Come cattolici confrontiamoci sull’amore omosessuale senza le paure della gerarchia
Riflessioni delle teologhe Mary E. Hunt* e Jamie Manson** con Marianne Duddy-Burk***, pubblicate sul bisettimanale cattolico National Catholic Reporter (Stati Uniti) il 2 ottobre 2017, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Lo stato deplorevole del dibattito cattolico sull’amore omosessuale ci spinge ad avanzare una proposta costruttiva. Per avere una minima speranza di condurre il dibattito nella direzione della ricerca della giustizia, dobbiamo elaborare un nuovo approccio ai problemi dell’odio verso le persone omosessuali e dell’eterosessismo che non parta dall’insegnamento della Chiesa, ma dalla vita vissuta della gente. È inutile rimestare vecchie argomentazioni sulla moralità degli atti sessuali, sulle quali peraltro il disaccordo è profondo e molto doloroso.
Siamo donne cattoliche, lesbiche e/o queer che godono della loro sessualità e gioiscono delle loro relazioni. Amiamo a voce alta. È tempo di ascoltare l’esperienza e la saggezza di vita di chi parla con integrità più che con autorità, la cui vita non è circoscritta dal clericalismo, che è libero e libera di essere sincero e trasparente. Abbiamo bisogno della saggezza che nasce da molteplici prospettive cattoliche, e quando diciamo “cattoliche” non ci limitiamo al Magistero della Chiesa istituzionale, che la grande maggioranza dei cattolici e delle cattoliche si sono lasciati alle spalle. È tempo di crescere e di iniziare le frasi con “io” invece di rilasciare dichiarazioni o far finta di essere al di sopra della mischia.
Perciò vogliamo dichiarare una moratoria sui discorsi della gerarchia e partire da zero con un dibattito tra esseri umani, tra cattolici e cattoliche sulla sessualità (non solamente sull’omosessualità), alla luce della giustizia globale. Le urla che provengono dal mondo (l’ecocidio, la violenza contro le donne, la guerra, il razzismo e la povertà) non ci permettono di godere del lusso di discussioni senza fine su cosa si fa in camera da letto.
Abbiamo aperto questa discussione perché siamo strutturalmente tenute fuori dalle decisioni che contano in ambito cattolico per via del nostro genere. Le istituzioni cattoliche ci hanno annullato inviti a parlare e hanno scelto altre persone al nostro posto, quante volte non ce lo ricordiamo più, perché siamo lesbiche e queer e fiere di esserlo. È ironico come le nostre aree di competenza (etica sociale, ecclesiologia, liturgia, religione e politica) soffrano nella Chiesa quando le nostri voci vengono zittite.
Le parole sagge sulla sessualità di solito non si trovano nei documenti, nelle conferenze e nei libri prodotti dalla Chiesa istituzionale e dai suoi impiegati; questo è reso impossibile dalla loro misoginia e dalla loro sudditanza al potere. Quelle fonti sono rese senza valore dal fatto che le donne e molte persone di colore sono escluse dal dibattito e anche dal fatto che le nostre esperienze non hanno alcuna influenza sui loro testi. La ragnatela di razzismo, suprematismo bianco, colonialismo, disprezzo per le persone disabili, etc…,combinati con il sessismo e l’eterosessismo, alla base delle strutture ecclesiastiche, rende impossibile una discussione utile se gli uomini di Chiesa parlano tra di loro a proposito di noi.
L’attuale dibattito cattolico negli Stati Uniti assomiglia a una macchina impantanata; per esempio, la gerarchia è ancora molto imbarazzata e incerta nel decidere se le coppie omosessuali che da molti anni vivono insieme, o sono addirittura sposate, vivano o meno nel peccato, una questione che la maggioranza dei cattolici americani ha ormai risolto; continuare a rimestarla non fa che mostrare quanto siano meschine le argomentazioni che vanno contro l’ovvia grazia dell’impegno nella coppia. Possiamo solo immaginare che contributi potrebbero dare alle questioni della frequentazione, del sesso occasionale o di altri problemi della vita quotidiana.
Ai consacrati chiediamo con rispetto, ma con fermezza, di tacere, di ascoltare ed imparare alcuni dei problemi che i nostri figli devono affrontare: i molti modi di essere transgender; come vivere in un mondo non binario; come evitare le malattie sessualmente trasmissibili; come avere rapporti sessuali in modo sicuro e soddisfacente; cosa significa innamorarsi inaspettatamente di una persona dello stesso sesso o di una persona transgender; cosa significa essere asessuali; come affrontare la violenza insidiosa che troppo spesso incontriamo nelle relazioni intime. I giovani sanno quanto tutto ciò sia complesso e confuso. Le risorse cattoliche a loro servono poco o nulla; non c’è da stupirsi che in campo religioso non facciano alcuna scelta o non vogliano averci a che fare. Possiamo fare di meglio, senza sprecare tempo e talenti in discorsi vuoti e ponti che non portano da nessuna parte.
Il Kirkridge Retreat and Study Center di Bangor, in Pennsylvania, ha recentemente celebrato il quarantennale dei primi programmi pastorali per persone LGBTIQ. Il grande teologo gesuita e sacerdote omosessuale John McNeill li ha guidati in modo impareggiabile per molti anni, prima di essere cacciato dalle istituzioni cattoliche per essere fiero della sua identità. Le sue ceneri riposano a Kirkridge; l’abbiamo ricordato con rispetto e gioia. McNeill diede inizio a un’importante discussione pubblicando The Church and the Homosexual (La Chiesa e l’omosessuale) nel 1976, ma i cattolici e le cattoliche odono il suo nome solo talvolta sussurrato, magari da qualche gesuita, nei dibattiti correnti sull’amore omosessuale.
