Problema omosessualità. Breve analisi di un abbaglio sociale
Riflessioni di Lidia Borghi
Il dodici dicembre 2012 ho assistito alla presentazione genovese di un libro stampato in proprio da un ex insegnante genovese, Sergio Massone, da anni attivo nel campo del disegno creativo terapeutico, da lui stesso ideato per contrastare il preoccupante fenomeno del disagio giovanile all’interno di alcuni istituti scolastici del capoluogo ligure; di ciò si parla nel testo “Disgregare i giovani-Famiglia scuola società”, in cui l’ex docente affronta l’argomento da diversi punti di vista, non ultimo quello psicanalitico.
Il terzo capitolo del libro è dedicato al problema della gioventù disagiata in ambito famigliare e l’autore dedica solo cinque paginette o poco più a quello che viene definito il “problema dell’omosessualità”.
Si tratta, secondo Massone, di un fenomeno “che sembra oggi in continua espansione” (sic); per l’ex insegnante, inoltre, esistono alcuni particolari di grande importanza che possono aiutarci a dipanare la matassa. Essi hanno a che fare con i legami tra genitori e figli (maschi). Li analizzo in breve.
Massone afferma che il fenomeno dell’omosessualità oggi rappresenta – per motivi di ordine storico, culturale e pubblicitario (sic), per tacere di quelle che lui definisce “modalità di vita”, un modo che alcune persone sfruttano per “distinguersi”, per essere diverse e, quindi, “più importanti”; proseguendo nella sua analisi (frequente, da qui in poi, il ricorso al corsivo) l’ex docente sottolinea che, a seconda delle diverse epoche storiche, questo fenomeno ha avuto motivazioni e cause differenti che vanno inquadrate nell’ambito sociale d’appartenenza, se davvero le si vuole comprendere.
E così, partendo dal concetto di pederastia nell’antica Grecia – forte della sua conoscenza di un testo del 1959 di un certo Robert Flacerière intitolato La vita quotidiana in Grecia nel secolo di Pericle – l’autore non esita ad affermare che di rado quella sfociava nell’atto sessuale, essendo più una forma di pedagogia rivolta ad un giovane che si voleva formare, quando non un esempio di cameratismo di origine militare in cui a predominare erano i “nobili sentimenti di coraggio e di amore”; inoltre, sempre sulla falsariga di Flacerière, Massone afferma che in Grecia i legami di tipo sessuale fra maschi erano vietati dalla legge.
Concludendo questa prima parte di disamina l’autore afferma quindi: “Potremmo parlare, nel caso dell’antica Grecia più che di una vera e propria omosessualità, di bisessualità collegata in modo apparentemente paradossale proprio alla struttura fortemente patriarcale di quel popolo”, senza preoccuparsi di spiegarci il significato di quei due avverbi e dell’intero periodo grammaticale.
Proseguendo nel discorso, l’ex docente sostiene con convinzione come oggi sia difficile valutare in modo equilibrato la questione omosessuale perché le acquisizioni più recenti in merito ad essa da parte della psicanalisi cozzerebbero con quella che l’autore definisce “una delle maggiori mistificazioni concettuali odierne: quella della ‘libertà’”: secondo lui, infatti, molte persone che operano nell’àmbito della psicologia e della psicoterapia tendono a vedere nella sessualità messa in pratica dalle persone omosessuali quella che viene definita – in corsivo – “una libera espressione individuale” o, per meglio dire, una modalità personale dell’esistenza che non ha origini patologiche, in riferimento alle più recenti acquisizioni dell’APA (American Psychological Association), secondo cui l’omosessualità è appunto una variante naturale della sessualità umana; nulla di più sbagliato, secondo Massone, per il quale la maggior parte degli psicanalisti sostiene invece – per dirla con Davide Lopez, colui che nei lontani anni ’90 scrisse Il mondo della persona – che l’omoerotismo, lungi dall’essere una scelta, è pura e semplice coazione patologica.
