Celebriamo il corpo queer di Cristo
Articolo di H. Adam Ackley, pubblicato sull huffingtonpost.con (USA) il 31 dicembre 2014, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Il sangue dei martiri queer è il seme della Chiesa queer. Mentre entriamo nella stagione della memoria dei santi (1 novembre) e delle anime dei defunti, incluse le persone transgender uccise in crimini dell’odio (2 novembre) e quelli che sono morti di AIDS (20 novembre), alcune parole mi continuano a venire in mente, parafrasando la famosa frase di Tertulliano, dichiarato eretico ma celebre per una osservazione sul fiorire paradossale del cristianesimo sotto la persecuzione imperiale romana nel suo tempo.
I martiri queer – non conformi quanto a genere o sessualità (o entrambi) scacciati dalla Chiesa visibile dei santi
… quelli che non osano avvicinarsi al Santo dei Santi, che non sono i benvenuti sia nella Dimora degli Uomini che nella Dimora delle Donne, che non hanno nemmeno il permesso di stare con Gentili timorati di Dio in ciò che passa per il Tempio di oggi…
Noi ci raduniamo fuori dal riparo dell’entrata privilegiata del Tempio e delle sue corti.
Sanguinanti nella psiche e anche nel corpo, emarginati, intoccabili,
…i nostri matrimoni un “abominio” – si dichiara che il nostro amore condanni entrambi i partners agli Inferi.
Anche dopo la morte, avendo lasciato questi corpi ritenuti dai giusti “disordinati”, questi amanti benpensanti della Legge continuano a lanciare pietre sulle nostre cadute (Giovanni 8.7)
Riunitevi all’ombra del Tempio con noi. In un parcheggio, su una strada del centro della città chiusa per una sfilata in cui possiamo celebrare il nostro amore queer, i nostri corpi queer, prendiamo insieme la coppa del Ringraziamento e ricordiamo il corpo spezzato del nostro Maestro risorto e ferito mentre dividiamo il pane, nascondendoci dietro ad un nome che non usiamo per noi, indossando vestiti che non ci calzano perché abbiamo più compassione per il disagio che potremmo causare a voi, “fratelli più deboli”, di quanto facciamo per noi stessi – anche se la vergogna e il disagio che in tal modo interiorizziamo possono portare più della metà di noi a tentare il suicidio.
Credere alla risposta di Dio su chi siamo non può mai essere sì (come ha descritto il poeta queer James Baldwin) ci raduniamo ancora per adorare lo stesso Dio proclamato da quelli che ci considerano meno che umani. Nulla è guadagnato per chi crede alle bugie che siamo destinati all’inferno, che il Dio che ci ha fatto ci odia. Che tipo di fede è questa se non la stessa adorazione incarnata dall’emorroissa che voleva toccare l’orlo della veste di Gesù – senza nemmeno sapere se lei sarebbe mai guarita. Essere abbastanza vicini da adorare Dio in presenza di quelli che amano Dio insieme a noi – senza promesse di guariglione o di salvezza, noi ci raduniamo.
I santi queer si riuniscono per spezzare il pane insieme, per osservare lo Sabbath, per pregare, per vedere e testimoniare, per sperare, credendo nell’Amata Comunità della grazia incondizionata che non abbiamo ancora visto nella sua interezza – solo in un vetro scuro nella nostra koinonia (comunione, l’essere insieme) queer. Questo è vero amore per Dio, senza interessi egoistici con nulla da guadagnarci – nessuna via preferenziale per il paradiso nella vita futura, solo giustizia e uguaglianza e amore pieno di grazia in questa. Se Dio nostro Creatore ci ha creati sacrileghi, per essere un abominio per il popolo eletto di Dio, ci riuniamo ancora e ancora amiamo Dio. Se Dio ci allontana dalla sua presenza in un tormento senza fine (come dicono gli altri) per aver celebrato fedelmente i nostri matrimoni come un sacramento pieno di grazia, ci riuniamo ancora, e ancora amiamo Dio. Si tratta di grazia divina e incondizionata che taglia entrambe le direzioni, in ogni direzione da Dio all’essere umano e viceversa. Amate Dio così tanto?
Chi osa condannare questa fede coraggiosa e disinteressata come eresia? Se avete cacciato questi fedeli amanti di Dio o siete stati in piedi in silenzio, mentre ci stavano cacciando “accettando di non essere d’accordo” vi siete allontanati dalla vera e invisibile Chiesa.
Solo ora nel Corpo di Cristo queer, ferito ma ancora vivo, in disgrazia ma che glorifica Dio con una profondità e un’intensità di grazia mai vista altrove, possiamo vedere il nostro Dio queer faccia a faccia: Quello che Gesù ha chiamato Dio Abbà (Papà) e si vanta di aver dato vita alla creazione dai Suoi lombi (Giobbe 38.29).
Il Cristo queer si riconosce dalle ferite sul Suo Corpo (Giovanni 20.24-29). Vedete e credete la Chiesa invisibile nella chiesa visibile. Glorifichino Dio quelli la cui grazia viva è proclamata dalla continua presenza e testimonianza dei santi queer.
Testo originale: Queering All Saints and All Souls: Celebrating the Queer Body of Christ