Caro don sono un gay cristiano deluso dai gruppi di cristiani LGBT
Dialogo tra padre Giovanni, un prete che accompagna i cristiani LGBT, e G., un giovane gay cristiano
Mi scrive G. via email: Non parteciperò a questi gruppi LGBTI. Ho trovato autoreferenzialità, auto-assolvimento, trasformazione di situazioni irregolari in modelli da propagandare. Tutti quelli con cui ho parlato mi hanno detto che se faranno l’unione civile faranno comunque la comunione. Io sono si una voce fuori dal coro, ma le regole le rispetto e non mi costruisco una chiesa parallela eretica in cui fare – scusa il francesismo – il cazzo che voglio.
Vorrei mandare una testimonianza su questo al Progetto Gionata, chissà se la pubblicano. A B. dirò proprio queste cose, e pure a D. se necessario. Sono veramente deluso perché ci avevo creduto. Speravo di trovare fratelli nella fede, ho trovato sindacalisti dei sacramenti. Prego per la loro conversione. A te dico Padre Giovanni non farti tirare per la giacchetta …
Il giorno rispondo, anche se non mi è stato facile farlo pacatamene di fronte ad una simile reazione emotiva e “faziosa” …
Padre Giovanni: Proprio stamane la liturgia ci ha aiutato a riflettere sulla pazienza di Dio (cfr. Matteo 13,24-30), che a noi ricorda che si condanna il peccato, ma non il peccatore. Se tu avessi fatto qualche pezzo di strada assieme a loro, avresti potuto avere la possibilità di ascoltarli, e non essere solamente il loro giudice (vedi la parabola). Lo so che al loro interno non tutto è perfetto, ma solo camminando con loro ci si aiuta e ci si purifica. Ecco perché so della necessità che i gruppi LGBT si incontrino con gruppi ecclesiali… Grazie del tuo avvertimento che mi hai dato (ma non ti rendi conto che presumi di essere il possessore della verità?), lascia in pace la gerarchia, non mettere zizzania, ci sono già tante, troppe prevenzioni nella loro testa, che impedisce loro di affrontare la situazione esistenziale di queste persone col Vangelo, che è la buona novella della misericordia e non del giudizio. Ciao padre G.
… è logico che una missiva del genere con la mia stessa risposta, non avevo la pretesa di chiudere la partita … e mentre andavo da amici mi è venuta questa intuizione: i gruppi settari e chiusi in se stessi, finiscono per diventare dei fondamentalisti. Perché non costruire un ponte con l’esterno, con gli “altri”? Perché non si prende e non si riflette sull’intuizione di Padre Martin che ha raccolto nel suo libro (Un ponte da costruire, Una relazione nuova tra Chiesa e persone LGBT), e con altre parole che ci ha illustrato nel corso dello scorso Forum dei cristiani LGBT di Albano Laziale?
Dopo due giorni …
G.: Caro don … non sono convinto delle tue parole..
Rispondevo a stretto giro di posta …
Padre Giovanni: Io non volevo convincerti, volevo solo dire come la pensavo io!
Silenzio! Pausa di riflessione … Tre giorni dopo rompe il silenzio …
G.: Ho ripensato … Posso proseguire coi gruppi (LGBT) … Ho parlato con G. che mi ha “moderato” e corretto fraternamente…
L’indomani rispondo con queste parole: Le relazioni umane sono indispensabili nella pluralità di approcci ad una stessa realtà!
G. Risponde subito: Verissimo!!!
Questo dialogo tra noi due termina, ma continua nella costruzione di quel ponte che può unire persone che la “pensano” in modo diverso. Dopo tutto, non dobbiamo accontentarci di trovarci nella parte di chi osserva la legge …
Perché ciò che conta è amare, usare misericordia e soprattutto “fare agli altri, ciò che vorremmo che gli altri facessero a noi!”: la “regola d’oro” espressa in modi diversi nelle diverse religioni, pur lasciando invariato il contenuto.