Così Massone, tralasciando di analizzare le più recenti acquisizioni della psicanalisi a livello mondiale – non si sa se per ignoranza, per incuria o per opportunismo – liquida la questione asserendo che quella dell’omosessuale non è una forma di libertà, ma un insieme di “comportamenti deformati” che l’attuale società occidentale ha preteso di spacciare per emancipazione individuale. Quindi, per avvalorare la sua delirante teoria, l’ex insegnante cita il libro di Walter Siti (Troppi paradisi, Einaudi, 2006) in cui l’autore sgretola la questione dell’omosessualità, definendola una “condizione anormale” che pretende di assurgere a modello nella società occidentale.
Calpestando, quindi, in modo alquanto evidente il concetto di identità personale – questione di estrema importanza per le lesbiche e per i gay – Sergio Massone prosegue con le seguenti parole: “Questa lucida e impietosa descrizione chiarisce con una luce fulminea le connessioni tra l’omosessualità odierna e la società dei consumi, dove libertà significa essenzialmente stimolo ipnotico per forzare ad acquistare prodotti molte volte inutili, godendo l’ebbrezza dell’illusione della libertà.” (il corsivo è nel testo originale)
Con buona pace di milioni di persone omosessuali di tutto il mondo le quali hanno sofferto pene indicibili nel tentativo di veder riconosciuto il loro diritto ad esistere in quanto tali proprio a partire dalle famiglie di appartenenza, per tacere dell’accozzaglia di concetti ammucchiati l’uno dopo l’altro senza logica alcuna, come se la causa dell’abbaglio che quei milioni di persone avrebbero preso in merito alle rispettive identità affettive e sessuali affondasse le sue radici nella società capitalistica, che farebbe di tutte e tutti noi dei consumatori compulsivi di oggetti inutili. Ecco un modo comodo ed approssimativo per gettare nella spazzatura decenni di studi scientifici seri volti a ridare dignità alle persone omosessuali.
Non pago di avere screditato le persone addette ai lavori nel campo LGBT, nonché le dirette ed i diretti interessati, Massone continua affermando che, lungi da lui indulgere a “quella che oggi viene definita ‘omofobia’, cioè disprezzo degli omosessuali e mancanza di rispetto verso di loro” – mostrando di non conoscere del tutto il significato vero del termine – il suo intento è quello di spiegare che, se si osserva la questione dal punto di vista del disagio giovanile, l’ostentazione ed il presunto valore dell’omosessualità si inseriscono in un discorso sociale molto più complesso, in cui a farne le spese sarebbe il modo di agire delle giovani generazioni, i cui pensieri ed i cui comportamenti sarebbero del tutto condizionati da una pseudo-cultura che finisce per sminuire l’importanza delle vere problematiche sociali, alle quali vengono preferiti “soverchianti messaggi sui modelli di comportamento” che snaturerebbero anche quelli che Massone definisce i “modelli di identità di genere sia maschile che femminile”, come se tutto dovesse essere ricondotto ad un rigido schema uomo/donna dal quale non è possibile prescindere.
La pseudo-trattazione di Massone prosegue con l’introduzione di uno dei temi più cari alla nostra società maschilista, quella stessa che ha ormai fatto del femminicidio una vera e propria emergenza sociale (insieme alla violenza ed al bullismo di stampo omofobico): la presunta deformazione insita nel modo di vivere delle persone omosessuali deve essere inserita nel contesto del “profondo legame psicologico che unisce l’omosessuale alla madre” (il grassetto è nel testo); per fare ciò, l’autore tira in ballo nientemeno che Freddie Mercury ed Andy Wahrol (oltretutto storpiandone la grafia del cognome).
Le parole usate da Massone sono a tal punto risibili che meritano di essere citate per intero: “Straordinari e grandi personaggi del mondo dello spettacolo e dell’arte ne sono una testimonianza: Freddie Mercury, uno dei più grandi cantanti della seconda metà del secolo scorso, era legatissimo alla madre tanto da chiamare il suo gruppo ‘Queen’ cioè regina, in onore appunto della madre; Andy Wharol (sic), il geniale artista polacco-statunitense, proprio per il suo profondo legame con la madre, all’inizio della sua carriera creò uno studio fotografico insieme a lei e in seguito succedeva molto frequentemente che dopo le sue famose orge notturne tornasse al mattino presto, non a casa sua, ma paradossalmente a quella della madre stessa.
