arte Moacir Dos Anjos, già commissario della Biennale di San Paolo, ha criticato la decisione: “È un ritorno al passato. Un comunicato davvero vergognoso quello del Santander, che cerca di giustificare il suo atto di censura valendosi di una ipocrita retorica corporativa. Viva la diversità!” ha scritto su Facebook.
In Rete Kim Kataguiri, uno dei leader del MBL, risponde alle critiche dicendo che è stata la società brasiliana a mobilitarsi per chiudere la mostra e che alla fine il Banco Santander l’ha cancellata per timore di perdere clienti: “È un boicottaggio andato a buon fine, non una censura”, ha scritto, pubblicando una foto dell’opera Scena di interno II, dell’artista Adriana Varejão, per accusare il Banco di aver investito 800.000 reais [quasi 214.000 euro, n.d.t.] di fondi pubblici per una mostra dove i bambini possono vedere zoofilia e pedofilia. L’artista ha dichiarato al País che la sua è un’opera adulta, fatta per gli adulti: “Il quadro è una raccolta di pratiche sessuali reali, alcune storiche (come gli shunga, classiche immagini erotiche dell’arte popolare giapponese), altre basate sulla letteratura o raccolte nei miei viaggi per il Brasile. Il mio lavoro non intende giudicare queste pratiche”. Adriana, alcune opere della quale sono esposte alla Tate Modern di Londra, al Guggenheim di New York e alla Fundación La Caixa di Barcellona, aggiunge che, proprio in quanto artista, la sua intenzione è di gettare luce su cose che il più delle volte sono nascoste.
Non è la prima volta che un’opera d’arte provoca un diluvio di proteste e viene censurata: nel 2006 il Banco do Brasil ritirò dal suo Centro Culturale di Río de Janeiro l’opera dell’artista plastica Márcia X Disegnando con i rosari, la foto di due rosari messi in modo da disegnare due peni e formare al tempo stesso una croce.
Testo originale: Un boicot fuerza el cierre de una exposición LGTB en Brasil