Cercare nel buio la resurrezione
Riflessione tenuta dal domenicano padre Timothy Radcliffe* al ritiro per i partecipanti alla seconda sessione della XVI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi il 30 settembre 2024, liberamente tradotto da Innocenzo Pontillo
L’anno scorso, durante il ritiro (che ha preceduto il Sinodo), abbiamo mediato su come ascoltarci a vicenda. Come possiamo affrontare le nostre differenze, aprendo i nostri cuori e le nostre menti l’uno all’altro? Alcune barriere sono cadute e spero che abbiamo iniziato a vedere coloro con cui non siamo d’accordo non come avversari, ma come compagni di discepolato e di ricerca.
Quest’anno abbiamo un nuovo obiettivo: “Come essere una Chiesa sinodale missionaria”. Ma il fondamento di tutto ciò che faremo è lo stesso: un ascolto paziente, creativo, intelligente e aperto. Ho persino pensato di ripetere gli stessi discorsi dell’ultimo ritiro, come potrete notare!
Il domenicano Herbert McCabe una volta si accorse all’ultimo momento che doveva tenere una conferenza ad un’importante società teologica. Prese il testo di una conferenza dai suoi archivi, saltò sulla sua moto è arrivò appena in tempo. Quando aprì i suoi appunti si accorse che aveva preso la stessa conferenza che aveva fatto un anno prima. “Allora cosa hai fatto?”, gli chiesi. Mi rispose “Ho evitato solo di ripetere le battute. Sono le uniche cose che si ricordano”. Ma i vostri ricordi sono sicuramente migliori.
L’ascolto profondo è ancora il fondamento di tutto ciò che faremo quest’anno. È, come dice l’Instrumentum laboris (IL), è “il primo atto della Chiesa” (60). Il poeta Amos Oz ha raccontato che suo nonno: “Ascoltava. Non si limitava a fingere educatamente di ascoltare, aspettando con impazienza che sua moglie finisse di parlare e si zittisse. Non si intrometteva nelle frasi della sua compagna e non le finiva per lei. Non si è mai intromesso per riassumere ciò che lei stava dicendo e per passare ad un altro argomento. Non ha lasciato che la sua interlocutrice parlasse a vuoto, mentre preparava nella sua testa la risposta che avrebbe dato quando lei avesse finito. Non fingeva di essere interessato o divertito, lo era davvero”[1]
Ascoltare Dio e i nostri fratelli e sorelle è la disciplina della santità.
Quest’anno rifletteremo sulla ‘“missione di annunciare il Signore risorto e il suo Vangelo” (Introduzione, IL) a un mondo che “abita nelle tenebre e nell’ombra della morte” (Luca 1, 79). Per guidare le nostre meditazioni, prenderemo quattro scene di risurrezione dal Vangelo di San Giovanni: “Cercando nel buio”, “La stanza chiusa”, “Lo straniero sulla spiaggia” e “Colazione con il Signore”. Ognuna di esse getta una luce su come essere una Chiesa sinodale e missionaria nel nostro mondo crocifisso.
La prima scena inizia sul finire della notte: “Il primo giorno della settimana, di buon’ora, mentre era ancora buio, Maria Maddalena venne al sepolcro” (Giovanni 20,1). Anche noi oggi ci troviamo in questa situazione. Il nostro mondo è ancora più oscurato dalla violenza rispetto a un anno fa. Maria viene a cercare il corpo del suo amato Maestro. Anche noi siamo riuniti in questo Sinodo per cercare il Signore.
In Occidente, Dio sembra essere in gran parte scomparso. Non siamo di fronte tanto all’ateismo quanto a un’indifferenza pervasiva. Lo scetticismo avvelena i cuori anche di molti credenti. Ma tutti i cristiani, ovunque, sono alla ricerca del Signore, come Maria Maddalena prima dell’alba.
Anche noi possiamo sentirci al buio. Dopo l’ultima Assemblea, tante persone, compresi i partecipanti a questo Sinodo, hanno espresso i loro dubbi sul fatto che si possa realizzare qualcosa di ciò che abbiamo discusso. Come Maria Maddalena, alcuni dicono: “Perché ci hanno tolto la speranza? Ci aspettavamo tanto dal Sinodo, ma forse ci saranno ancora solo altre parole”.