Per non parlare di grandi scrittori come Proust del quale è famoso il rapporto morboso con la madre.” Il culmine di questa delirante osservazione viene raggiunto nel passo in cui Massone chiama in causa uno dei più grandi letterati italiani del Novecento, Pier Paolo Pasolini, del quale cita la famosa Supplica alla madre che, a detta sua, non lascerebbe spazio a dubbio alcuno in merito alla genesi di “queste problematiche” (sic).
E, per avvalorare le sue teorie, Massone non esita, ancora una volta, a calpestare i più approfonditi e recenti studi di genere che affrontano in modo esaustivo la problematica della madre, nata, vissuta ed immersa fino al midollo nel sistema del maschilismo patriarcale, per asserire che il rapporto madre/figlio (delle figlie non si parla, men che meno dell’omosessualità femminile giacché, per il nostro autore, quella relazione morbosa si attiverebbe solo nei confronti delle creature di sesso maschile) è fondamentale per comprendere la genesi dell’omosessualità (maschile, lo ribadisco), in quanto alla base di ogni gay ci sarebbe – secondo lo psicanalista Romolo Rossi – sempre una donna, la madre, come aveva affermato Sigmund Freud quasi un secolo fa, all’interno di studi i cui esiti sono stati del tutto smentiti dalla psicanalisi e dalla scienza contemporanee.
Come commentare, poi, la frase di Sergio Massone che segue? “L’omosessuale non evita le donne, di cui anzi si circonda, ma causa le fantasie infantili di ‘angoscia di castrazione’ cerca il rapporto con gli uomini non per amore, ma per la sola testimonianza dell’esistenza del pene che lo difende dalla fantasia di castrazione.” Il punto seguente riguarda il ruolo secondario del padre che, sempre secondo l’autore di Disgregare i giovani, è assente, il che fa sì che il giovane (ancora una volta le femmine sono escluse da questo delirio) si veda costretto a subire la malìa dell’elemento femminile, laddove gli viene a mancare una figura genitoriale maschile dalla personalità stabile che, essa sola, garantirebbe al figlio una “giusta scelta ‘oggettuale’” ovvero quella di una bella ragazza di cui innamorarsi.
E perché il padre dovrebbe essere assente? Vuoi perché di rado presente accanto alla sventurata creatura maschile da lui generata per gli innumerevoli impegni lavorativi vuoi a causa di una madre che, oltre ad essere troppo presente, ha l’ulteriore colpa di emarginare l’altrettanto sventurato sposo, che diventa una marionetta impotente nelle mani della terribile megera con cui si è unito in matrimonio: “(…) quando in alcuni casi si manifestavano delle evidenti caratteristiche omosessuali e quando ne ho potuto conoscere le madri, queste avevano sempre una personalità molto energica e quasi sicuramente dominante all’interno della famiglia.”
Quel che resta da chiedersi è come questo ex docente potesse accorgersi della presunta omosessualità di alcuni suoi alunni; ci pensa lo stesso Massone ad illuminarci, asserendo che alcune movenze del tutto femminili presenti in quelli lo inducevano a desumerne l’orientamento sessuale altro. Nientemeno.
L’analisi di Sergio Massone raggiunge il suo culmine di delirio verso la fine, quando il nostro accosta in modo pericoloso quanto non rispondente al vero l’anoressia all’omosessualità: “la prima, legata a precisi fattori genitoriali, è collegata ad altrettanti precisi e forti modelli consumistici che a loro volta sono stimolati da modelli di bellezza propagandati e sviluppati come abbiamo visto, da stilisti quasi sempre omosessuali.
