Cattolica e transgender. Quante pietre si lanciano contro la vita di queste persone
Articolo di Aaron Bianco* pubblicato sul sito LGBTQ cattolico Outreach (Stati Uniti) il 20 maggio 2022, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, parte quarta
La terza persona che vorrei presentarvi è una donna di nome Joan. Joan ha cinquantasei anni, è transgender, e vive come donna da quarantuno anni. Proviene da una famiglia filippina immigrata negli Stati Uniti circa quarant’anni fa. L’ho incontrata per la prima volta nella parrocchia di san Giovanni, la prima in cui, su richiesta del vescovo, ho iniziato il ministero LGBT della diocesi.
Joan venne un giorno nel mio ufficio per parlare con me, e cominciò a raccontarmi la sua storia: di come era impegnata in parrocchia e nel movimento dei Cursillos, e anche nel gruppo che si occupava dei senzatetto. Era una parrucchiera, impegnata in vario modo nel suo quartiere.
Da lungo tempo aveva scelto di essere single: la sua famiglia, e le molte amiche della comunità transgender, le offrivano tutto l’amore di cui aveva bisogno. L’unico problema era che la sua parrocchia non sapeva che fosse transgender: aveva paura che il parroco le avrebbe proibito di continuare le sue attività, e magari addirittura cacciata.
In Amoris laetitia n. 305 Francesco scrive “Pertanto, un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni ‘irregolari’, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa «per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite»”.
È proprio quello che succede quando si tratta di accogliere la comunità LGBT: i pastori si nascondono dietro la legge e non ascoltano le esperienze di vita vissuta di queste persone.
Il messaggio di Francesco è un buon primo passo, ma molti pastori hanno deciso di farsi giudici di ogni situazione, e per questo molte persone come Joan abbandonano la Chiesa. La nostra responsabilità come Corpo di Cristo non è forse quella di condurre ogni persona al messaggio di salvezza del Vangelo?
Oggi Joan è parte attiva della parrocchia di san Giovanni e del suo ministero LGBT, è ministro straordinario dell’Eucarestia, e due volte alla settimana porta i pasti a un rifugio per donne incinte in difficoltà.
Per la maggior parte delle persone transgender cattoliche, la realtà è ben diversa: vivono nell’ombra, e non sono accolte nelle parrocchie. Nell’ottavo capitolo di Amoris laetitia leggiamo spesso delle situazioni “irregolari”. La parola “irregolare” significa “fuori dalla norma”. Come possiamo accogliere davvero le persone, e [nello stesso tempo] usare parole offensive e dannose? Amoris laetitia è un’occasione di essere più sensibili verso chi già non si sente accolto dalla Chiesa.
Parole come “irregolare” vanno cambiate se vogliamo mostrare più sensibilità verso chi non corrisponde all’ideale proposto dalla dottrina cattolica.
* Aaron Bianco insegna teologia all’Università di San Diego ed è l’ex coordinatore dei ministeri LGBT della diocesi di San Diego. Questo intervento, che trovate integralmente qui, è stato pronunciato da Aaron ad una conferenza sulla lettera apostolica Amoris laetitia (La gioia dell’amore) organizzata a Roma dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e dalla Pontificia Università Gregoriana.
Testo originale: I was hounded from my church job because I’m gay. This month, I spoke at a Vatican conference on love.