Caro Simone perché ci hai lasciato?
Riflessione inviataci da Emanuele Macca
Caro Simone, ti scrivo convinto che tu stai leggendo questa lettera in direttissima mentre digito le lettere sulla tastiera. Le Poste più veloci funzionano con chi, come te, ormai ho scoperto cosa c’è oltre questa nostra meschina vita.
Non ti ho mai conosciuto nella realtà ma ho visto la notizia del tuo suicidio e ho letto il messaggio che hai lasciato su quel biglietto. E tante domande mi vengono in testa.
Già che di mio sono un gran curioso, in casi come questi proprio vorrei capire fino in fondo ogni singolo aspetto dei tuoi pensieri per renderne consapevoli tutti gli altri ragazzi che soffrono perché si sentono circondati da un clima omofobo.
Quella omofobia che poi interiorizzata ci rende timorosi di ogni sguardo e di ogni maldicenza, ci rende così fragili da arrivare al gesto del suicidio.
Ma siamo umani e tutti siamo innatamente così fragili; la tua come tante altre storie mi ricorda forzatamente che anch’io sono così precario. Dice con parole stupende Pascal : “L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante.
Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di chi lo uccide, dal momento che egli sa di morire e il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo non sa nulla. Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero. E’ in virtù di esso che dobbiamo elevarci, e non nello spazio e nella durata che non sapremmo riempire.”
Mi fai tornare alla mente il suicidio raccontato tanti anni fa da Don Gino Rigoldi quando parlava di un ragazzo che l’aveva cercato per un aiuto, ma che spinto dalla durissima opposizione della famiglia non ce l’ha più fatta, si è gettato dal settimo piano di un palazzo della periferia di Milano e come messaggio finale aveva scritto a Don Gino che gli voleva bene.
Simone cosa hai sofferto? Che parole hai sentito così dure tanto da farti lacerare l’animo? Quali sguardi ti sono mancati? Di quali sorrisi avevi bisogno mentre stavi da solo a pensare? Le periferie delle città spesso sono un luogo di una disumanità devastante dove si annidano violenza verbale, fisica e molta ignoranza o semplicemente solo tanta indifferenza. Non ci sono luoghi né c’è la volontà tra vicini di aprirsi e creare una comunità che si accolga e cresca assieme pur nelle differenze di pensiero.
Simone, confido tu abbia trovato ora lassù quella serenità e quell’ambiente che ti accoglie unito in un’ineffabile Spirito di cui qui sul nostro fragile e meschino pianeta Terra abbiamo solo una traccia.