Calcio e transfobia: un’inversa proporzione perfetta
Riflessioni di Massimo Battaglio per “Cronache di ordinaria omofobia.org”
Nell’estate 2018, quando per la prima volta registrammo un aumento verticale delle denunce di violenze omofobe, un amico mi suggerì di pensare al calcio. Era la prima volta dopo diversi anni, che l’estate si svolgeva senza tornei internazionali di pallone. L’Italia era rimasta fuori dai mondiali. Secondo il mio amico, i tifosi, già incazzatissimi, non sapevano dove sfogare la loro violenza potenziale ed era così aumentata la caccia al frocio. In più, Salvini era appena diventato ministro dell’interno, e allora dagli.
Vedendo le cronache di omofobia delle ultime due settimane, ho ricordato le riflessioni del mio amico, ma all’inverso. Dopo un mese straordinariamente violento nei nostri confronti, abbiamo avuto quindici giorni in cui l’attenzione era polarizzata sugli eventi calcistici conclusi con la Coppa Europa oltre che con immagini di tifo blasfemo che a qualunque pride non sarebbe mai stato perdonato (ma, si sa, al calcio si perdona tutto). E i fatti omofobi registrati sono scesi da una media di una vittima abbondante al giorno, a una ogni sei.
- 07/06/2021: Olbia (SS): Individuo si presenta a casa di donna transgender e, sfondando la porta, entra per coprirla di insulti omofobi
- 08/06/2021: Carmagnola (TO): Sul treno Torino Cuneo, giovane trans molestata e poi picchiata da bulli omofobi
Altra singolarità: entrambi gli episodi registrati, il 7 e l’8 luglio, hanno visto come vittime delle persone trans m>f, persone cioè che si allontanano nettamente dallo stereotipo machista.
Il fenomeno della transfobia merita una riflessione in più nell’esame delle nostre cronache di ordinaria omofobia. Esso è quantitativamente e qualitativamente molto rilevante, eppure è quello che crea i maggiori mal di pancia negli oppositori al ddl Zan. Tra le vittime di omotransfobia intercettate in questi nove anni di ricerca, l’11% sono appunto trans m>f. Se si aggiunge l’1% di vittime f>m, si arriva a quota 12%. E’ una percentuale enorme, se si pensa che le persone trans rappresentano appena il 2% della popolazione lgbt+ (dato calcolato dall’ISTAT nel rapporto 2012 sull’omosessualità).
Se si esaminano i dati dividendoli per tipo (aggressioni singole, multiple, omicidi, suicidi, tentati suicidi e atti non fisicamente aggressivi), le cose si aggravano ulteriormente. Gli atti omofobi subiti da persone trans sono sempre tra i più gravi. Essi rappresentano infatti il 17% delle aggressioni singole, il 22% dei suicidi, il 30% dei tentati suicidi e addirittura il 52% degli omicidi. L’essere una persona in transizione espone veramente a rischi molto alti.
Credo che questo ragionamento basterebbe, da solo, a comprendere perché stiamo difendendo il ddl Zan nella sua integrità, a partire da quel termine “identità di genere” tanto avversato da chi vuole rinegoziare (cioè affossare) la legge contro l’omotranfobia. Non c’entra niente la questione della “complementarietà tra i sessi” o la “ideologia del gender”. I dibattiti accademici dei monsignori stanno a zero. La questione è che le persone trans sono davvero tra le più vulnerabili della società. E lo sono, in modo ancora più particolare, durante il percorso di transizione, quando cioè sono particolarmente riconoscibili.
I preti non lo capiranno mai perché a loro non è mai stato insegnato nulla di tutto ciò. Per loro, “i trans” sono solo maschi dall’aspetto un po’ sgradevole, che si prostituiscono per il piacere di altri maschi. E poi, diciamolo: prendersela con la parte più minoritaria e più debole dell’esercito nemico è sempre stata una tattica comoda per vincere una battaglia. Una tattica un po’ vigliacca ma molto pratica. Un po’ come vincere una partita di calcio per un rigore.
> I numeri e le storie di ordinaria omotransfobia in Italia su omofobia.org