Cari cristiani c’è anche un’altra parola che inizia con la “O” (I Cor. 1:1-9; Gv. 1:29-42)
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Riflessioni di Mark Ralls* pubblicate sul sito religion-online.org (Stati Uniti), liberamente tradotte da Laura C.
Le campane della chiesa suonano. Due uomini dai muscoli irrigiditi per lo sforzo sono in piedi con le braccia conserte davanti alla cattedrale gotica. Una coppia gay si avvicina tenendosi per mano. “No, fatevi da parte per favore”, dicono le guardie muscolose. Dicono lo stesso a una ragazza afroamericana, a un uomo ispanico, a un ragazzo su una sedia a rotelle. Poi, proprio mentre ci rendiamo conto che i due uomini sono “buttafuori della chiesa,” la scena si dissolve nello schermo nero e compare uno slogan che dice: “Gesù non ha mai cacciato nessuno. Neanche noi vogliamo farlo.”
Questo spot di 30 secondi della United Church of Christ ha provocato settimane di dibattito nazionale dopo che la rete tv CBS e la NBC hanno rifiutato di mandarlo in onda, affermando che era troppo controverso. Esperti sono intervenuti sulla questione, riempiendo le onde radio e le pagine editoriali di opinioni diverse.
Non so bene cosa pensare. Da un lato, sono preoccupato che la decisione presa da CBS e NBC segni una nuova era nella vita pubblica: la political correctedness degli anni ’90 è stata sostituita da una “correttezza di valori”. Le reti si preoccupano così tanto di poter offendere la sensibilità dei conservatori religiosi da rifiutarsi di mandare in onda delle pubblicità che non infrangono nessuna direttiva della FCC (Federal Communication Commission, ndt). Nello stesso tempo provo anche una piccola parte di gratitudine nei confronti di quei nervosi alti funzionari televisivi, le cui azioni hanno acceso la polemica su un argomento che i cristiani hanno dimenticato di trattare – non l’omosessualità, ma l’altra parola che comincia per ‘O’, ospitalità.
Nel mondo ellenistico, il modo particolare in cui i primi cristiani praticavano l’ospitalità li distingueva dalla cultura circostante. I non cristiani tenevano in grande considerazione l’ospitalità, ma credevano che dovesse essere “giudiziosa”. Era diretta alla famiglia, agli amici e ai contatti sociali influenti – quelli che avrebbero potuto facilmente ricambiare la benevolenza dell’ospitante. L’ospitalità cristiana, invece, era notoriamente indiscriminata. Non solo erano tutti benvenuti, ma i suoi destinatari principali erano proprio coloro che avevano meno possibilitá di restituire il favore – le vedove, gli orfani, gli emarginati. In un modo modesto, l’ospitalità cristiana andava contro il principio della proprietà sociale e suscitava polemiche nel mondo antico
L’ospitalità ha perso la sua incisività nella Chiesa contemporanea. Non la vediamo più come una questione morale di rilievo; riguarda molto più le buone maniere che l’etica. Ricordo un incontro con un gruppo di membri della chiesa, dovevamo cambiare il nome del nostro comitato di predicazione.
Eravamo divisi in due fazioni. Gli uni ricordavano Billy Graham e pensavano che fossimo indegni del titolo di “evangelisti”; gli altri citavano Jim Bakker e pensavano che avremmo potuto fare di meglio. Pensando di avere la soluzione perfetta, ho proposto di chiamarci ‘comitato dell’ospitalità’. La proposta non è piaciuta a nessuno dei due gruppi. Un partecipante ha rotto il silenzio per primo. “Quello che facciamo è molto più che essere ospitali. Se ci chiamassimo così la gente penserebbe che siamo il comitato del tè coi biscotti”.
Ma l’ospitalità di Gesù era controversa. Dava fastidio accogliendo le prostitute e le adultere, i truffatori e i reietti nella sua presenza di grazia. La sua ospitalità non aveva limiti. Non era solo indiscriminata: era promiscua.
Tale ospitalità, inoltre, è centrale nell’incarnazione. Attraverso la sua ospitalità promiscua, Gesù mette in atto l’essere misericordioso del Dio Uno e Trino. La Trinità chiama in causa tutto quello che abbiamo dato per scontato sulla struttura della realtà. Non viviamo in un mondo diviso dominato da un essere supremo, ma in un universo fatto di parti strettamente collegate tra di loro e chiamato all’esistenza da un Dio che desidera avere un’intimità, una vicinanza con noi.
L’ospitalità divina è al centro della creazione. È anche la fonte della nostra redenzione. Quando Paolo saluta la chiesa di Corinto lo fa nel nome del Dio “dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostsro”.
Il modello può essere visto in una storia tratta dal Vangelo di Giovanni. Due uomini si avvicinano a Gesù e chiedono “Dove abiti?” Gesù risponde: “Venite e vedrete”, e Andrea corre per trovare suo fratello Simone. È una storia così semplice, ma Giovanni sembra volerci esporre di significativo.
Conclude con le parole che segnano l’inizio della chiesa cristiana. “Tu sei Simone figlio di Giovanni. Sarai chiamato Pietro”. Giovanni vuole mostrarci che delle semplici parole di invito sono più decisive per la vita della redenzione di ogni proclamazione di fede. È così che comincia la chiesa.
“Venite e vedrete”. Cristo ci invita a entrare in una vita condivisa con questo ospite di Grazia. Da questo punto in poi, la strada verso la verità sarà costituita da incontri personali. La nostra testimonianza è semplicemente un riflesso di questa verità. Andrea invita Simone a venire e vedere. Noi accogliamo perché noi stessi siamo stati accolti. Invitiamo perché siamo stati invitati.
Stavo lasciando la chiesa una sera quando il meeting degli alcolisti anonimi stava per finire. Ho notato un uomo accovacciato sul cofano di una Ford arrugginita e mi sono presentato come uno dei pastori. Ha sospirato e mi ha raccontato da quanto tempo voleva “tornare in chiesa”.
L’ho invitato al culto. È arrossito e si è lanciato nel racconto della sua vita. Era la familiare catena di rimorsi e perdita che accompagna la dipendenza. Abbiamo condiviso una preghiera e ci siamo augurati la buonanotte. Mentre tornavo verso la macchina mi ha chiamato con urgenza. “Pensi davvero quello che hai detto?” “Su cosa?” “Credi davvero che potrei venire in questa chiesa?”. Guidando verso casa, mi sono reso conto che mi aveva raccontato la storia della sua vita in risposta al mio invito. Era un modo gentile di spiegarmi il motivo per cui non poteva accettare la mia offerta. Non si sentiva “abbastanza pulito” per fare parte della nostra congregazione.
Non l’ho mai più visto. Vorrei che la mia risposta alla sua domanda fosse stata più diretta. Vorrei aver semplicemente ripetuto e parole di Cristo. Avrei voluto dire “vieni e vedi”.
*Mark Ralls è pastore della Chiesa Metodista Unita di St. Timothy di Bervard, North Carolina (USA), ed è co-autore di un corso di 12 settimane per le persone in ricerca spiritual chiamato “Inizi: un’introduzione alla fede cristiana (Abingdon). Questo articolo è già stato edito sulla rivista The Christian Century l’11 gennaio 2005, a pagina 16.
Testo originle: The Other “H” Word (I Cor. 1:1-9; Jn. 1:29-42)