Che differenza incontra uno psicoterapeuta funzionale nella terapia con una persona transgender?
Riflessioni di Roberta Rosin* e Chiara Dalle Luche**, autrici di “Sconvolti. Viaggio nella realtà transgender” (Alpes Italia, 2017, 110 pagine)
“Che differenza incontra uno psicoterapeuta funzionale nella terapia con una persona transgender rispetto ad altri pazienti?”.
L’interessante domanda che molte persone ci fanno, porta già in sé la risposta. Le persone sono persone. Di ritorno da pochi giorni dal Congresso internazionale della WPATH (World Professional Association for Transgender Health), che si teneva a Buenos Aires, con maggior consapevolezza e spunti di confronto, possiamo affermare che il lavoro terapeutico con le persone transgender deve avere delle caratteristiche che non sono da riferirsi alla metodica, ma all’attenzione delicata da prestare alla persona.
Il percorso di psicoterapia, è bene ricordarlo, è uno dei passaggi importanti, ma ha da essere svolto in team con tutti gli specialisti che intervengono durante la transizione: psichiatri, endocrinologi, chirurghi, sessuologi, avvocati. Noi siamo solo un pezzo importante, ma solo un pezzo.
Come psicoterapeute Funzionali lavoriamo sapendo che il fulcro è la persona, o Sé, e con esso la ricostruzione o riconnessione delle Esperienze di Base che lo sconvolgimento della transizione, desiderata e agognata, richiede. Il presupposto del nostro approccio è molto semplice: la persona è un insieme integrato di Funzioni (ormonali, cognitive, posturali, emotive, etc.) ed è necessario tenere conto della circolarità dei Sistemi Integrati che, se ben funzionanti, ci fanno vivere con intensità e pienezza, ma dobbiamo tener conto che anche questa circolarità può frammentarsi o ancor peggio interrompersi come in un qualsivoglia circuito. Questa circolarità nelle persone transgender, ma non solo, si è sciupata ed è necessario intervenire non solo attraverso la cura ormonale.
Ad esempio nell’Essere calmi, non è sufficiente solo la volontà, ma necessitiamo di un respiro diaframmatico, movimenti morbidi, emozioni positive, una leggera vagotonia, etc. se tutto questo non è compresente, non siamo nella calma ma in un altro stato. I pazienti arrivano non sempre desiderosi e consapevoli dell’urgenza di una comprensione di un nuovo modo di fondersi col mondo, ma spesso la richiesta diventa l’accelerare il tutto per passare alla cura ormonale foriera di un corpo tanto desiderato. E’ in questo momento che il nostro operare fermo ma deciso, calmo e amorevolmente determinato deve aprire uno scenario in cui non solo tutti gli aspetti del Sé, ma anche le Esperienze di Base carenti, vengono riarmonizzate.
Fare sperimentare la Calma, l’Aprirsi, l’Affermazione attraverso Tecniche Funzionali diventa porta d’accesso ad una cognizione di Sé che prende spazio. Ma l’aspetto fondamentale rimane il lavoro che noi attuiamo sul corpo e con il corpo delle persone in cui tecniche di ripristino della respirazione diaframmatica, recuperare movimenti lenti, accudire le loro gambe cullandole in braccio, sono solo alcune delle tecniche Funzionali che ci consentono di creare un ponte tra il mondo di dentro ed il mondo di fuori.
Quando la persona che ha iniziato il percorso di transizione e attraverso la psicoterapia Funzionale sente che può prendersi questo tempo per capirsi e migliorare il fluire tra dentro e fuori, allora il nostro scopo è raggiunto. Poiché la fretta di raggiungere un nuovo corpo lascia lo spazio ad una integrazione ben più sintonica.
* Roberta Rosin. Psicoterapeuta Funzionale, socia ONIG (Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere), docente-supervisore Scuola di specializzazione in Psicoterapia Funzionale. roberta@robertarosin.com
** Chiara Dalle Luche. Psicologa, Psicoterapeuta Funzionale, socia ONIG, vicepresidente Associazione Consultorio Transgenere di Torre del Lago (LU) chiara.dalleluche@consultoriotransgenere.it