Cammini sinodali. La chiesa cattolica tedesca chiede al Vaticano una riforma nell’essere chiesa
Articolo di Sarah Belouezzane e Thomas Wieder pubblicato sul quotidiano Le Monde (Francia) il 26 novembre 2022, liberamente tradotto da www.finesettimana.org
Ci sono dispute che, a causa dei loro protagonisti, rivestono una simbologia tutta particolare. Riescono perfino a render presenti fantasmi del passato che nessuno desidera veder tornare. È ciò che succede nel confronto in corso tra l’episcopato tedesco e la Santa Sede, la quale ricorda a tutti che è da Wittemberg, nel XVI secolo, che ha avuto inizio, con la Riforma, l’ultimo scisma che ha spaccato la Chiesa.
Niente di tutto questo, per ora, ma le tensioni attuali ad alcuni fanno temere il peggio. All’origine della tempesta, l’avvio nel 2019 da parte dell’episcopato tedesco di un “Cammino sinodale”, sotto la pressione dei laici colpiti dalle rivelazioni sulle violenze sessuali avvenute in molte diocesi. Si trattava di avviare una grande discussione sui cambiamenti da introdurre nella Chiesa Cattolica perché ciò non si ripetesse. Al centro delle riflessioni del cammino sinodale, quattro temi considerati particolarmente audaci nell’istituzione: l’esercizio del potere nella Chiesa, il modo di vivere dei presbiteri, il ruolo delle donne e la morale sessuale.
Di questo processo di discussione, le cui conclusioni dovranno essere consegnate a Roma nel marzo 2023, i vescovi tedeschi sono venuti a discutere con la Santa Sede dal 14 al 18 novembre. Al termine dei colloqui, un comunicato firmato da entrambe le parti parlava delle “preoccupazioni che suscita il Cammino sinodale” a Roma e del “rischio di una riforma della Chiesa” invece che di “riforme nella Chiesa”, secondo l’espressione del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato e numero due della Santa Sede.
I cardinali Luis Ladaria e Marc Ouellet, responsabili rispettivamente dei Dicasteri (dipartimenti della curia romana) per la Dottrina della Fede e per i Vescovi, hanno anch’essi espresso durante l’incontro la loro opposizione al processo di discussione tedesco. I due prelati hanno parlato “francamente e chiaramente delle preoccupazioni e delle riserve riguardanti la metodologia, i contenuti e le proposte del Cammino sinodale”. Il cardinale Ouellet è arrivato a chiedere una “moratoria” della riflessione tedesca. La richiesta è stata respinta, ma rende evidente la tensione che esiste oggi tra Roma e uno dei suoi maggiori contribuenti finanziari.
I vescovi tedeschi sono quindi ripartiti da Roma con sentimenti contrapposti. “Torno a casa con reale sollievo, perché ci siamo detti le cose. Ma rientro anche con una certa inquietudine, perché non sono in grado di valutare in quale direzione stia andando il dialogo sinodale avviato”, ha dichiarato il presidente dell’episcopato tedesco Georg Bätzing il 19 novembre, in una conferenza stampa in Vaticano. Di ritorno nella loro diocesi, molti dei sessantuno vescovi tedeschi che erano a Roma con lui hanno anch’essi fatto dichiarazioni. Se tutti hanno riconosciuto la qualità e la cordialità dei loro colloqui con i membri della Curia romana e con il Papa, che hanno incontrato per due ore, alcuni hanno ammesso che quel soggiorno romano li aveva soprattutto resi consapevoli del divario che si è creato tra la Chiesa tedesca e il Vaticano.
“Non siamo riusciti a dissipare le forti riserve che esistono a Roma contro il processo di riforma in corso in Germania”, ha deplorato il vescovo di Würzburg, Frans Jung. In un’intervista al giornale della sua diocesi, questo sostenitore dell’ordinazione delle donne si è detto convinto che il “rigore tedesco” fa paura al Vaticano, dove “si ha di nuovo il timore che la Chiesa tedesca si stacchi dalla Chiesa universale”. Eppure sono timori infondati, secondo i prelati tedeschi. “Lo scisma non è un’opzione. Non lo è mai stata. Siamo cattolici e restiamo tali”, ha assicurato monsignor Bätzing.
