Chi ha paura del Gay Pride?
Articolo del 3 marzo 2013 di Roberto Puglisi pubblicato su livesicilia.it
Coro di proteste contro il patrocinio della Regione al Gay Pride. Critiche di molti lettori di Livesicilia contro un sostegno giudicato eccessivo. L’indignazione è forte. Ma completamente sbagliata.
Leggendo i commenti a corredo dell’articolo in cui diamo notizia del patrocinio della Regione al Gay Pride, si viene colti da una sensazione surreale. Come un viaggio nella macchina dei tempi o dei luoghi.
Leggi, rileggi e ti sembra di essere improvvisamente catapultato in un paese islamico o in un Occidente pre-rivoluzionario, tanta è la quantità di rifiuto che emerge. Naturalmente siamo contemporanei, latori di un contemporaneo razzismo in maschera. L’eterosessuale doc parte col giro largo (“ho amici omosessuali e li rispetto”), poi scende in picchiata accusando l’inquilino di Palazzo d’Orleans di sprechi e adombrando una sorta di conflitto di interessi, visto che il presidente Crocetta è un gay dichiarato che non si inginocchia all’altare del senso di colpa.
Anzi, dà tranquillamente alla sua inclinazione contorni allegri, quando non li lascia intravvedere boccacceschi. Un omosex santo patrono degli omosex. Coro di sfondo delle brave persone di Chiesa: ha bestemmiato!
Mettiamo il fenomeno a fuoco. A chi scrive non piace la forma soggettiva del Gay Pride. Tuttavia non si può negare alla manifestazione il ruolo oggettivo di sentinella di diritti a parole non conculcati, nella prassi sfregiati dalla convivenza quotidiana. Preferirei un corteo di uomini e donne, senza aggettivi.
Un serpentone sobrio, composto, per rivendicare presso le teste ostinate la normalità della diversità. Se sei un omosessuale adulto non hai bisogno di travestirti da tacchino per urlare in faccia al mondo il tuo stato, dimostrando un apprensivo retroterra di fragilità, uniformando il codice della protesta fino al totalitarismo cromatico e gestuale.
Vorrei una marcia di esseri umani, ognuno vestito come gli pare. Dopo gli slogan, finisce lo sventolio degli striscioni, ricomincia il lunedì della prossima settimana. Ed è lì che si combatte la battaglia di chi non vuole sentirsi soffocato per la declinazione del proprio bagaglio amoroso e sessuale.
La coreografia è discutibile. Ha ragione chi rimprovera agli organizzatori un’eccessiva politicizzazione dell’evento. Indiscutibile è il senso vero del Gay Pride: la rinascita della memoria e della speranza, contro gli ostacoli ancora nascosti sotto la bonomia del vicino di casa, del compare di studio, del compagno di scrivania.
Torniamo alle critiche di molti commentatori. Che senso ha affermare che ‘la Regione dovrebbe essere imparziale, cioè laica, e non lo è nella presente occasione?’. La laicità è il caposaldo dei diritti di tutti. L’obiezione appare infondata. Appresso, insorge una sorta di protesta automatica.
Perché si aiutano i gay e non i disoccupati, le coppie etero a spasso, i cani mutilati e i gatti abbandonati? E’ il grillismo sotterraneo di chi vede caste protette e congiure a ogni angolo. Ribaltando la strumentalizzazione, la domanda risorge immediata: perché negare spazi e sostegno a una causa meritoria? Perché non fare nulla, con la scusa che prima non si è fatto nulla?
A noi il patrocinio concesso Gay Pride pare cosa buona, laica e giusta. Ma siamo consapevoli di vivere l’età primitiva di un nuovo mondo rovesciato. Che chiama il bene male. E trova conforto nell’offesa gratuita.