In tutto questo ci sono due elementi che fanno da legante e da stimolo: il primo costituito da un padre debole o assente e da una madre forte e prevalente, sia per le anoressiche che per l’omosessuale; il secondo rappresentato dalla struttura sociale esistente, che determina tempi di lavoro sempre più stretti e quindi poca presenza in famiglia soprattutto dei padri, oltre a uno sviluppo sempre maggiore di un consumismo alla ricerca costante di ulteriori inutili novità fini a se stesse” (il corsivo è nel testo). La superficialità insita in questo ingarbugliato discorso è evidente ad un livello tale che qualsiasi commento diventa superfluo.
Infine, analizzando la scarna bibliografia presente in fondo al libro, ho scoperto che rari sono i testi consultati da Sergio Massone per analizzare la questione dell’omosessualità a tutto tondo: se si escludono un paio di oscuri volumi, assai datati e del tutto superati, mi sono resa conto che in essa mancano gli scritti delle più importanti persone addette ai lavori delle tematiche LGBT, fra le quali spiccano Margherita Graglia ed Antonella Montano (con la quale – e non è un caso – Massone si scontrò in modo violento nel 2005 sullo stesso tema, in occasione di un convegno genovese organizzato da Laura Ridolfi, presidente dell’Associazione culturale Swara) Paolo Rigliano e Vittorio Lingiardi – per limitarmi al solo ambito psicanalitico e sociologico – i quali hanno affrontato le più importanti questioni legate al mondo delle lesbiche e dei gay in modo chiaro e comprensibile a tutte e a tutti; ecco perché il breve accenno alla questione omosessuale proposto da Sergio Massone nel suo improponibile testo (in cui, per esempio, la problematica del bullismo è stata liquidata, durante la presentazione genovese, come un fenomeno in diminuzione a causa della crisi economica, che sta costringendo molte e molti studenti, educati con eccessivo permissivismo, a rivedere i propri parametri di giudizio di coloro che considerano diversi e quindi da emarginare; ciò li starebbe aiutando a sperimentare la solidarietà, il tutto in totale controtendenza rispetto ad un fenomeno sociale in pericolosa ascesa, stando agli esiti dei più recenti studi in merito, per non parlare dei tanti riferimenti fatti dai media), risulta essere superficiale, pregiudizievole, intriso dei più gravi stereotipi circolanti intorno ai gay (le lesbiche non hanno avuto l’onore di essere discriminate) e, quel che è peggio, privo di quell’onestà intellettuale che dovrebbe spingere chiunque a tacere di ciò che non sa oppure a parlare di determinati argomenti solo dopo avere svolto un’approfondita analisi delle più aggiornate fonti a sua disposizione.
Si tratta, secondo Massone, di un fenomeno “che sembra oggi in continua espansione” (sic); per l’ex insegnante, inoltre, esistono alcuni particolari di grande importanza che possono aiutarci a dipanare la matassa. Essi hanno a che fare con i legami tra genitori e figli (maschi). Li analizzo in breve.
Massone afferma che il fenomeno dell’omosessualità oggi rappresenta – per motivi di ordine storico, culturale e pubblicitario (sic), per tacere di quelle che lui definisce “modalità di vita”, un modo che alcune persone sfruttano per “distinguersi”, per essere diverse e, quindi, “più importanti”; proseguendo nella sua analisi (frequente, da qui in poi, il ricorso al corsivo) l’ex docente sottolinea che, a seconda delle diverse epoche storiche, questo fenomeno ha avuto motivazioni e cause differenti che vanno inquadrate nell’ambito sociale d’appartenenza, se davvero le si vuole comprendere.
E così, partendo dal concetto di pederastia nell’antica Grecia – forte della sua conoscenza di un testo del 1959 di un certo Robert Flacerière intitolato La vita quotidiana in Grecia nel secolo di Pericle – l’autore non esita ad affermare che di rado quella sfociava nell’atto sessuale, essendo più una forma di pedagogia rivolta ad un giovane che si voleva formare, quando non un esempio di cameratismo di origine militare in cui a predominare erano i “nobili sentimenti di coraggio e di amore”; inoltre, sempre sulla falsariga di Flacerière, Massone afferma che in Grecia i legami di tipo sessuale fra maschi erano vietati dalla legge.
