Building a Bridge. Il dono del regista Scorsese al cammino dei cattolici LGBT
Articolo di Paul Elie pubblicato sul sito del settimanale The New Yorker (Stati Uniti) il 27 giugno 2022, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, parte seconda e ultima
Scorsese ci racconta un’altra storia: sempre nel periodo in cui suo cugino si confidò con lui, ebbe una rivelazione a proposito di un giovane che tutti nel quartiere conoscevano: “Assomigliava a Tony Curtis nel film Malerba. Era una roccia, era un duro, ma non un attaccabrighe”. Aveva una macchina con cui lavorava facendo consegne, e un giorno il futuro regista, assieme ai suoi amici, gli chiese di andare con lui “perché ci piaceva andare in auto, e nessuno ce l’aveva”.
Quando finì le consegne, il giovane disse di dover fare ancora una sosta, e si diresse verso Washington Square Park, dove un gruppo di “giovani dall’aria molto curata, dai capelli biondi, con camicie e pantaloni molto eleganti” lo chiamò per nome. Scese dalla macchina, e un uomo “molto appariscente” si avvicinò a loro: “Subito quest’uomo sale in macchina. Il nostro amico dice ‘Devo solamente portarlo alla stazione della metro tra l’Ottava e la Sesta’. Ed eccoci lì nel sedile di dietro, che guardiamo questo tipo, piuttosto esotico, e anche piuttosto minaccioso, perché non abbiamo mai visto nessuno come lui, e cominciamo a ridacchiare. Il nostro amico dice ‘Non far caso a loro. Non possono capire’. E smettiamo subito di ridacchiare. ‘Non possono capire.’ Non dicemmo una parola, ma fu un momento straordinario”.
Scorsese aveva altri due cugini “che erano così”, come si diceva in famiglia. Uno dei due ebbe una relazione per più di vent’anni, e poi si sposò; l’altro “era più giovane di me. Lo vidi fare i primi passi, poi persi i contatti. L’ultima volta che gli ho parlato era in ospedale”, ed era l’inizio degli anni ‘90: aveva l’AIDS, e morì poco dopo.
Anche in una famiglia italoamericana molto tradizionalista, quindi, c’erano dei modi per parlare tangenzialmente dell’omosessualità, ma nel mondo sociale cattolico, secondo Scorsese, le persone omosessuali erano escluse ed evitate: “L’esclusione proprio non mi andava giù. Volevo bene ai miei cugini, erano brave persone, e vedevo la sofferenza che provavano, e anche quella di chi stava loro vicino. Il cattolicesimo in teoria dovrebbe essere inclusivo. Se c’è una persona emarginata (è il mio modo ingenuo di pensare), devi accoglierla. L’emarginato non deve essere escluso: è un’anima umana, è quello che è. Era molto chiaro per me che questo fosse un difetto della Chiesa”.
Quel difetto l’ha colpito particolarmente durante gli anni ‘80. I fondamentalisti protestanti facevano manifestazioni contro l’omosessualità (il reverendo Jerry Falwell considerava l’AIDS una retribuzione divina: “Un uomo raccoglie ciò che ha seminato”), e anche alcuni cattolici tradizionalisti la pensavano alla stessa maniera (i fondamentalisti protestarono anche all’uscita del film di Scorsese L’ultima tentazione di Cristo nel 1988). L’arcivescovo di New York, il cardinale John O’Connor, ribadì la posizione cattolica secondo la quale l’omosessualità “costituisce […] una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale”, come afferma la Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1986.
Il cardinale si opponeva alla violenza contro le persone omosessuali, ma denunciava le relazioni e gli atti omoerotici; lodava gli ospedali cattolici perché offrivano sollievo ai malati di AIDS, ma era contrarissimo ai diritti omosessuali, ai preservativi e all’educazione sessuale. Proibì le Messe tenute alla parrocchia gesuita di san Francesco Saverio a favore del movimento omosessuale cattolico Dignity, che erano divenute un momento fisso di lutto per una comunità devastata dall’AIDS: “Fu un momento doloroso per le persone LGBTQ cattoliche di New York. Molta gente considerò quel gesto un segno di esclusione, non solamente da quella parrocchia, ma dalla Chiesa nel suo complesso” mi dice padre Martin.
Nel 1991 Scorsese assistette a un’espressione drammatica di quelle tensioni: “Ero in taxi, e stavo percorrendo la Quinta Avenue, con il Rockefeller Center alla mia destra e la cattedrale di san Patrizio alla mia sinistra. Tutt’a un tratto sento gridare ‘Vaffanculo! Vaffanculo!’. Mi giro, perché la Quinta Avenue non è il tipo di posto dove solitamente si sente dire una cosa simile, e vedo un tizio con occhiali, blazer, ben vestito, che urla rivolto alla cattedrale di san Patrizio: ‘Vaffanculo, O’Connor! Tu non sei il padre di nessuno!’. Non ho mai sentito tanta rabbia: gli proveniva proprio dal fondo dell’anima. Forse aveva perso il suo compagno, o suo fratello, e intendeva sfogare così il proprio dolore”.