Il primo incontro della Conferenza delle Lesbiche Cattoliche si tenne nel novembre 1982 a Kirkridge. Il discorso di apertura, tenuto da suor Theresa Kane, fu memorabile. Le sue parole di conforto e sfida, gentili, pastorali e profetiche, pronunciate in un momento in cui era ai ferri corti con il Vaticano, sono da allora marchiate a fuoco nei cuori di decine di donne. Suor Kane ammise di non saperne molto sull’argomento, ma che si era recata a un simposio di New Ways Ministry, dove aveva incontrato alcune coppie omosessuali; in loro aveva visto amore e come cristiana aveva la responsabilità di mettersi seduta e prendere appunti, cosa che fece, e noi le saremo per sempre debitrici per aver difeso il nostro amore.
Invece lo stallo attuale del dialogo, dove è la parola dell’uno contro la parola dell’altro, non serve a niente. Ad essere sinceri, vedere i prelati che cercano di sgusciare via dal discorso non è edificante. I cattolici e le cattoliche sanno bene che il mondo in generale (le università, i governi, le imprese, le famiglie, le altre religioni) sta accettando sempre più rapidamente l’amore omosessuale come cosa salutare, buona, naturale e santa; intanto, la società legge le notizie degli abusi sessuali del clero, di diplomatici nascosti da Roma per difenderli dalle accuse di traffico di pedopornografia e persino di un prete condannato al carcere per aver bruciato una croce e per non aver pagato il risarcimento dovuto; evidentemente, come molti altri preti, non era stato adeguatamente valutato.
Per fortuna ci sono moltissimi cattolici e cattoliche omosessuali, oltre agli alleati, che nel dibattito in corso guardano avanti, nonostante siano esclusi dalle deliberazioni in alto loco. Il recente convegno dell’associazione Dignity ha ospitato dibattiti sulla diversità, i bambini, l’invecchiamento e l’analisi infrastrutturale dell’oppressione. Sono alcune delle priorità di giustizia sociale, delle priorità cattoliche abbordate dai gruppi LGBTIQA (Lesbici, Gay, Bisex, Trans, Intersessuali, Queer, Asessuali) quando vanno oltre quelle che il teologo morale cattolico Daniel Maguire chiama argutamente “le questioni da zona pelvica”.
Questo mese molti cattolici e cattoliche si recheranno a St. Louis per il convegno intitolato “Rotolare via la pietra: le generazioni di amore e giustizia”. Incontreremo centinaia di colleghi e colleghe provenienti da miriadi di gruppi cristiani per celebrare e riflettere sugli ultimi decenni di successi nel campo dell’omosessualità. Oggigiorno molte denominazioni accolgono chiunque e ordinano pastori e pastore LGBTIQA grazie alle lotte di pionieri come come la presbiteriana Janie Spahr, l’episcopaliano Carter Heyward e Nancy Wilson delle Chiese della Comunità Metropolitana. La Chiesa Metodista Unita, per esempio, ha appena consacrato la sua prima diacona apertamente trans e non binaria.
I cattolici e le cattoliche hanno molto da offrire alla discussione, nonostante lo stallo che si può osservare tra la gerarchia. Chiedetelo ai nostri partner ecumenici, con cui da anni ci impegniamo a far rotolare via la pietra: guardano a noi per le più elaborate spiegazioni teologiche, perché sanno bene che sappiamo come si concepisce il Divino e il mondo in tandem; apprezzano il nostro contributo liturgico, come i riti matrimoniali omosessuali e le cerimonie per l’imposizione del nuovo nome alle persone trans, perché sanno che la nostra Chiesa se ne intende di rituali; aspettano con ansia i nostri spunti sulle questioni morali ed etiche perché hanno fiducia in noi, non nella Chiesa istituzionale ma in gruppi come Catholic Worker e molti ordini femminili, all’avanguardia nelle lotte sociali, nella nonviolenza e nella costruzione della pace.
La nostra proposta è un invito. Lasciamo da parte le vecchie strutture ecclesiastiche e tentiamo di ascoltarci a vicenda, portiamo le nostre storie nella preghiera contemplativa e poi discutiamone vigorosamente, una discussione arricchita dalle più recenti scoperte delle scienze sociali e biologiche.
Lasciamoci illuminare da autorevoli fonti teologiche, non solo cattoliche. Allora, anche se inevitabilmente non ci troveremo d’accordo su tutti i punti, potremo metterci sulla via di diventare un’utile comunità di fede che si confronta con le urla che vengono dal mondo: l’ecocidio, la violenza contro le donne, la guerra, il razzismo e la povertà, e lo faremo insieme. Come diceva poeticamente l’attivista gay cattolico, di origine irlandese, Brendan Fay, “È tutta questione di lenzuola e strade”. È un buon modo di iniziare a discutere.
* Mary E. Hunt è una teologa femminista, cofondatrice e codirettrice dell’Alleanza delle Donne per la Teologia, l’Etica e il Rituale (WATER) con sede a Silver Spring, nel Maryland;
** Jamie L. Manson recensisce libri per il National Catholic Reporter ed è laureata in teologia alla Yale Divinity School, dove ha studiato teologia cattolica ed etica sessuale;
*** Marianne Duddy-Burke è direttrice esecutiva di DignityUSA.
Testo originale: Kick-starting a new Catholic conversation