Caro Francesco la transizione di genere è stata una benedizione per la mia fede
Testimonianza di Michael Sennett* pubblicata sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 14 ottobre 2024, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
Pochi giorni fa papa Francesco ha ricevuto suor Jeannine Gramick, tra i fondatori di New Ways Ministry, assieme a un gruppo di cattolici transgender, intersessuali e alleati, per un incontro di quasi un’ora e mezza nella sua residenza privata, durante il quale gli invitati hanno offerto al Papa le loro testimonianze personali.
La testimonianza che qui presentiamo è quella di Michael Sennett, un uomo transgender che studia teologia ed è da molti anni impegnato nel ministero ecclesiale, oltre a scrivere regolarmente per il blog Bondings 2.0
L’invito a scoprire il Divino nelle nostre vite mi ha fornito un fondamento per la mia fede, e mi ha permesso di vedere le mie esperienze di fede dell’infanzia sotto una nuova luce. Vedere il sacro all’opera nella mia vita mi aiuta a comprendere meglio la mia relazione con Dio, il quale è sempre stato accanto a me, e sarà sempre al mio fianco.
Durante la mia infanzia venivo descritto come un maschiaccio, e non avevo il linguaggio appropriato per comunicare che in realtà ero un maschio. La mia famiglia non mi ha mai obbligato ad adattarmi a uno schema, e mi ha amato senza condizioni.
Nel 2004 la mia classe si stava preparando per la Prima Comunione. In fila per la mia prima confessione, dissi innocentemente alla catechista che mi sarebbe piaciuto indossare una giacca. La sua reazione severa mi sorprese: disse che le ragazze potevano indossare solamente abiti femminili, e che vestirsi da maschio avrebbe offeso Gesù. Riferì al sacerdote la nostra conversazione, e questi, nel confessionale, mi urlò contro: “I tuoi peccati sono molto brutti! Non farai la Comunione se fingi di essere un ragazzo!”. Disse che Dio non mi avrebbe riconosciuto in abiti maschili, e che sarei andato all’inferno se fossi morto vestito da maschio. Mi misi a piangere, perché ero convinto che Dio mi odiasse. Avevo solo otto anni.
A volte, durante la Messa, i sacerdoti predicavano contro le persone LGBTQ+. Anche se non sapevo ancora articolarlo, nel profondo sapevo che stavano parlando di me. Più tardi, mi prese la paura di essere indegno, e in prima media smisi di andare a Messa. La pubertà non si limitò a rendermi goffo: i cambiamenti del corpo furono mentalmente e fisicamente molto stressanti.
In terza media mi imbattei nel termine “transgender”, e improvvisamente ebbi una certezza: quello ero io. Comprendere questo mi terrorizzò, e feci tutto il possibile per negare la mia vera identità. La maschera mi costò depressione e ansia, e tagliarmi divenne il mio modo di affrontare il dolore, con ulteriori danni per il mio corpo.
Durante il terzo anno di superiori toccai il fondo, e tentai il suicidio. Passai il mio diciassettesimo compleanno in un reparto psichiatrico. Fu uno dei punti più bassi della mia vita, ma segnò anche l’inizio della mia guarigione. Un’infermiera cattolica e lesbica mi raccontò la sua storia e mi aprì gli occhi: forse essere me stesso non era impossibile.
Quando uscii dall’ospedale, andai a confessarmi. Ero nervoso, e chiesi perdono per essere transgender. La risposta del sacerdote mi ridiede vita: “Essere trans non è peccato. Non devi pentirti per come Dio ti ha creato. Negare chi sei, quello sarebbe la tragedia”.
Circa un anno dopo cominciai ad assumere il testosterone. Il mio rituale settimanale legato all’assunzione di testosterone comincia con un esame di coscienza e finisce con una preghiera di gratitudine a Dio per la benedizione della terapia ormonale. Tre anni dopo subii una doppia mastectomia, in modo da avere un petto piatto: quest’operazione è stata un atto di radicale cura per me stesso. L’anno dopo, subii l’isterectomia.
Durante la mia transizione medica mi sono collegato a due racconti evangelici: la resurrezione di Lazzaro e il battesimo di Gesù. Come Lazzaro, sono stato chiamato da Gesù fuori dalla tomba, ed egli mi ha aiutato a guarire ed accogliere il mio corpo. Quelle parti di me che erano imprigionate, ora sono libere di vivere in pienezza.
E come l’identità di Gesù si è espressa nel battesimo, la mia identità si esprime nella mia rivendicazione di genere. Ad ogni passo sento la voce di Dio che mi rassicura: “Tu sei il mio amato figlio, nel quale mi sono compiaciuto”. Gli ormoni e la chirurgia non sono solamente trasformazioni fisiche: sono affermazioni sacre della mia identità agli occhi di Dio. Non interferisco affatto con la creazione di Dio: sono semplicemente diventato, in modo pieno, la persona che Dio ha creato.
Attualmente ho cominciato a lavorare in una parrocchia, e sto frequentando un corso di cura pastorale alla Fordham University. Il mio obiettivo è sostenere le persone LGBTQ credenti attraverso l’incontro e il dialogo. Credo nella cura della totalità della persona. Il mio cammino mi ha insegnato che il vivere autenticamente porta più vicino a Dio. Dio mi ama così come mi ha fatto, in modo stupendo.
* Michael Sennett (lui) è direttore per la comunicazione e i media della parrocchia di sant’Ignazio di Loyola a Chestnut Hill, nel Massachussetts. Lavora nel campo del ministero LGBTQ+ dal 2014. Nel 2018 si è laureato in comunicazione e in studi religiosi. Trova molta gioia nella sua fede e apprezza le testimonianze della spiritualità queer.
Testo originale: In Audience with Pope, Transgender Catholic Says Gender-Affirming Care Is a Blessing