Concludendo questa prima parte di disamina l’autore afferma quindi: “Potremmo parlare, nel caso dell’antica Grecia più che di una vera e propria omosessualità, di bisessualità collegata in modo apparentemente paradossale proprio alla struttura fortemente patriarcale di quel popolo”, senza preoccuparsi di spiegarci il significato di quei due avverbi e dell’intero periodo grammaticale.
Proseguendo nel discorso, l’ex docente sostiene con convinzione come oggi sia difficile valutare in modo equilibrato la questione omosessuale perché le acquisizioni più recenti in merito ad essa da parte della psicanalisi cozzerebbero con quella che l’autore definisce “una delle maggiori mistificazioni concettuali odierne: quella della ‘libertà’”: secondo lui, infatti, molte persone che operano nell’àmbito della psicologia e della psicoterapia tendono a vedere nella sessualità messa in pratica dalle persone omosessuali quella che viene definita – in corsivo – “una libera espressione individuale” o, per meglio dire, una modalità personale dell’esistenza che non ha origini patologiche, in riferimento alle più recenti acquisizioni dell’APA (American Psychological Association), secondo cui l’omosessualità è appunto una variante naturale della sessualità umana; nulla di più sbagliato, secondo Massone, per il quale la maggior parte degli psicanalisti sostiene invece – per dirla con Davide Lopez, colui che nei lontani anni ’90 scrisse Il mondo della persona – che l’omoerotismo, lungi dall’essere una scelta, è pura e semplice coazione patologica.
Così Massone, tralasciando di analizzare le più recenti acquisizioni della psicanalisi a livello mondiale – non si sa se per ignoranza, per incuria o per opportunismo – liquida la questione asserendo che quella dell’omosessuale non è una forma di libertà, ma un insieme di “comportamenti deformati” che l’attuale società occidentale ha preteso di spacciare per emancipazione individuale. Quindi, per avvalorare la sua delirante teoria, l’ex insegnante cita il libro di Walter Siti (Troppi paradisi, Einaudi, 2006) in cui l’autore sgretola la questione dell’omosessualità, definendola una “condizione anormale” che pretende di assurgere a modello nella società occidentale.
Calpestando, quindi, in modo alquanto evidente il concetto di identità personale – questione di estrema importanza per le lesbiche e per i gay – Sergio Massone prosegue con le seguenti parole: “Questa lucida e impietosa descrizione chiarisce con una luce fulminea le connessioni tra l’omosessualità odierna e la società dei consumi, dove libertà significa essenzialmente stimolo ipnotico per forzare ad acquistare prodotti molte volte inutili, godendo l’ebbrezza dell’illusione della libertà.” (il corsivo è nel testo originale)
Con buona pace di milioni di persone omosessuali di tutto il mondo le quali hanno sofferto pene indicibili nel tentativo di veder riconosciuto il loro diritto ad esistere in quanto tali proprio a partire dalle famiglie di appartenenza, per tacere dell’accozzaglia di concetti ammucchiati l’uno dopo l’altro senza logica alcuna, come se la causa dell’abbaglio che quei milioni di persone avrebbero preso in merito alle rispettive identità affettive e sessuali affondasse le sue radici nella società capitalistica, che farebbe di tutte e tutti noi dei consumatori compulsivi di oggetti inutili. Ecco un modo comodo ed approssimativo per gettare nella spazzatura decenni di studi scientifici seri volti a ridare dignità alle persone omosessuali.
Non pago di avere screditato le persone addette ai lavori nel campo LGBT, nonché le dirette ed i diretti interessati, Massone continua affermando che, lungi da lui indulgere a “quella che oggi viene definita ‘omofobia’, cioè disprezzo degli omosessuali e mancanza di rispetto verso di loro” – mostrando di non conoscere del tutto il significato vero del termine – il suo intento è quello di spiegare che, se si osserva la questione dal punto di vista del disagio giovanile, l’ostentazione ed il presunto valore dell’omosessualità si inseriscono in un discorso sociale molto più complesso, in cui a farne le spese sarebbe il modo di agire delle giovani generazioni, i cui pensieri ed i cui comportamenti sarebbero del tutto condizionati da una pseudo-cultura che finisce per sminuire l’importanza delle vere problematiche sociali, alle quali vengono preferiti “soverchianti messaggi sui modelli di comportamento” che snaturerebbero anche quelli che Massone definisce i “modelli di identità di genere sia maschile che femminile”, come se tutto dovesse essere ricondotto ad un rigido schema uomo/donna dal quale non è possibile prescindere.