Ma anche se è buio, il Signore è già presente nel giardino con Maria Maddalena e con noi. Prima della sua morte Gesù disse: “Se il seme non cade nella terra e non muore, rimane un solo granello, ma se muore porta molto frutto” (12,24). Il seme è stato gettato nella ricca terra del giardino da Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, seminato in una tomba nuova che nessuno aveva usato. Ed ora sta per fiorire. L’alba è vicina. Come Maria Maddalena, anche noi riceveremo più di quanto cerchiamo se siamo aperti all’incontro con il Signore.
Nel giardino incontriamo tre cercatori: Maria Maddalena, il Discepolo Amato e Simon Pietro. Ognuno cerca il Signore a modo suo; ognuno ha il suo modo di amare e ognuno il suo vuoto. Ognuno di questi cercatori ha il proprio ruolo nell’alba della speranza. Non c’è rivalità. La loro dipendenza reciproca incarna il cuore della sinodalità. Tutti noi possiamo identificarci con almeno uno di loro. Tu quale sei?
Tomas Halik ha sostenuto che il futuro della Chiesa dipende dalla sua capacità di raggiungere quanti sono in ricerca nella nostra società. Questi sono spesso persone “non”. Non mi riferisco ai credenti contemplativi, ma alle persone che dichiarano di non avere un’affiliazione religiosa. Anche loro sono spesso alla ricerca del significato della loro vita.
Halik scrive che i cristiani devono quindi essere disposti ad essere “dei cercatori con coloro che cercano e devono saper porre domande con coloro che se le pongono”[2].
Tutti i racconti della risurrezione sono pieni di domande. Due volte viene chiesto a Maria Maddalena perché piange. Ci si chiede dove hanno messo il corpo. Tutti chiedono perché la tomba è vuota. Nel racconto di Marco, le donne chiedono: “Chi ci toglierà la pietra?” (16,3). I racconti di Luca sulla risurrezione sono pieni di domande: “Perché cercate i vivi tra i morti?”. Gesù chiede ai discepoli in fuga verso Emmaus: “Di che cosa state parlando?”. Poi a tutti i discepoli: “Perché avete paura? Perché dubitate nel vostro cuore?” (24,38). La Risurrezione irrompe nella nostra vita non come una semplice constatazione, ma come una domanda profonda. Le domande profonde non cercano di darci risposte, ma ci invitano a essere vivi in modo nuovo e a parlare in un linguaggio nuovo.
Il poeta Rainer Maria Rilke ha scritto: “Non cercate le risposte che ora non potranno esservi date, perché non sareste in grado di viverle”. Il punto è vivere tutto. Vivete le domande ora. Forse allora, un giorno lontano nel futuro, vivrete gradualmente, senza nemmeno accorgervene, quella che sarà la vostra strada per avere una risposta”[3].
La risurrezione non è la vita di Gesù che ricomincia dopo una breve interruzione, ma un nuovo modo di essere vivi, in cui la morte è stata vinta. E così irrompe nelle nostre vite nei Vangeli, prima con domande urgenti che non ci permettono di continuare a vivere nello stesso modo.
Allo stesso modo, arriviamo a questo Sinodo con molte domande, ad esempio sul ruolo delle donne nella Chiesa. Sono domande importanti. Ma non possono essere viste solo come domande sul fatto che qualcosa sia permesso o rifiutato. Ciò significherebbe rimanere lo stesso tipo di Chiesa. Le domande che dobbiamo affrontare dovrebbero essere più simili a quelle dei Vangeli, che ci invitano a vivere insieme la vita del Risorto in modo più profondo.
Perciò dobbiamo osare portare a questo Sinodo le domande più profonde presenti nel nostro cuore, domande sconcertanti che ci invitano ad una vita nuova. Come quei tre cercatori nel giardino (in cui era la tomba del Risorto), dobbiamo prenderci cura delle domande degli altri se vogliamo trovare un modo nuovo di essere Chiesa.
Se non abbiamo domande, o abbiamo domande superficiali, la nostra fede è morta. Un arcivescovo, che oggi non è presente, disse a un gruppo di novizi domenicani: “Assicuratevi che tutti voi leggiate la Summa dell’Aquinate. Contiene cinquantaseimila risposte a tutti coloro che criticano la Chiesa cattolica”![4] San Domenico sarebbe rimasto inorridito. Da bambino, secondo la leggenda, la sua prima domanda fu “Che cos’è Dio?” e la sua santità fu quella di rifiutare qualsiasi risposta perché, diceva, siamo uniti a Dio come all’ignoto.
