Chiesa cattolica e omosessualità: tra dottrina e pastorale
Dossier di Adrien Bail pubblicato sul settimanale cattolico La Vie (Francia), n.3946 del 15 aprile 2021, pag.12-14, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, parte prima
Il Vaticano ha recentemente ribadito la proibizione di benedire le coppie dello stesso sesso: questo non fa che rivelare una volta di più la crescente scissione tra la volontà di apertura delle diocesi e la dottrina congelata attorno al concetto di “legge naturale”.
Sorpreso? Jean-Michel Dunand purtroppo non lo è mai stato, ma rattristato e costernato, quello sì: “Non è mai piacevole sentirsi dire che si è fuori dal disegno di Dio, e in un certo senso, di essere un peccato che cammina” ci dice il priore della Communion Béthanie, una comunità di preghiera che raggruppa cristiane e cristiani “transgender e sensibili al tema dell’omosessualità”.
Messo di fronte alla “ferita” del responsum pubblicato il 15 marzo dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, Jean-Michel Dunand dice: “Mi aggrappo al magistero verbale e non verbale del Papa, perché fin dall’inizio, Francesco ha fatto gesti potenti, con i quali ha continuato a manifestare la sua vicinanza, e non posso fare a meno di constatare il grande divario tra il suo atteggiamento e i discorsi della Curia e di numerosi vescovi”.
“Amicizia e pacificazione”
Consapevole di questo muro contro muro, papa Francesco insiste nell’approccio pastorale: “Ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare «ogni marchio di ingiusta discriminazione» e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza. Nei riguardi delle famiglie si tratta invece di assicurare un rispettoso accompagnamento, affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita” scrive nell’esortazione apostolica Amoris laetitia (§ 250), pubblicata dopo il secondo Sinodo sulla famiglia, nel 2015.
Al centro di questa pastorale troviamo il concetto di “discernimento”: “Il Papa incoraggia a discernere a partire dalla propria situazione particolare (omosessualità, vita di coppia), in modo da poter procedere in un cammino di santità. Non si mette in discussione la norma, ma si tiene conto della singolarità degli individui” ci spiega la salesiana Catherine Fino, laureata in medicina e in teologia, che insegna all’Istituto Cattolico di Parigi.
Nel solco tracciato dalla Amoris laetitia numerose diocesi hanno approntato iniziative di ogni tipo: accoglienza e accompagnamento individuali, gruppi di condivisione, pellegrinaggi etc.; per le numerose persone impegnate in questa pastorale, tutto questo costituisce un’occasione di scoprire realtà di vita cristiana sconosciute, e molto spesso di ascoltare splendide testimonianze di coppie, di uomini e donne che si impegnano reciprocamente per la vita e coltivano i valori autenticamente evangelici della fedeltà e dell’apertura e dell’attenzione all’altro.
“È la pastorale dell’amicizia e della pacificazione” spiega Isabelle Parmentier, che da otto anni se ne occupa nella diocesi di Poitiers. Per lei la nota della Congregazione suona come una crudele “sconfessione”. Le numerose reazioni che ha potuto registrare il giorno della pubblicazione l’hanno convinta a scrivere un articolo pubblicato dal [quotidiano cattolico] La Croix, intitolato “Benedire le coppie omosessuali: non rubateci la speranza!”: “Le persone coinvolte, assieme alle loro famiglie, si scoraggiano, e questo complica il nostro lavoro, in particolare nelle parrocchie tradizionalmente più rigide: d’ora in poi dovremo essere più discreti”.
“La complessità dell’esistenza”
Il responsum sembra essere uscito con poco tempismo, ovvero a qualche giorno dall’indizione (il 19 marzo) dell’Anno della Famiglia voluto dal Papa: “Questo tema avrebbe potuto essere l’oggetto di una riflessione, arricchita da testimonianze provenienti dal basso” dice Catherine Fino. C’è anche “un problema di linguaggio”, come sottolinea Véronique Margron, teologa morale e presidente della Conferenza dei Religiosi e delle Religiose di Francia (Corref ), che si chiede se “la modalità domanda-risposta scelta dalla Congregazione sia la migliore per affrontare la complessità dell’esistenza”.
Per il gesuita Bruno Saintôt, responsabile del dipartimento di etica biomedica della [università gesuita] Centre Sèvres, tutto questo è molto significativo: “Arriva il momento in cui lo scarto tra l’accoglienza, messa in pratica dalla pastorale, e la dottrina intangibile, non è più compreso, né accettato. La pastorale non può più evolversi senza mettere fortemente in discussione la dottrina. Del resto il Papa, nella Amoris laetitia, ha cercato appunto di mettere in atto una migliore interazione tra pratica pastorale e dottrina”.
Del resto, nel corso della Storia, la Chiesa ha già rivisto dei punti dottrinali, come l’esistenza del limbo, smentita ufficialmente nel 2007 da Benedetto XVI, o la pena di morte, che Francesco nel 2018 ha cancellato dal Catechismo della Chiesa Cattolica, convalidando in maniera ufficiale quello che già era l’insegnamento dei suoi predecessori. Un’evoluzione di questo tipo sull’omosessualità potrebbe comunque avere delle ripercussioni pratiche immediate, in particolare nel campo della bioetica.
Testo originale: ÉGLISE ET HOMOSEXUALITÉ. Entre pastorale et nœuds théologiques