Cari genitori non vergognatevi del vostro figlio gay o lesbica
Testo tratto dal libro di Susan Cottrell*, “Mom, I’m Gay”. Loving Your LGBTQ Child without Sacrificing Your Faith (“Mamma sono gay”. Come potete amare vostro figlio Lgbtq senza sacrificare la vostra fede), paragrafo 17, editore Westminster John Knox, edizione riveduta, Maggio 2016, libera traduzione di Diana
“Tu sei la più grande delusione della mia vita, non ti voglio più rivedere” (Mamma di Mark)
La prima volta che io e un mio amico parlammo della vergogna, fu molto prima dell’enorme lavoro con la psicologa Brenè Brown sulla vergogna, io a malapena conoscevo il significato della vergogna, ma sapevo che si trattava di qualcosa di importante. Noi, da un punto di vista culturale, abbiamo appena iniziato a comprendere quanto sia interiorizzata la vergogna, che esce facilmente dalle nostre labbra verso i nostri figli. Non intendiamo farlo, ma finché non diventiamo consapevoli e facciamo dei passi coscienti per superarla, la vergogna scaturirà da noi. E lascia il segno.
Mark ha 65 anni ed è ancora amareggiato dalle cattive parole di sua madre. Mark non ha scelto di essere gay, né lo ha chiesto e neppure ne ha avuto il controllo. Ma per il solo fatto di “essere gay” (senza contare le azioni) sua madre lo ha chiamato “la più grande delusione della sua vita”.
Come puoi guarire da un’osservazione così viscerale ed aspra? Dove vai quando tua madre – o tuo padre – ti rifiutano? Le era stato insegnato che l’omosessualità era una vergogna e lei riversò sul figlio la sua vergogna.
Le persone LGBTQ sono particolarmente soggette alla vergogna nella nostra cultura, il che rende l’intero processo di scoperta e rivelazione così tortuoso. Molti pastori e ministri Cristiani hanno definito l’omosessualità “una menzogna particolarmente cattiva di Satana”. Raffigurare l’omosessualità come solamente qualcosa di riprovevole è di per se stesso una menzogna, particolarmente cattiva, di Satana. Isolare l’omosessualità, accumula vergogna su di una situazione già impegnativa.
Guardando al di fuori, vedrete che anche le Chiese hanno lo stesso comportamento. La vergogna viene insegnata anche in molte Chiese, col messaggio che i gay sono caduti bel peccato e che sono “moralmente malvagi”. Così le persone LGBTQ imparano a dimenticare che sono l’immagine di Dio e vivono nella vergogna, pensando di dispiacere (e perfino disgustare) Dio. Proprio come la madre di Mark lo mandò via, perché non poteva affrontare ciò che lui rappresentava, così le Chiese non inclusive cacciano via le famiglie per la stessa ragione. Le famiglie al di fuori della norma sollevano troppe questioni intorno a Dio e, per loro, questo è troppo sconvolgente.
Un ragazzo gay all’interno di un gruppo giovanile rappresenta la dissonanza cognitiva di questi due modi di intendere i conflitti. O noi prendiamo la via più semplice della paura e lo cacciamo dicendo: “Egli è disgustoso, probabilmente c’è qualcosa di sbagliato anche nella famiglia … non voglio avere niente a che fare con loro”. Oppure possiamo prendere la via del coraggio e dire: “Ma io conosco Mike – non è disgustoso. È il ragazzo con cui è cresciuto mio figlio. Non è il risultato di una mente debole e facilmente suggestionabile. Forse non ho capito qualcosa su questo passaggio. Forse non ho capito qualcosa sui gay”.
Spesso invece di venire accolta, la persona gay viene respinta nell’armadio con la sua famiglia, accrescendo la vergogna che già grava sul figlio gay.
