Caro Papa Francesco ti scrivo come madre di un figlio gay
Lettera aperta di Palmira Banchi di Livorno, madre credente di un figlio gay
Caro Papa Francesco considerato che le polemiche su quello che hai detto sull’aereo che ti riportava in Italia dall’Irlanda non si stanno spegnendo e che nessuno pensa meritevoli di risposta, ho pensato di scrivere quello che io madre, ma preferisco genitore, anche per chiarire che le famiglie sono tante e quello che devono essere riguarda solo l’amore, penso.
Quello che sto per dire non è legato solo al fatto che uno dei miei figli è omosessuale, i figli sono figli e basta, ma a quello che la Chiesa cattolica credo non abbia mai capito riguardo al significato di accompagnare una vita verso la crescita, l’autonomia, la capacità di riconoscersi in ogni senso, dell’orientamento all’identità di genere, portare un bambino/a ad essere un adulto/a che amerà la propria vita e di conseguenza quella degli altri. Mettere al mondo una vita consapevolmente è amarla già dalla prima idea dal primo desiderio.
Non so che volevi dire riferendosi al sostegno psichiatrico per chi si rende conto precocemente come sarà il figlio/a, beati quelli così consapevoli, certo è che allo psichiatra si ricorre in caso di patologia mentale, e su questo non si scherza e dipende da quale psichiatria, non certo per orientamento sessuale e identita di genere, forse volevi dire psicologo e riferilo ai genitori, non certo ai bambini, certo i genitori possono averne bisogno, se non si sentono all’altezza di quanto ho detto inizialmente.
Io sono credente ed in parte anche grazie alla fede ho potuto essere quella che sono, una persona che sbaglia e si rialza, una persona che sa chiedere scusa e che cerca delle risposte concrete e valide a quello che non comprendere, ma soprattutto una persona che ama la vita, quella dei miei figli, nipoti, famiglia, e quella di ogni essere umano.
Ti prego rispondi e se riesci e chiedi scusa da parte di tutta la Chiesa cattolica per il male fatto nel tempo alle persone glbtq e alle loro famiglie.
Spingi la tua Chiesa a conoscere e a dare un senso d’amore al messaggio che date, magari riprendendo le care parole “ama il prossimo tuo come te stesso” e “Non fare agli altri quello che non vorresti fatto a te“.
Cercate anche di guardare ai problemi reali dell’umanità, i figli hanno bisogno di amore e non di cure mediche per quello che è il loro essere, di tolleranza e accoglienza no grazie.