Ma tra voi chi è il “peccatore”? (Lc 15,1-3)
Riflessioni bibliche di Kharma Amos e Greg Carey pubblicate sul sito Out in Scripture (Stati Uniti) nel gennaio 2013, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Luca 15,1-3 e 11b-32, il racconto del figliol prodigo, è stato interpretato in maniera differente a seconda di quale protagonista si prendesse in considerazione. Se guardiamo il figlio più giovane, il prodigo, poniamo l’accento sul pentimento individuale e la salvezza. Se rivolgiamo l’attenzione al padre evidenziamo la compassione di Dio che accoglie il peccatore pentito. Se parliamo del fratello maggiore ci vengono in mente i primi versetti di Luca 15, in cui Gesù riceve delle critiche per il suo stare in compagnia dei peccatori.
Tutte queste interpretazioni si basano sulla dinamica del racconto e sono tutte significative. Nella nostra conversazione ci siamo sentiti attirati in particolare dal fratello maggiore, il cui risentimento verso il congiunto pone termine alla storia. Ora che molte lesbiche, gay, bisessuali e transgender hanno trovato un posto in molte chiese, come ci relazioniamo con coloro che restano esclusi e che vivono ai margini, i “peccatori” dei nostri giorni?
Tutti e tre i vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) descrivono la dimestichezza di Gesù con i peccatori, ma Luca sviluppa questo tema con una speciale enfasi. Quando Gesù crea il miracolo della pesca nella barca di Simon Pietro, questi grida “Signore, allontanati da me che sono un peccatore!” (Luca 5,8). Quando Gesù cena con Levi l’agente delle tasse, i suoi oppositori protestano per la compagnia di cui si circonda (Luca 5,27-31). Quando la “peccatrice” irrompe nel banchetto e asciuga i piedi di Gesù con i suoi capelli, i commensali di Gesù si chiedono perché egli permetta a una tale donna di avvicinarlo (Luca 7,36-50). Quando Gesù vede Zaccheo sull’albero, si invita a casa sua (Luca 19,1-10). Anche in prossimità della sua morte Gesù annuncia la salvezza al criminale in croce vicino a lui (23,43).
In che modo una persona viene classificata come “peccatrice”? Cosa intendete per “peccatore”?
I sociologi hanno dimostrato, attraverso delle ricerche, ciò che le persone LGBT conoscono per esperienza: la parola “peccatore” è un’etichetta sociale, un mezzo per escludere alcune persone marchiandole come devianti o moralmente inferiori. I “peccatori” comunque non devono essere per forza moralmente inferiori. Per guadagnarsi la loro etichetta tutto quello che devono fare è essere in qualche modo diversi. Madri single, senzatetto, malati mentali, disabili, tutti portano lo stigma della società, a prescindere dalla loro religiosità o dal loro eroismo morale.
In un vangelo che porta riconciliazione, tuttavia, bisogna sbarazzarsi di simili etichette (2 Corinzi 5,16-21). La via di Gesù ci invita alla tavola comune, non a fare distinzioni e tracciare confini. Infatti queste mense comuni non si trovano al centro, il luogo dell’accettabilità e dell’approvazione della maggioranza. Piuttosto le mense attorno alle quali Gesù ci invita si trovano su o oltre i margini dove vive chi viene etichettato.
Tutte le storie di “peccatori” nel vangelo di Luca hanno una cosa in comune: in nessuna di esse Gesù corregge i peccatori o li invita a cambiare il loro comportamento. Semplicemente Gesù entra in contatto con loro. Infatti nella sua parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18,9-14) egli descrive un peccatore che implora semplicemente il perdono e non uno che si pente. Non c’è da stupirsi che dei responsabili religiosi, quelli che sostengono la teologia del giudizio, deplorano le compagnie di Gesù; egli faceva comunella con i peccatori (15,1-3).
Il Salmo 31 (32) similmente celebra la salvezza dell’”uomo a cui è rimessa la colpa” (versetto 1). Leggendo il salmo, emerge il collegamento con la parabola del figliol prodigo. La grazia di Dio risiede non nella nostra abilità morale di pentirci ma in Dio che liberamente ci accoglie, in qualsiasi circostanza ci troviamo. Questa è il filo rosso che vediamo anche nel ministero di Gesù.
Cosa evoca, in voi e in altri della comunità LGBT, la presenza di Dio? Gioia, pace, pentimento, perdono, paura, conforto, speranza, coraggio, solitudine, comunità o impegno per la giustizia? Quali sono i vostri sentimenti nei confronti di un Dio che è presente a coloro che spesso vengono chiamati “peccatori”? La storia sacra di Israele richiama l’asservimento in Egitto e la liberazione divina. Giosuè 5,9-12 esprime il fatto che le Scritture di Israele non hanno mai rinunciato a questo umile retaggio. Fin dal suo primo ingresso nella terra promessa il popolo celebra Pasqua (Pesach). Pesach ribadisce annualmente che Dio ha eletto Israele non per merito della sua eccellenza morale, politica o militare, ma perché Israele ha vissuto la sua elezione durante l’asservimento e la liberazione. Ogni anno il popolo mette in scena la sua redenzione “dall’infamia d’Egitto” (versetto 9).
Le persone LGBT che sono state coperte d’infamia ed escluse dalle comunità religiose, che sono state dichiarate responsabili della disintegrazione di congregazioni locali come di intere denominazioni, faranno bene a ricordare la loro storia, non considerarla un segreto vergognoso da dimenticare. Quella storia è parte integrante della loro storia di salvezza e di quella della Chiesa tutta.
Quali sono i momenti della storia della comunità LGBT che riflettono l’opera costante e liberatrice di Dio? In che modo le persone e le comunità tradizionalmente emarginate possono rivivere le loro storie di emarginazione e redenzione?
La nostra preghiera
Dio prodigo, ti rendiamo grazie
per la vastità della tua misericordia
e la magnificenza del tuo benvenuto.
Ricordaci i modi in cui
le nostre braccia possono accogliere coloro
che possono sentirsi esclusi dal circolo del tuo amore.
Amen
Testo originale: Lent Year C