Una giovane donna ha postato nel nostro mio Facebook riservato alla comunità LGBTQ quanto segue:
Io ho 18 anni. Io e la mia famiglia siamo venuti sulla Costa del Golfo per un torneo nazionale di calcio e la mia compagna era nello stesso torneo. La mia squadra lo sa ed è molto accogliente. Decidemmo di incontrarci sulla spiaggia e passavamo lì il tempo in uno dei nostri giorni liberi, ma mia madre era disgustata. Non ho mai visto una persona così disgustata dai propri figli e così imbarazzata che la gente sapesse che io e la mia compagna eravamo sulla spiaggia. Mi disse che facevo sentire a disagio tutta la mia squadra e le loro famiglie e che voleva che Kate se ne andasse, perché la gente stava cominciando a parlare e a capire le cose. Era solo preoccupata di come lei e la sua famiglia apparissero. Non di come io fossi incredibilmente felice nello stare seduta accanto alla mia compagna sulla spiaggia, parlando con la persona di cui sono innamorata. Mia madre era disgustata da lei …. e più tristemente da me. Fece lasciare a Kate la spiaggia pubblica e mi disse le cose assai offensive, che non voglio ripetere.
Non sono mai stata così imbarazzata dalla mia sessualità, come quando ho dovuto avvicinare la mia compagna davanti alla gente e chiederle di andarsene, perché mia madre pensava che le persone fossero a disagio e che noi eravamo state maleducate ad apparire in pubblico insieme”.
Povera ragazza. Comprendo la profonda vergogna della madre, visto quello che le era stato probabilmente insegnato sulle persone LGBTQ. Ma proiettando questa vergogna sulla figlia, la sta facendo soffrire, causando un enorme danno, senza aiutarla. La mamma è preoccupata del suo benessere e di come gli altri la possono considerare, non di sua figlia, altrimenti non la tratterebbe in questo modo.
Io so cosa vuole quella mamma: vorrebbe chiudere in un guscio questo “problema” così non offuscherebbe la sua visione del mondo e la percezione che ha di se stessa come madre. (Si vergogna di aver “generato” una figlia lesbica). Non vuole che gli altri parlino di lei, come lei ha parlato degli altri. Ma reprimere gli altri – i nostri figli – per il nostro benessere è il massimo dell’egoismo.
Una completa accoglienza, l’amore e l’essere vicini a chi amiamo sono momenti necessari per una vita piena e autentica – questi sono i nostri bisogni primari. La vergogna impedisce l’accoglienza, l’amore e l’essere vicini, perché ci dice che c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato in noi. Questa è la differenza tra colpa e vergogna. La colpa è qualcosa che abbiamo fatto. La vergogna riguarda chi siamo.
Quando sentiamo qualcosa di sbagliato in noi, non crediamo di essere degni d’amore, così non lo sperimentiamo pienamente, anche se siamo amati. La vergogna ci isola nel disprezzo e nel rifiuto di noi stessi. La vergogna è la menzogna alla radice della nostra identità. Se faccio qualcosa di sbagliato, mi posso scusare e fare ammenda. Ma se io sono fondamentalmente sbagliato, che speranze ho?
Non si può sempre respingere il disprezzo dal mondo esterno, ma all’interno di voi potete procurarvi un’oasi di vita e vicinanza con chi amate. Non importa da quanto siate scioccate nel venire a sapere che vostro figlio è gay, il vostro compito come genitore è di amarlo. Non lo disprezzate e non lasciate che gli altri lo disprezzino. Potete non aver espresso tutti i vostri pensieri su questo argomento, ma non potete avere scuse se disprezzate vostro figlio.
IL LAVORO DI FREEDHEARTS
Pensate a cosa vi fa provare vergogna. Secondo Brenè Brown “la vergogna è la paura di uno scollegamento o di un abbandono perché noi siamo tutti cablati per essere in connessione”. Le uniche persone che non sentono vergogna (che non hanno paura dello scollegamento) sono quelle sociopatiche.
Come avete percepito la minaccia di questo scollegamento? Pensate ai modi in cui avete fatto provare vergogna ai vostri figli, anche accidentalmente. Come hanno percepito la minaccia dello scollegamento? Avete bisogno di fare dei passi per la guarigione e la riconciliazione con vostro figlio?
* Susan Cottrell è un’insegnante cristiana che ha avuto numerose esperienze di studio della Bibbia e nel discepolato. FreedHearts è il suo blog ed anche una rete per genitori cristiani con figli LGBT, ed ha raccolto le convinzioni maturate attraverso queste esperienze nel suo libro “Mom, I’m Gay” – Loving Your LGBTQ Child Without Sacrificing Your Faith (Mamma, sono gay. Come potete amare vostro figlio LGBTQ senza sacrificare la vostra fede). Lei e suo marito sono sposati da più di 30 anni, hanno cinque figli, due delle quali sono lesbiche. Vivono a Austin in Texas (USA).