Campane nuziali per gay. Il significato intrinseco delle parole
Articolo di Elvira Lindo tratte dal sito “El Pais” (Spagna) del 11 novembre 2012, liberamente tradotto da Adriano C.
Ammettilo, buon uomo, continui a credere che il matrimonio sia solo tra un uomo e una donna. Continui a credere che gli elefanti si chiamino elefanti perchè Dio diede ad Adamo il diritto di dare un nome agli altri esseri viventi (inferiori, naturalmente, secondo la Chiesa Cattolica).
Continui a credere, uomo dotato di intelletto da vendere, che i dizionari sono enormi continenti di parole alle quali non bisogna mai modificare il significato.
Come a dire che, dato che l’Accademia del XVIII secolo certificò una spiegazione, una definizione per “bastardi”, come figli illegittimi o avuti da relazioni innaturali, chi siamo noi gente comune per cambiarne il significato a seguito di una variazione avvenuta nei costumi o nella morale?
Continua così, amico. Convinci il leader del tuo partito che lottare per una parolina sia come lottare per la mancanza di civiltà e che esiste un settore di votanti che bramano ritornare a quei tempi in cui le cose venivano chiamate con il loro nome “naturale”. E guidalo verso un ricorso in appello alla Corte Costituzionale contro una legge che, guarda un po’, è stata fatta da cittadini di diverse tendenze ideologiche con una spontaneità lodevole.
Così che accade, sette anni dopo (sette!), che questa Corte Costituzionale dichiara che respinge il ricorso e approva i matrimoni omosessuali, e già ci sono in giro centinaia di nipotini che chiamano zio il compagno del fratello della mamma, per esempio; o ci sono suocere con un figlio ed un genero, e uomini che presentano i loro mariti o le loro mogli come loro coniuge.
Sí, amico, comprendo il tuo disgusto: durante questi sette anni ci siamo comportati veramente male. Non solo abbiamo maltrattato la parola matrimonio, in più ci aggiungiamo anche il fatto che alla fine, aggiungi e sottrai, si ottiene solamente la famiglia di tipi e tipe che in realtà non sono famiglie. Sarebbe stato infinamente più giusto che una creatura di nove anni chiamasse il marito di suo zio “coppia di fatto” oppure “accordo consensuale”. E’ un poco lungo ma almeno eviteremo che i bambini crescano ingannati o che dei maggiorenni diventino checche per un trauma personale.
Tutti vivremmo molto meglio se vivessimo in un mondo dove la verità delle parole viene rispettata. Ci siamo comportati male anche quando lo scorso martedì il presidente Rajoy veniva intervistato da una radio per rispondere sulla crisi, sui salvataggi e sull’indipendenza; la domanda sulla sentenza della Corte Costituzionale l’ha sentita come un pizzicotto fattogli da una suora. Questo è uno di quei momenti in cui don Mariano diventa ancor più pallido di com’è, e indossa la faccia di quello che “casca dal pero”. Il presidente se n’è uscito con la dichiarazione che non ha mai detto che avrebbe preso decisioni contro il diritto delle coppie omosessuali ma ha ammesso che queste unioni non si possano chiamare “matrimoni”. Ah, scusate, probabilmente questo termine è stato brevettato da qualche eterosessuale.
Uno dei più patetici momenti di Mitt Romney avvenne nel 2011 quando se ne andava in giro per la strada con i propri consiglieri incontrando la gente comune, venne messo nel sacco in un locale del New Hampshire mentre chiacchierava con la clientela che stava facendo colazione. Il signor Romney si sedette a fianco di un uomo che sembrava essere un onorato pensionato che votava repubblicano.
Romney e i suoi accompagnatori si leccarono i baffi quando l’uomo si presentò come un veterano di guerra. Al repubblicano si allargò la mandibola: aveva trovato l’uomo perfetto, ma in quel momento l’uomo perfetto gli chiese se avrebbe proibito il matrimonio gay nel caso avesse potuto farlo.
Sorpreso da una domanda così specifica, Romney, gli disse che per lui il matrimonio poteva esistere solamente tra un uomo e una donna. Lo disse ripetutamente, parecchie volte. La stessa frase. Senza alcuna argomentazione. Una frase identica pronunciata più volte. Il veterano a quel punto gli disse, “Mi spiace, non la voterò mai”. Romney si alzò con il sorriso congelato da politico imbarazzato per una gaffe, mentre aveva un interscambio di opinione con la gente comune.
Il fatto è che le apparenze gli avevano giocato un tranello: l’individuo dall’aspetto repubblicano di classe operaia, era invece un vecchio omosessuale che credeva nei legami che fanno crescere l’amore, e quindi aveva affermato, in tutta onestà, che avrebbe votato solamente un presidente che avrebbe riconosciuto i diritti delle unioni omosessuali. Così, semplicemente.
I diritti umani si riassumono in sintesi, senza la necessità di grandi fondamenti teorici. Si esprimono in un breve spazio di tempo come quando Romney si sedette ad una mensa di un locale per chiacchierare con un presunto votante e si incontra con un uomo che sembra essere un eterossessuale in ordine e, nè più nè meno, si rivela essere un omosessuale in ordine.
Ma detto questo, caro difensore della terminologia “comme il faut”, non dovresti intossicarti della vita stessa. Comprendo il disgusto che possa aver toccato il tuo dizionario morale, ma vedilo in chiave positiva: non sei assolutamente obbligato dalla Corte Costituzionale ad assistere ad un matrimonio omosessuale, neanche se fosse la tua stessa figlia che fa coming out e desidera prendere una sua amica come legittima sposa.
E ancor meno questa autorità costituzionale può costringerti a pronunciare la sacra parola, matrimonio, per definire quello che per te non è che una parodia di unione. Sette anni se ne sono andati per difendere la verginità di un termine, talmente tanto tempo che ormai qualche omosessuale sta già facendo il processo di divorzio. Maledizione.
Testo Originale: Campanas de boda