Per Hendro Munsterman, teologo e giornalista, il timore di uno scisma è sventolato a Roma come una bandiera rossa da parte di reti di conservatori che non desiderano vedere la Chiesa procedere su temi ancora da molti considerati tabù, come l’ordinazione delle donne, il potere dei preti o la benedizione delle coppie omosessuali.
Anche se sono “liberi”, secondo una tradizione che il teologo fa risalire al loro rifiuto dell’infallibilità pontificia proclamata nel 1870 e alla necessità di giurare fedeltà allo Stato tedesco, i vescovi della Germania non fanno comunque “quello che vogliono”, sottolinea l’esperto. Ritengono tuttavia “che a Roma, nessuno capisce la situazione dei loro fedeli, più della metà dei quali hanno coniugi protestanti”, aggiunge.
Di fatto, se sono attenti a non rompere con la Santa Sede, i vescovi tedeschi devono anche tener conto dei loro fedeli che si mostrano sempre più “pressanti” su determinate questioni, come ha ricordato monsignor Bätzing davanti alla stampa prima di lasciare Roma. Tra le altre questioni, “quella del ruolo delle donne è la più urgente, e quella che ci divide di più”, ha ammesso il presidente dell’episcopato tedesco, ricordando che, per Roma, l’ordinazione delle donne è “una questione chiusa”, ma che, “per le donne cattoliche tedesche, una Chiesa che rifiuta questo non può essere la loro Chiesa”.
Anche papa Francesco sembra essere a disagio con il cammino tedesco. Eppure, all’inizio del suo pontificato, era sembrato disposto ad avviare profonde riforme. “Molto presto il Papa ha aperto un vaso di Pandora aprendo alla discussione su un certo numero di argomenti”, afferma François Mabille, specialista in vicende religiose all’Institut de relations internationales stratégiques (IRIS); ma poi ha chiuso alcune porte. Ha ad esempio escluso l’ordinazione delle donne – “questione che non si discute” – ed esclude anche un “celibato opzionale” per i preti. Inoltre deve tener conto delle correnti conservatrici della sua Chiesa. Ad una domanda sul Cammino sinodale il 6 novembre ha risposto che in Germania esiste già “una grande e bella Chiesa evangelica” [protestante] e che “non ne vorrebbe un’altra”.
Oggi, il disaccordo riguarda sia il contenuto che la forma. Nel Cammino tedesco, ricorda François Mabille, grande spazio è dato alla democrazia e ai laici, rappresentati dal Comitato Centrale dei Cattolici Tedeschi (ZdK), che co-dirige il Cammino sinodale con la Conferenza Episcopale: “Questo, in qualche modo, mette in discussione il potere dei vescovi e dei preti e il modo di elaborare la dottrina cattolica. Ma poiché il cattolicesimo è un regime monarchico autocratico, una riforma in profondità è impossibile. È come per Gorbaciov: perestroika più glasnost fa esplodere il sistema” afferma Mabille.
Per quanto riguarda il contenuto, molti mettono in rilievo il fatto che le questioni sollevate dai tedeschi sono anche impossibili da ammettere da parte delle chiese locali meno desiderose di cambiamento, come in Africa, in Asia, in una parte dell’Europa e in buona parte dell’episcopato nordamericano: “Il Papa si sente responsabile anche del cammino dell’insieme della Chiesa universale. Forse sente che il Cammino sinodale tedesco procede troppo in fretta per gli altri”, afferma Jérôme Vignon, ex presidente delle Settimane sociali di Francia e osservatore laico del Cammino tedesco.
Tanto più che quest’ultimo presenterà le sue conclusioni molto prima del “Sinodo sulla sinodalità”, il grande movimento di riflessione avviato da Francesco che terminerà nel 2024.
I temi scottanti messi sul tavolo in Germania potrebbero quindi imporsi al resto del mondo: “Hanno paura che si diffonda a macchia d’olio, che rompa gli argini” tra i fedeli che vogliono il cambiamento in molti Paesi, precisa il teologo Hendro Munsterman. È la forza del simbolo, che dopo secoli continua ad essere ugualmente potente.
Testo originale: L’Eglise allemande réclame des réformes à Rome