Se ascoltiamo le domande degli altri con rispetto e senza paura, troveremo un nuovo modo di vivere nello Spirito. Come ho detto l’anno scorso, il motto dell’Accademia domenicana di Baghdad è: “Qui nessuna domanda è proibita”. Siamo Maria Maddalena, il Discepolo Amato e Simon Pietro, e solo insieme troveremo il Signore che ci aspetta.
Esaminiamo ognuno di quei tre cercatori e vediamo cosa ci possono insegnare per raggiungere i cercatori del nostro tempo.
Maria Maddalena è attratta da un amore tenero. È il suo un amore terreno, fisico, in carne e ossa. Desidera prendersi cura del corpo del suo amato Signore. È sicuramente sinonimo di tutti coloro la cui vita è guidata dalla compassione per i feriti del mondo. Madre Teresa, ha cercato il corpo del suo Signore per le strade di Calcutta. San Damiano di Molokai ha dato la sua vita ai malati di lebbra delle Hawaii.
Pensate anche a quei milioni di persone che non conoscono Cristo e che tuttavia sono pieni di compassione per i sofferenti. Come Maria Maddalena, cercano i corpi feriti.
Il mondo è pieno di pianto. A quattro giorni dall’ultima Assemblea sinodale, Hamas ha commesso quelle terribili atrocità che hanno gettato il Medio Oriente in guerra. Si piange in Ucraina e, sì, anche in Russia per la morte e la mutilazione di centinaia di migliaia di giovani, così come si piange in Sudan e in Myanmar. Uno dei gruppi di studio voluto (nel Sinodo) dal Santo Padre si chiama “Ascoltare il grido dei poveri”. Potrebbe essere chiamato “ascolto del grido di coloro che piangono”. Maria Maddalena è la loro patrona.
Poi Maria Maddalena sente il suo nome: “Maria”; “Rabbuni” è la sua risposta. È giusto che colei la cui vita è guidata da un amore compassionevole e tenero, abbia il suo vuoto riempito dal suo nome. Cercava un corpo morto, ma ha trovato più di quanto potesse sognare, l’amore che è vivo per sempre. Il nostro Dio ci chiama sempre per nome. “Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha plasmato, o Israele: “Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.” (Isaia 43:1)
Il nome significa incontro e presenza del Signore. La prima cosa che avviene nel battesimo è la richiesta del nome. “Come ti chiami?” o ‘Che nome dai al tuo bambino?’. Il nome non è solo un’etichetta apposta sui bambini per distinguerli gli uni dagli altri: Questo non mi farebbe diventare un bambino[4]. Il nostro nome è il segno che siamo apprezzati da Dio nella nostra unicità.
Papa Francesco ha messo a confronto il modo in cui l’imperatore di Roma vedeva il mondo, attraverso un censimento che contava i numeri, e il nostro Dio: “Caro fratello, cara sorella, per Dio, che ha cambiato la storia nel corso di un censimento, tu non sei un numero, ma un volto…. Cristo non guarda i numeri, ma i volti”.
E così anche la nostra missione è quella di dare un nome al Dio che ci cerca nel buio. E di fare tesoro anche del nome e del volto degli altri. Potremo sentire la presenza di Dio solo se saremo presenti gli uni agli altri in questo Sinodo.
Gregory Boyle, SJ, lavora con i giovani membri delle gang a Los Angeles. Il segreto del suo ministero è conoscere i loro nomi. Non solo i loro nomi ufficiali o i loro soprannomi, ma i nomi con cui le loro madri li chiamano quando non sono arrabbiate. Quando chiama il giovane Lula per nome, “sembra che l’abbia fulminato. Tutto il suo corpo è in preda agli spasmi per il piacere di essere conosciuto, di essere chiamato, di sentire il suo nome pronunciato ad alta voce. Per tutto il tragitto sulle strisce pedonali, Lula ha continuato a voltarsi e a guardarmi, sorridendo“[5].
I regimi tirannici cancellano nomi e volti. Ad Auschwitz San Massimiliano Kolbe divenne il prigioniero 16.670. Il Presidente della Russia si è sempre rifiutato di nominare l’uomo che si è coraggiosamente opposto a lui, Alexie Navalny. Era solo “una certa persona”.
Allo stesso modo, Nelson Mandela è diventato il volto dell’opposizione al regime dell’apartheid. Così, quando fu imprigionato, fu vietato che si potesse pubblicare l’immagine del suo volto. Fu cancellato dalla memoria pubblica. Così, quando dopo decenni di carcere gli fu permesso di camminare sulla spiaggia, nessuno lo conosceva. Il suo volto era stato privato del suo potere.