La pseudo-trattazione di Massone prosegue con l’introduzione di uno dei temi più cari alla nostra società maschilista, quella stessa che ha ormai fatto del femminicidio una vera e propria emergenza sociale (insieme alla violenza ed al bullismo di stampo omofobico): la presunta deformazione insita nel modo di vivere delle persone omosessuali deve essere inserita nel contesto del “profondo legame psicologico che unisce l’omosessuale alla madre” (il grassetto è nel testo); per fare ciò, l’autore tira in ballo nientemeno che Freddie Mercury ed Andy Wahrol (oltretutto storpiandone la grafia del cognome).
Le parole usate da Massone sono a tal punto risibili che meritano di essere citate per intero: “Straordinari e grandi personaggi del mondo dello spettacolo e dell’arte ne sono una testimonianza: Freddie Mercury, uno dei più grandi cantanti della seconda metà del secolo scorso, era legatissimo alla madre tanto da chiamare il suo gruppo ‘Queen’ cioè regina, in onore appunto della madre; Andy Wharol (sic), il geniale artista polacco-statunitense, proprio per il suo profondo legame con la madre, all’inizio della sua carriera creò uno studio fotografico insieme a lei e in seguito succedeva molto frequentemente che dopo le sue famose orge notturne tornasse al mattino presto, non a casa sua, ma paradossalmente a quella della madre stessa.
Per non parlare di grandi scrittori come Proust del quale è famoso il rapporto morboso con la madre.” Il culmine di questa delirante osservazione viene raggiunto nel passo in cui Massone chiama in causa uno dei più grandi letterati italiani del Novecento, Pier Paolo Pasolini, del quale cita la famosa Supplica alla madre che, a detta sua, non lascerebbe spazio a dubbio alcuno in merito alla genesi di “queste problematiche” (sic).
E, per avvalorare le sue teorie, Massone non esita, ancora una volta, a calpestare i più approfonditi e recenti studi di genere che affrontano in modo esaustivo la problematica della madre, nata, vissuta ed immersa fino al midollo nel sistema del maschilismo patriarcale, per asserire che il rapporto madre/figlio (delle figlie non si parla, men che meno dell’omosessualità femminile giacché, per il nostro autore, quella relazione morbosa si attiverebbe solo nei confronti delle creature di sesso maschile) è fondamentale per comprendere la genesi dell’omosessualità (maschile, lo ribadisco), in quanto alla base di ogni gay ci sarebbe – secondo lo psicanalista Romolo Rossi – sempre una donna, la madre, come aveva affermato Sigmund Freud due secoli fa, all’interno di studi i cui esiti sono stati del tutto smentiti dalla psicanalisi e dalla scienza contemporanee.
Come commentare, poi, la frase di Sergio Massone che segue? “L’omosessuale non evita le donne, di cui anzi si circonda, ma causa le fantasie infantili di ‘angoscia di castrazione’ cerca il rapporto con gli uomini non per amore, ma per la sola testimonianza dell’esistenza del pene che lo difende dalla fantasia di castrazione.” Il punto seguente riguarda il ruolo secondario del padre che, sempre secondo l’autore di Disgregare i giovani, è assente, il che fa sì che il giovane (ancora una volta le femmine sono escluse da questo delirio) si veda costretto a subire la malìa dell’elemento femminile, laddove gli viene a mancare una figura genitoriale maschile dalla personalità stabile che, essa sola, garantirebbe al figlio una “giusta scelta ‘oggettuale’” ovvero quella di una bella ragazza di cui innamorarsi.
