I bravi gay: questo matrimonio s’ha da fare
Riflessioni di Mattia Morretta*
Il monopolio ideologico sulla comunicazione non consente di entrare nel merito dei bisogni affettivi e relazionali delle persone omosessuali, essendo diventato obbligatorio condensare nell’unione a due il non plus ultra delle aspirazioni sentimentali e della realizzazione di fronte alla collettività, benché si tratti di un malinteso concettuale e di un premio di consolazione in termini sociologici. Pure i credenti sembrano ridurre gli affetti al matrimonio e al nucleo famigliare in versione gay, identificando quali “strade dell’amore” solo quelle delle coppie stabili, mentre sarebbe logico valorizzare senza riserve anzitutto l’amicizia e i rapporti interpersonali scevri di interessi di comodo o di potere. Parlare di “specifica formazione sociale” per intendere i legami tra persone dello stesso, sperando di ridurre l’opposizione cattolica, non rende cellule sociali le coppie gay e non migliora la condizione esistenziale degli omosessuali in generale.
In effetti, gli sponsali gay più che affermazione di omosessualità sono ratifica di vincoli privati e autoreferenziali, altro che Madre di tutte le Battaglie Gay! L’antropologia e la storia insegnano che il tipo umano omosessuale ha dato e dà un contributo eccezionale alla collettività e alla specie sul piano creativo, intellettuale, artistico, e pure in termini di riduzione dell’aggressività nella società, perché l’uomo è un animale culturale e quindi si nutre di tutto ciò che va al di là della mera fisicità (incluso il sesso e la generazione di prole). Per questo è ingenuo pensare che l’allevamento di un bambino, proprio o altrui, e l’assunzione del ruolo matrimoniale facciano salire le quotazioni degli omosessuali, se mai è il contrario e si verifica perché è in atto un abbassamento generale dei livelli di partecipazione civica con inflazione dell’individualismo, del consumo e possesso di beni materiali (bambini e animali inclusi).
Il “successo” mediatico del modello matrimoniale gay è in linea col ribaltamento delle categorie in democrazia, come dimostra la moda del wedding promossa dal mercato e dalle televisioni nazional-popolari in tutto il mondo. Chiunque può ambire a immortalarsi nei riti e nei festeggiamenti un tempo esclusiva dei ricconi, organizzando sposalizi da favola sulla falsariga dei principi e delle star. E le care mamme accolgono con gaudio la notizia che il figliolo gay convola a nozze, dandosi da fare con le amiche per rendere il giorno memorabile, potendo accompagnerebbero i colombi tubanti nel viaggio della luna di miele. Così ci si sente riabilitati, si mette a tacere la sofferenza personale e famigliare, i panni sporchi vengono coperti dagli abiti da cerimonia. Non va neppure sottaciuto l’acquisto monetario della licenza, si paga per contare di più, si spende e si spande per festini glamour, liste di invitati, regali, book fotografici. Interi opuscoli rivolti alla categoria vengono dedicati al business del wedding, una valanga di pubblicità di commercianti di ogni genere, che in precedenza storcevano il naso e mai avrebbero fatto inserzioni sulle riviste esplicitamente gay. È la solita storia, gli uomini sono volubili, mutano bandiera con impressionante facilità a seconda delle convenienze, presto dicono bene di ciò che prima biasimavano o disprezzavano, e viceversa.
E la Corte di Strasburgo a bacchettare la retriva Italia perché non accoglie le richieste di alcune coppie unite in matrimonio all’estero! Il regime civile dell’Europa, che non esiste politicamente e se mai ha un’identità liquida per i flussi finanziari, vuol far bella figura con poco sforzo, indicando traguardi standardizzati prescindendo dalle strade percorribili e dai significati esistenziali. A “Dio lo vuole” è subentrato “Europa lo vuole” . E i gay italiani a ripetere: “Sì, lo voglio”.
* Mattia Morretta è psichiatra e sessuologo, impegnato sin dalla fine degli anni Settanta nell’analisi della condizione omosessuale, ha collaborato con la rivista Babilonia ed è stato cofondatore della prima associazione italiana di volontariato sulla problematica Aids (ASA di Milano). Nel 2013 ha pubblicato con l’editore Viator “Che colpa abbiamo noi – Limiti della sottocultura omosessuale” e nel 2016 “Tracce vive – Restauri di vite diverse”. Una sua ampia raccolta di articoli e saggi è disponibile sul sito web http://www.mattiamorretta.it/