Questo sinodo sarà un momento di grazia se ci guarderemo l’un l’altro con compassione e vedremo persone che sono come noi, in ricerca. Non i rappresentanti degli schieramenti nella Chiesa, quell’orribile cardinale conservatore, quella spaventosa femminista! Ma compagni di ricerca, feriti ma gioiosi. Devo confessare che non riesco a ricordare i nomi (di tutti), in parte perché sono sordo. Questa è la mia scusa. Perdonatemi!
Ma il tenero amore di Maria Maddalena ha bisogno di essere guarito. Gesù le ordina: “Non ti aggrappare a me”. Gli studiosi hanno dato spiegazioni assurde su questa affermazione, la più implausibile tra tutte è che le ferite di Gesù fossero ancora doloranti! Egli invece gli sta dicendo che lei non può aggrapparsi a lui, perché la sua apparizione a lei non è solo sua. La Risurrezione è la nascita di tutta la sua comunità.
Il popolo di Dio non è mai la semplice somma dei battezzati, ma è il “noi” della Chiesa” (IL, 3). Perciò (Gesù vuole che) andate dai miei fratelli per dire loro che: “Io salgo al Padre mio e al Padre vostro, al Dio mio e al Dio vostro“.
Questa è la prima volta che il Vangelo di Giovanni chiama i discepoli “fratelli”. Fratelli tutti!”.
Maddalena dovrà liberare il suo amore da ogni esclusività! Allora sarà pronta a predicare la buona novella ai discepoli: “Ho visto il Signore”. Questa è anche la nostra sfida. Non dobbiamo aggrapparci al nostro Gesù inglese o al nostro Gesù domenicano, ma al Signore nel quale siamo tutti fratelli e sorelle, anche i gesuiti! Questo sinodo sarà fruttuoso se impareremo a dire “noi”. “Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”.
Poi c’è il discepolo che il Signore amava. Anche lui ha il suo modo di amare e il suo vuoto da riempire. Lascia che il vecchio Pietro, sbuffando e ansimando, entri per primo nella tomba buia, ma vede lo spazio vuoto tra gli angeli e crede. Questo è l’amore che dà la vista.
Ubi amor, ibi oculus (Riccardo di San Vittore). Dove c’è amore c’è vista. Egli vede con gli occhi dell’amore e quindi vede la vittoria dell’amore. Il suo Vangelo è quello dell’aquila, i cui occhi si credeva potessero guardare dritto nella luce del sole senza essere accecati. La sua ricerca è supremamente teologica.
Quest’anno ho trascorso due settimane all’Ecole Biblique di Gerusalemme. Quei fratelli vivono all’ombra della morte, a quaranta minuti da Gaza. Rimangono lì, studiando la Parola di Dio, insegnando e pregando. Rimangono come segno che “la luce brillò nelle tenebre e le tenebre non la vinsero” (Gv 1,5).
Il vuoto di Maria Maddalena è sanato quando viene chiamata per nome – la presenza – e quello di Giovanni dalla luce che brilla in quella tomba vuota. Così Gesù incarna tutti coloro che cercano di capire il senso della nostra vita, il vuoto a forma di Dio nel nostro cuore, come diceva Blaise Pascal.
Come i pensatori cristiani, certo, ma anche come tutti coloro che lottano per trovare la luce nell’oscurità della nostra sofferenza, come: i poeti, gli artisti e i registi che si rifiutano di credere che le tenebre abbiano vinto. Per la nostra predicazione della risurrezione, abbiamo bisogno di loro, dobbiamo essere aperti alla loro saggezza, come San Tommaso d’Aquino lo era al pagano Aristotele. L’Aquinate scrisse che ogni “verità, non importa da chi sia detta, viene dallo Spirito Santo” (omne verum, a quocumque dicatur, est a Spiritu Sancto)[6].
Poi c’è Simon Pietro. Il suo vuoto è il più pesante di tutti, è il peso del fallimento. Ha rinnegato il suo amico Gesù. Sicuramente anela a quelle parole di guarigione che saranno pronunciate finalmente sulla spiaggia (di Galilea).
Così la nostra missione pastorale è anche quella di essere accanto a tutti coloro che sono oppressi dal fallimento e dal peccato, di condividere il perdono che abbiamo ricevuto e la nostra scoperta della grazia sorprendente che ci viene da colui che “ha salvato un miserabile come me”. Un tempo ero perduto ma ora sono stato ritrovato, ero cieco ma ora vedo”. La nostra missione è nominare il misericordioso di cui anche noi abbiamo bisogno, come Pietro.
