Cerchiamo una chiesa cristiana che sa accogliere i figli delle coppie omosessuali
Riflessioni tratte dal blog homoprotestantes (Spagna), 21 febbraio 2012, liberamente tradotte da Eliana R.
Si, dobbiamo riconoscere che la “nostra chiesa” non ci aiuta nel nostro mestiere di padri… e non perché lì non si predichi il messaggio di Gesù Cristo che vogliamo trasmettere alle nostre due figlie, o perché non ci sia il fermo impegno verso i valori del vangelo che crediamo indispensabili per la loro educazione. No, non per questo.
Non abbiamo mai conosciuto prima una comunità come “la nostra”, dove si esortano donne e uomini ad impegnarsi come cristiani nelle realtà in cui sono coinvolti, ad essere persone e cristiani adulti che osano pensare con la propria testa e a convivere fraternamente con quelli che la pensano in maniera differente.
Che meraviglia essere stati parte di una comunità come questa! E che gran pena doverla abbandonare.
Comunque non ci sembra di stare per lasciarla completamente, una cosa sono le decisioni che dobbiamo prendere per il nostro bene e per quello della nostra famiglia, e altra è la profonda amicizia che ci unisce con le tante e tante persone con cui abbiamo condiviso esperienze reali e vere per tanto tempo.
Sappiamo bene che, se più di undici anni fa non fossimo entrati in questa chiesa, ora la nostra fede sarebbe stata affogata nel desolante mare del conservatorismo e fondamentalismo che percorre il panorama evangelico spagnolo.
Per questo, le critiche che in alcune occasioni le ho rivolto, non devono leggersi mai come dettate dal rancore, ma piuttosto dall’amore e dalla gratitudine che sento per lei.
Non è una chiesa perfetta, come qualsiasi altra comunità che cerca di seguire Gesù ha le sue contraddizioni ed imperfezioni.
Non chiediamo l’impossibile, sappiamo che anche noi dobbiamo accettarla per quello che è, e così abbiamo fatto per tutti questi anni.
Senza dubbio però abbiamo trovato uno scoglio impossibile da superare, la sua posizione rispetto alle persone, alle coppie e famiglie omosessuali che, per molto avanzata che sia rispetto alle altre chiese, è inaccettabile per qualsiasi persona lesbica, gay, bisex e trans che rispetti la dignità che Dio le ha dato e che prenda sul serio il suo progetto di famiglia.
E’ impossibile per una famiglia cristiana formata da due uomini che vogliono proteggere le loro figlie dai messaggi omofobi che le circondano, trasmettere loro l’amore di Dio per ogni essere umano, all’interno di una comunità che non riconosce la loro realtà familiare.
L’armadio è molto doloroso, anche se è dentro una chiesa… e come qualsiasi padre o madre comprenderà, metterci dentro le proprie figlie, sapendo quello che significa, sembra proprio un peccato inaccettabile.
E quindi siamo qui, esposti alle intemperie, come Maria e Giuseppe di fronte alla porta della taverna che si chiude definitivamente e senza sapere ancora dove passare la notte.
Cercando una comunità in cui non si obblighi nessuno a pensare quello che non pensa e in cui tutti e tutte possano vivere il vangelo partendo dalla nostra realtà personale e familiare, anche le nostre figlie.
Una comunità imperfetta come quella che era “nostra”, dove essere donne sia un regalo e non un’imposizione. Dove ognuna delle nostra figlie possa arrivare ad essere la donna che vuole e ad amare chi veramente vuole.
Una comunità dove avere due padri, due madri, un padre e una madre, o qualsiasi altra forma familiare, dica loro solo che esiste gente che le ama e che si preoccupa per loro. Una comunità cristiana vera, non cerchiamo niente di più.
Lo cerchiamo solo per loro, una comunità basata sui principi del vangelo, non sulle abitudini e sui pregiudizi.
Una comunità di amore per tutte e tutti, non solo per la maggioranza.
Una comunità come quella che fino ad ora era “la nostra”, ma che segua la vocazione alla quale sa di essere chiamata, fino alle conseguenze estreme.
Testo originale: Se busca iglesia para hijas de dos padres gays