Che fare se un prete mi rifiuta un sacramento?
Testo pubblicato sul sito di Devenir Un En Christ, associazione cattolica francese per cristiani omosessuali, libera traduzione di Giuliano e Giovanna del gruppo Davide di Parma
Vedersi rifiutare un sacramento è sentito come un’umiliazione terribile accompagnata da un sentimento di ingiustizia. Ci si trova di colpo come respinti dalla Chiesa, che dovrebbe essere nostra Madre e prendersi cura di noi. C’è chi si scandalizza tanto da rompere definitivamente con la Chiesa, se non con la fede stessa, in quanto il rifiuto da parte dei ministri di Dio può essere interpretato come rifiuto da parte di Dio. Tuttavia evitiamo di accusare subito questi preti di omofobia, come talvolta si è portati a fare. Loro stessi devono attenersi al dettato della loro coscienza, in funzione di quanto la formazione ricevuta, l’approccio teologico e talvolta la mancanza di conoscenze permettono loro di capire la situazione. Non c’è diritto ai sacramenti: sono sempre pura grazia.
L’amore di Dio rivelato e manifestato in Gesù Cristo si china, tocca il peccatore, lo innalza fino a lui, per donargli di partecipare alla sua pienezza, rendendolo sempre più simile a lui, fino a raggiungere la perfezione della statura di Cristo. Ma la chiesa per amministrare i sacramenti ha fissato delle regole.
È chiaro che il battesimo, che apre le porte della fede, presuppone, nel candidato che si presenta, una conversione , cioè un ripensamento interiore, un voltare la faccia davanti al male, al peccato. La cresima, che perfezione il dono dello spirito, presuppone una reale disponibilità alla sua azione, manifestata con un impegno di vita coerente.
L’eucarestia deve essere ricevuta “ in stato di grazia”, da cuore lontano dalla contaminazione del peccato grave (cioè commesso in materia grave, in piena coscienza e con deliberato consenso). Il sacramento della riconciliazione presuppone la conversione e l’impegno a vivere una vita per quanto possibile conforme al Vangelo.
In quest’ottica possono manifestarsi serie difficoltà: certi pastori, che si considerano guardiani della legge, considerano non tanto le persone omosessuali quanto quelle che praticano atti omosessuali come generalmente indegni dei sacramenti, a meno di una conversione vissuta come abbandono completo, radicale e definitivo di questi.
Esiste anche una scelta pastorale per cui, caso per caso, il pastore, buon conoscitore delle sue pecore, non può pensare di lasciarle senza soccorso o assistenza. Per ognuna il Cristo ha donato la sua vita e le chiama tutte alla salvezza. Dal momento che i sacramenti sono dati per pura grazia ai peccatori per aiutarli a lasciarsi trasformare dall’amore di colui che vuole salvarli, il pastore non potrebbe nemmeno prendere in considerazione di rifiutarli a persone omosessuali, anche se hanno relazioni sessuali; allo stesso tempo, li inviterà a un cammino di onestà, a esigenze concrete, serie e proporzionate.
È questo il comportamento che papa Francesco raccomanda con forza: invita anzi i preti a essere attenti alla complessità delle situazioni e alla sofferenza delle persone, privilegia la misericordia, riconosce che una persona che vive in una situazione oggettiva di peccato non è necessariamente responsabile e può crescere nella grazia e nella carità.
Ricorda che il confessionale non deve essere una camera di tortura ma il luogo della misericordia del Signore (Evangelii Gaudium 44) e che«l‘eucarestia non è un premio destinato ai perfetti ma una medicina e un alimento per i deboli» (id., 47). Non dimentichiamo mai che Gesù è «venuto a chiamare non i giusti ma i peccatori» perché «non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati» (Mc 2,17).
Testo originale: Que faire si un prêtre me refuse un sacrement ?