Cara figlia mia, che non sei nata dal mio grembo ma dal mio cuore!
Lettera inviataci da Angela di Bari, mamma putativa di una ragazza LGBT
Cara Figlia mia, finalmente possiamo festeggiare insieme “il Traguardo” più importante della tua vita, la tua laurea con lode!!
Si realizza uno dei sogni della tua vita, sarai un medico, come dici tu, “medico dei malati e non della malattia“. Sono orgogliosa di te, di ciò che sei divenuta, del tuo coraggio, della tua forza, della capacità di credere nei tuoi sogni, nonostante l’incredulità degli altri.
La tua vita non è stata facile, sempre fuori dal coro, contro le aspettative di chi ti voleva “normale“. Ricordo le tragedie in casa, quando si è scoperto che il tuo fidanzato era una collega di corso… lesbica.. questa parola non l’abbiamo mai pronunciata. Non era necessario. Tu eri solo tu!
Io su due fronti: da una parte accoglievo le tue lacrime, le tue confidenze, la speranza di andare lontano per vivere serenamente la tua vita. Dall’altra raccoglievo la rabbia, il disagio, il disprezzo e la disperazione di chi si chiedeva “dove ho sbagliato?”. Ritrovandomi spesso a correggere un vocabolario troppo violento, troppo crudo, quello di chi non comprende e non vuole comprendere la realtà.
“Ti ho cresciuta“, così si dice quando si accompagna per un lungo tratto della vita una figlia (non tua), perché non l’hai partorita. Tu, infatti, cara figlia mia, non sei nata dal mio grembo, ma dal mio cuore, “sei mia” per scelta nostra, perché ci siamo volute, madre e figlia.
Nella dedica che mi hai scritto, dici che “una cicogna cieca e pigra non ha voluto salire altri tre piani“. Questa mancanza del destino non ha impedito l’amore che ci avrebbe legate con l’affinità di sangue. Tu SEI mia figlia, anche se una mamma ce l’hai… e come mamma putativa ho cercato di starti accanto, pronta ad accoglierti quando avevi bisogno di “fare il carico” di parole buone, dette con tenerezza, di accoglienti abbracci per cercare di cancellare di dosso tutto il male e lo schifo che ti veniva gettato: minacce di buttarti fuori di casa, di sospenderti gli studi, del taglio dei viveri, che dovevi cambiare per meritare l’amore della tua famiglia. Era inaccettabile per loro che tu fossi “diversa“.
Terreno impervio è lo spazio in cui sei divenuta donna. Sei stata brava, hai saputo trasformare il tuo dolore in forza, e di questo ringrazi me. Non devi, non sai quanto tu sei riuscita a donare a me!!
Io, lo sai, sarò sempre dalla tua parte… continuerò a custodirti, ora da lontano, perché tu hai gambe forti e conosci bene la tua destinazione. Un cordone ci unisce i cuori e tu sai che io per te ci sarò sempre.