Così, in questa prima scena di risurrezione, vediamo come il Signore risponde a tre forme di ricerca che corrispondono a tre vuoti nella nostra vita: l’amore tenero che cerca la sua presenza, la ricerca di senso e di luce ed il perdono.
Ogni cercatore ha bisogno dell’altro. Senza Maria Maddalena, non sarebbero arrivati al sepolcro. Lei dichiara che il Signore è presente. Senza il Discepolo prediletto, non avrebbero compreso che il vuoto della tomba è la risurrezione; senza Pietro, non avrebbero compreso che la risurrezione è il trionfo della misericordia.
Ognuno di loro rappresenta un gruppo che si è sentito in qualche modo escluso nell’ultima assemblea (sinodale). Maria Maddalena ci ricorda come le donne siano state spesso escluse dalle posizioni di potere nella Chiesa. Come possiamo trovare una via d’uscita, che la giustizia e la nostra fede richiedono? La loro ricerca tocca a noi.
All’ultima Assemblea anche molte teologhe si sono sentite marginali. Alcuni si sono chiesti perché si fossero disturbate a venire. Ma senza di loro non possiamo andare da nessuna parte.
Il gruppo che ha più resistito al cammino sinodale è stato quello dei pastori, dei parroci che condividono soprattutto il ruolo di Pietro come pastori della misericordia. Ma la Chiesa non può diventare veramente sinodale senza di loro.
Quando quasi tutti si sentono gli esclusi, non ci dovrebbe essere competizione per fare vittimismo! La ricerca del Signore nel buio ha bisogno di tutti questi testimoni, come il Sinodo ha bisogno di tutti i modi in cui amiamo e in cui cerchiamo il Signore, come abbiamo bisogno dei cercatori del nostro tempo, anche se non condividono la nostra fede.
Come può tutto questo traboccare nella nostra missione? Queste parole sono attribuite ad Antoine de St Exupery. Sono ancora meglio di ciò che ha scritto realmente: “Se vuoi costruire una barca, non riunire i tuoi uomini e le tue donne per dare loro degli ordini, o per spiegare ogni dettaglio di ciò che devono fare o dove devono trovare tutto…. Se volete costruire una barca, fate nascere nel cuore dei vostri uomini e delle vostre donne il desiderio del mare!“[7] Date alla persone un assaggio d’infinito, ed esse troveranno il modo di costruire barche e di partire per il vasto oceano.
Ognuno di questi testimoni è stato toccato da un amore infinito. Maria Maddalena è stata toccata da una tenerezza infinita; i Discepoli Prediletti sono stati spinti dalla ricerca di un significato senza confini; Pietro, dal bisogno di una misericordia senza limiti, che perdona non sette volte ma settanta volte sette.
Se ci apriamo all’infinito anelito dell’altro, inauguriamo la barca della missione. Ma solo insieme, secondo le parole di Efesini, saremo “resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.” (3.18,19).
Ma questo pomeriggio troveremo i discepoli ancora una volta al buio, in una stanza chiusa.
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[1] Amos OZ, A Tale of Love and Darkness, Vintage, London, 2005, p.110.
[2] Tomáš HALÍK, Pazienza con Dio, Doubleday, New York, 2009, p. 9.
[3] Rainer Maria RILKE, Lettere a un giovane poeta, Lettera 4, 16 luglio 1903. Traduzione di N. D. Herter Norton, W.W. Norton and Company, 1934.
[4] Paul MURRAY OP, “I domenicani e la chiave della conoscenza”, Discorso ai frati domenicani che studiano a Roma – PUST, Angelicum, 19 febbraio 2023.
[5] Ibidem, p. 47.
[6] ST, I II, q.109, a.1, ad 1.
[7] “Creare una nave non significa intrecciare vele, forgiare chiodi o leggere le stelle, ma dare un assaggio del mare, che è uno, e alla cui luce nulla è contraddittorio se non la comunità nell’amore.” (A. SAINT-EXUPÉRY, Citadelle, Gallimard, Parigi, 1959, p. 687, traduzione nostra).
*Riflessione tenuta all’apertura del ritiro sinodale, il 30 settembre 2024, dal frate domenicano ed ex maestro dell’Ordine dei Predicatori, padre Timothy Radcliffe, che ha offerto una sua riflessione a coloro che parteciperanno alla seconda sessione della XVI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, che è iniziata mercoledì 3 ottobre 2024.
Testo originale: Synod Retreat Meditation: ‘Resurrection: Searching in the Dark’