Chi è il mio prossimo? Il mio incontro col Papa insieme alle persone transgender e ai loro genitori
Riflessioni di Fabio Trimigno del gruppo Zaccheo Puglia sul Vangelo di Luca 10, 25-37 e l’esperienza con le amiche transgender di Torvaianica.
La domanda posta a Gesù è: “Cosa fare per ereditare la vita eterna?” E il segreto sembra stare nel verbo “amare il prossimo”. E il dottore della legge continua dicendo: “E chi è il mio prossimo?”
“Proximus” deriva dal latino ed è il superlativo dell’aggettivo “prope” che significa vicino: pertanto significa “molto vicino”, che si trova a brevissima distanza nello spazio. Ma di questo aggettivo c’è anche un altro significato legato più all’aspetto temporale che spaziale, un significato che, a mio avviso, trova un senso ancora più profondo: “prossimo” significa anche “che sta per giungere o di fatto vicino a accadere, a verificarsi”
Il 22 giugno 2022 all’udienza generale del Papa in piazza San Pietro, io assieme a sei donne transgender, una mamma di un ragazzo transgender, un giovane gay, un sacerdote e tre piccole suore del Sacro Cuore di Charles de Foucauld siamo stati così prossimi al Papa da stringere non solo le sue mani, ma a parlargli delle nostre vite.
Prossimi lo siamo stati non solo nel senso dello spazio, ma soprattutto nel senso del tempo: eravamo prossimi per aggiungere storia alla storia. Eravamo vicini ad un fatto, ad un evento che stava accadendo e verificandosi in quel preciso istante: eravamo prossimi a cambiare il tempo della nostra Chiesa.
Quel giorno ho raccolto le storie di sei donne transgender cristiane in un dolore che isola assolutamente, ma è da questo isolamento che nasce l’appello all’altro.
Ho conosciuto donne transgender invisibili agli occhi della società, persone che non esistono, donne transgender cristiane come fossero creature di un Dio minore, ma che nonostante tutto hanno saputo raccontarmi l’amore del Padre di cui sentono la presenza più di quanto io l’abbia potuto testimoniare a loro. Donne che sanno regalare surrogati di amore e vendere momenti effimeri di sesso a uomini soli e confusi, forse perché in fondo queste donne sono prossime a conoscere il sapore di una solitudine che confonde l’anima con l’anima e il corpo con il corpo.
Ho raccolto la freschezza di un giovane prete che corre con la sua auto a tutta velocità sulla strada di Torvaianica per recuperare queste amiche che lavorano in strada, per aiutarle a farle fare il vaccino anti-covid. Ho conosciuto un’auto a tutta velocità, un’auto senza freni come l’anima di questo sacerdote che corre a distribuire viveri quando queste amiche non hanno cibo; un uomo che corre e non si ferma, un uomo che non conosce soste e che continua ad essere presente quando qualcuna di loro ne ha bisogno.
Ho raccolto la testimonianza di una mamma di un ragazzo transgender alla quale il Papa ha donato parole di speranza e coraggio, per sostenere la vita dei propri figli aldilà della sofferenza inflitta dagli ormai anacroinistici capitoli di un catechismo che non regge più la realtà del popolo di Dio.
Ho raccolto la bellezza di un giovane gay che non ha mai smesso di credere nell’amore di un Dio misericordioso.
Ho raccolto l’inesauribile forza di una suora ottantenne che vive in un Luna Park con altre consorelle, dedicandosi alla catechesi dei figli dei giostrai, dei circensi e degli artisti di strada, esponendo il Santissimo in un caravan. Una suora piccolina e gracilina, ma forte e sicura della potenza dello Spirito che la spinge a portare Cristo nelle periferie piuttosto che deportare masse di fedeli nelle chiese.
Non è la molteplicità dell’essere umano che crea una socialità, non è il numero immenso di esseri umani che crea una umanità: è piuttosto questa relazione che ha il suo inizio nel dolore in cui si fa appello dell’altro.
E’ nel dolore dell’altro che io mi turbo.
E’ nel dolore dell’altro che scopro che l’altro non mi è più indifferente, ma mi è prossimo.
E’ la compassione di tanti altri uomini e donne di buona volontà che permette l’incontro con uomini e donne della comunità lgbt+ amati da Dio.
Colui che ama il prossimo è forse quel ferito che concede all’altro l’occasione di divenire pienamente sé stesso, di farsi umano e compassionevole a immagine di Dio: in questo dono è racchiusa l’espressione più alta della dignità umana.
Soffrire non ha senso, ma soffrire con l’altro per ridurre la sofferenza dell’altro è la sola giustificazione alla sofferenza: oggi posso credere fermamente che ogni volta che io mi offro al prossimo per ridurre la sofferenza dell’altro mi scopro sempre più prossimo alla mia dignità.
Tutti incappiamo in briganti.: i briganti potrebbero essere i doni che Dio ci ha fato e dei quali facciamo cattivo uso (i nostri sentimenti, la nostra vita, il nostro corpo, la nostra intelligenza …)
quando non sono investiti di amore, ma di egoismo e narcisismo.
Quando abbiamo una cattiva opinione di Dio, non ci accettiamo più come una sua creatura, ci sentiamo “spogliati, percossi, mezzi morti” come quell’uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico, e il nostro bisogno dell’altro diventa come un’insidia, una vergogna, un’umiliazione.
Il nostro bisogno invece potrebbe essere il luogo prossimo – nello spazio e nel tempo – d’incontro tra me e il Creatore, tra me e i miei fratelli.
Gesù diventa il buon Samaritano e viene a noi: solo coloro dei quali il Buon Samaritano si prende cura sono prossimi a percorrere il suo stesso cammino.
Solo se siamo capaci di cogliere l’amore di Dio per noi saremo prossimi ad amare il prossimo.
Beati saranno gli occhi di coloro che vedranno il Samaritano Gesù curvarsi sulla propria esistenza.
Possiamo essere buoni cristiani se non disdegnamo la prossimità.
Possiamo essere buoni cristiani se pratichiamo un intervento all’ultima ora, all’ultimo momento, nell’assistenza immediata, nell’ora prossima.
Noi tutti – impegnati nella chiesa, nella politica, nel sociale, nella cultura, nella scienza, nella ricerca, … – dobbiamo essere prossimi ad una grande capacità di discernimento dei segni del tempo e dello spazio, che irrompono nell’oggi e diventano già carne e sangue.
Don Tonino Bello scriveva: il comandamento di Dio e dell’amore è ormai una legge possibile: “va’, e anche tu fa’ lo stesso“.
Allora chiediamoci: sarà questa l’eredità per una vita eterna?
* Un sincero ringraziamento va a ZACCHEO Puglia, al Progetto TRANSizioni de La Tenda di Gionata, a don Andrea Conocchia, a Suor Genevieve e a tutte le amiche transgender di Torvaianica.