Sono passati trent’anni, e non è chiaro quanto sia migliorata la situazione delle persone omosessuali cattoliche, ma certamente ci sono segnali di cambiamento. L’attuale arcivescovo di New York, cardinale Timothy Dolan, ha celebrato una Messa alla parrocchia di san Francesco Saverio “e ha fatto cenno al ministero LGBTQ come a uno dei numerosi segni di accoglienza di quella parrocchia” ci dice padre Martin, al quale, nel luglio del 2021, papa Francesco ha spedito una lettera scritta a mano in spagnolo per sostenere il suo ministero tra le persone LGBTQ: “Lo ‘stile’ di Dio comprende tre aspetti: la vicinanza, la compassione e la tenerezza. […] A proposito del suo lavoro pastorale, vedo che lei cerca sempre di imitare questo stile divino”.
Questo mese l’ateneo gesuita Fordham ha ospitato un convegno, organizzato da padre Martin, sul posto riservato alle persone LGBTQ nella Chiesa e sul ministero a loro dedicato dal padre gesuita, un misto di laboratori, gruppi di ascolto e momenti liturgici.
Invece, la scorsa primavera la Nativity School di Worcester, nel Massachusetts, una scuola gesuita per studenti a basso reddito, si è vista recapitare una lettera aperta da parte del proprio vescovo Robert J. McManus, che intimava di rimuovere la bandiera arcobaleno e quella del movimento Black Lives Matter, oppure cessare di definirsi cattolica (monsignor McManus ha detto che la Chiesa “appoggia senza esitazioni” la frase “le vite dei neri contano”, ma non quello che definisce il punto di vista del movimento “sul ruolo della famiglia nucleare”). La direzione della scuola si è rifiutata di rimuovere le bandiere, e il vescovo ha firmato un decreto secondo cui la Nativity School non è più da considerarsi cattolica.
Nonostante i gesti di sostegno di papa Francesco, la dottrina cattolica rimane assolutamente contraria agli atti omosessuali (basti pensare al responsum del marzo 2021). Francesco ha ottantacinque anni e la sua salute è malferma; molte voci dicono che potrebbe rassegnare le dimissioni, e il prossimo Papa, che probabilmente sarà una figura più conservatrice, potrebbe riaffermare in pieno la dottrina tradizionale, smentendo di fatto i gesti simbolici di Francesco. E ora che la Corte Suprema degli Stati Uniti (che tra i suoi nove giudici conta cinque cattolici conservatori) ha sentenziato che il diritto di abortire non è protetto dalla Costituzione (come i vescovi cattolici hanno sempre affermato), è possibile che anche il matrimonio omosessuale (a cui i vescovi si oppongono) venga prima o poi rimesso in discussione.
Per Scorsese, questo nuovo documentario non è tanto una prova, quanto un agente del cambiamento sociale. Ricordando i suoi vent’anni, dice che il cinema ha avuto un ruolo di tutto rispetto nel rendere più aperta la cultura degli anni ‘50, quando le arti erano strettamente regolate e tenute a bada da una fitta rete di giudici, giornalisti, preti, pastori e uomini d’affari, e difficilmente si poteva far passare una sia pur innocente scena di sesso.A un certo punto questo codice di produzione e di censura, sostenuto dalla Chiesa Cattolica, venne messo in discussione: “Ho assistito di persona al cambiamento. Fu un’esplosione” dice Scorsese. (Film come Quelle due, del 1961, e Tempesta su Washington, del 1962, presentano l’omosessualità come una strada che conduce alla perdizione – i protagonisti finiscono molto male -, ma perlomeno la ritraggono come una realtà complessa e personale.)
Building a Bridge potrebbe essere d’aiuto a una Chiesa molto sospettosa delle discussioni sull’omosessualità, soprattutto se esse si tengono in parrocchie e scuole situate in zone dove sono molto forti i pregiudizi: “Molti cattolici, senza conoscere nessuna persona LGBT, sono pronti a condannarli: ‘Non ho bisogno di incontrarli, non ho bisogno di parlare con loro, condanno il loro stile di vita e basta’” dice padre Martin, il quale spera che il film permetta a quei cattolici, che forse non hanno mai incontrato direttamente una persona LGBTQ cattolica, di incontrarle sullo schermo: un passo piccolo, ma necessario.
Testo originale: A Film Produced by Martin Scorsese Looks at the Catholic Church’s Treatment of the L.G.B.T.Q. Community