E perché il padre dovrebbe essere assente? Vuoi perché di rado presente accanto alla sventurata creatura maschile da lui generata per gli innumerevoli impegni lavorativi vuoi a causa di una madre che, oltre ad essere troppo presente, ha l’ulteriore colpa di emarginare l’altrettanto sventurato sposo, che diventa una marionetta impotente nelle mani della terribile megera con cui si è unito in matrimonio: “(…) quando in alcuni casi si manifestavano delle evidenti caratteristiche omosessuali e quando ne ho potuto conoscere le madri, queste avevano sempre una personalità molto energica e quasi sicuramente dominante all’interno della famiglia.”
Quel che resta da chiedersi è come questo ex docente potesse accorgersi della presunta omosessualità di alcuni suoi alunni; ci pensa lo stesso Massone ad illuminarci, asserendo che alcune movenze del tutto femminili presenti in quelli lo inducevano a desumerne l’orientamento sessuale altro. Nientemeno.
L’analisi di Sergio Massone raggiunge il suo culmine di delirio verso la fine, quando il nostro accosta in modo pericoloso quanto non rispondente al vero l’anoressia all’omosessualità: “la prima, legata a precisi fattori genitoriali, è collegata ad altrettanti precisi e forti modelli consumistici che a loro volta sono stimolati da modelli di bellezza propagandati e sviluppati come abbiamo visto, da stilisti quasi sempre omosessuali.
In tutto questo ci sono due elementi che fanno da legante e da stimolo: il primo costituito da un padre debole o assente e da una madre forte e prevalente, sia per le anoressiche che per l’omosessuale; il secondo rappresentato dalla struttura sociale esistente, che determina tempi di lavoro sempre più stretti e quindi poca presenza in famiglia soprattutto dei padri, oltre a uno sviluppo sempre maggiore di un consumismo alla ricerca costante di ulteriori inutili novità fini a se stesse” (il corsivo è nel testo). La superficialità insita in questo ingarbugliato discorso è evidente ad un livello tale che qualsiasi commento diventa superfluo.
Infine, analizzando la scarna bibliografia presente in fondo al libro, ho scoperto che rari sono i testi consultati da Sergio Massone per analizzare la questione dell’omosessualità a tutto tondo: se si escludono un paio di oscuri volumi, assai datati e del tutto superati, mi sono resa conto che in essa mancano gli scritti delle più importanti persone addette ai lavori delle tematiche LGBT, fra le quali spiccano Margherita Graglia ed Antonella Montano (con la quale – e non è un caso – Massone si scontrò in modo violento nel 2005 sullo stesso tema, in occasione di un convegno genovese organizzato da Laura Ridolfi, presidente dell’Associazione culturale Swara) Paolo Rigliano e Vittorio Lingiardi – per limitarmi al solo ambito psicanalitico e sociologico – i quali hanno affrontato le più importanti questioni legate al mondo delle lesbiche e dei gay in modo chiaro e comprensibile a tutte e a tutti; ecco perché il breve accenno alla questione omosessuale proposto da Sergio Massone nel suo improponibile testo (in cui, per esempio, la problematica del bullismo è stata liquidata, durante la presentazione genovese, come un fenomeno in diminuzione a causa della crisi economica, che sta costringendo molte e molti studenti, educati con eccessivo permissivismo, a rivedere i propri parametri di giudizio di coloro che considerano diversi e quindi da emarginare; ciò li starebbe aiutando a sperimentare la solidarietà, il tutto in totale controtendenza rispetto ad un fenomeno sociale in pericolosa ascesa, stando agli esiti dei più recenti studi in merito, per non parlare dei tanti riferimenti fatti dai media), risulta essere superficiale, pregiudizievole, intriso dei più gravi stereotipi circolanti intorno ai gay (le lesbiche non hanno avuto l’onore di essere discriminate) e, quel che è peggio, privo di quell’onestà intellettuale che dovrebbe spingere chiunque a tacere di ciò che non sa oppure a parlare di determinati argomenti solo dopo avere svolto un’approfondita analisi delle più aggiornate fonti a sua disposizione.