Chiesa cattolica e omosessualità. A che punto siamo?
Articolo di Andrea Rubera* pubblicato sul settimanale Adista Segni Nuovi n°26 del 4 luglio 2020, p.8
Organizzato da tre associazioni nazionali di cristiani LGBT (sigla che sta per Lesbian, Gay, Bisexual e Transexual), Cammini di Speranza, La Tenda di Gionata e Fondo Samaria, il 18 giugno scorso ha avuto luogo la presentazione online del libro Chiesa e omosessualità. Un’inchiesta alla luce del magistero di papa Francesco, raccolta di articoli e interviste pubblicate da Luciano Moia, caporedattore di Avvenire, nel corso degli ultimi anni.
A moderare l’incontro, Giovanni Panettiere, redattore del consorzio QN (Quotidiano Nazionale) che ha introdotto e accompagnato gli interventi di Luciano Moia stesso, di Cristina Simonelli (presidente del Coordinamento Teologhe Italiane) e di Gianni Geraci, figura attiva da decenni tra i gruppi di omosessuali cristiani italiani.
Al centro della conferenza ovviamente il libro, la cui principale peculiarità è quella di essere una delle prime pubblicazioni ufficialmente edite da una casa editrice storicamente cattolica: il Gruppo Editoriale San Paolo.
Luciano Moia ha da tempo intrapreso su Avvenire un cammino di racconto variegato di esperienze, opinioni, storie, “propedeutico” a fornire elementi di comprensione della realtà omosessuale a partire dalla vita delle persone e non dalla visione proposta dalla dottrina, che è e rimane decisamente netta sulla definizione di «intrinsecamente disordinati» applicata agli «atti di omosessualità».
Tutti gli interventi hanno posto al centro del discorso il cambiamento che comunque si è generato dall’inizio del papato di Bergoglio laddove, se la dottrina, come ricordato, non è messa in discussione, l’approccio pastorale lentamente si sta aprendo a esperienze di inclusione delle persone omosessuali e transessuali, anche in luoghi, come le comunità parrocchiali, dove fino a pochi anni fa era impensabile potesse avvenire.
Cristina Simonelli ha definito «coraggiose» le esperienze di pastorale inclusiva portate avanti in Italia da alcuni religiosi, in primis il gesuita padre Pino Piva.
Ed è proprio sulla definizione di “coraggioso” applicate a queste esperienze che si legge la frattura che, ancora oggi, sul tema “omosessualità” separa nettamente in due la Chiesa cattolica: le persone omosessuali e transessuali cristiane, e le comunità più aperte e progressiste, vedrebbero, infatti, maturi i tempi per una più decisa messa in campo di strumenti di accoglienza, anche a prescindere da percorsi “riservati alle persone omosessuali” che, secondo questa visione, dovrebbero essere integrate nei percorsi comunitari, a partire dalla loro condizione esistenziale, inclusa la dimensione di coppia (nel corso della conferenza non a caso è venuto fuori il dibattito, generato all’interno di alcuni settori autorevoli della Chiesa cattolica tedesca, sulle benedizioni per le coppie omosessuali).
Per i settori più conservatori e fondamentalisti, invece, queste posizioni “coraggiose” appaiono secondo una luce diametralmente opposta, quasi al limite di essere bollate come eretiche.
Il libro racconta questa spaccatura, dando voce sia a esponenti a favore dell’apertura della pastorale per le persone LGBT (lo stesso padre Piva, ma anche i relatori della conferenza, Gianni Geraci e Cristina Simonelli), ma anche a voci contro, come quella di padre Víctor de Luna, coordinatore di Courage Italia, il movimento che ha l’obiettivo di liberare le persone omosessuali cattoliche dalla tentazione della sessualità attraverso il metodo dei dodici passi basato sul sistema utilizzato dagli Alcolisti anonimi.
Il racconto di Moia descrive molto asetticamente lo stato dell’arte della questione omosessuale all’interno del dibattito cattolico. Quali i limiti di questo racconto? La voce diretta dell’opinione delle persone omosessuali o transessuali, limitate nel libro all’intervista, pur ricca, a Gianni Geraci.
Al momento sembra che il mondo “istituzionale” della Chiesa cattolica abbia necessità di approfondire le tematiche relative a fede e omosessualità in maniera intermediata. Ovvero: ascoltandole dalle parole di accademici, teologi e religiosi. Ancora limitate le esperienze di coinvolgimento diretto di persone omosessuali (nel Sinodo straordinario sulla Famiglia del 2014, che pur in parte trattò la questione, non fu ospitato nessun intervento di un rappresentante omosessuale).
Quando si potrà leggere delle nuove vere frontiere della pastorale richieste dalle persone omosessuali e transessuali stesse? Come, ad esempio, il poter essere accompagnate come coppie sia alla preparazione della vita insieme sia in percorsi dedicati alle famiglie dalle parrocchie? È questo un capitolo del racconto ancora tutto da scrivere.
* Andrea Rubera è attivo in Cammini di Speranza, l’associazione nazionale delle persone Lgbti cristiane