Chiesa cattolica e omosessualità: i nodi teologici
Dossier di Adrien Bail pubblicato sul settimanale cattolico La Vie (Francia), n.3946 del 15 aprile 2021, pag.14-17, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, parte seconda
La Bibbia condanna l’omosessualità?
La questione porta con sé tre “nodi” teologici. Il primo riguarda il rapporto con le Scritture: la Bibbia condanna l’omosessualità?
È un dubbio legittimo, e molto dibattuto. “Questa domanda è una trappola” afferma il biblista svizzero Thomas Römer, autore, assieme a Loyse Bonjour, del libro “L’omosessualità nella Bibbia e nel vicino Oriente” (Claudiana, 2019).
Römer contesta l’idea della condanna biblica: per prima cosa, i versetti che accennano al tema non sono numerosi, e non si prestano all’elaborazione di una teoria sistematica; in secondo luogo, il concetto di omosessualità, nel senso di identità affettiva stabile, eventualmente vissuta all’interno di una relazione di coppia, compare solamente nel XIX secolo.
Dice il biblista Philippe Lefebvre: “Ciò a cui accenna la Bibbia non ha un rapporto immediato con le nostre problematiche odierne. I pochi testi in questione riguardano degli atti che vengono giudicati in modo negativo in virtù della loro violenza, o in quanto mettono in discussione l’ordine di una società in cui è inconcepibile non ricoprire il ruolo che ci è stato assegnato”. In quella società un uomo non poteva indossare vestiti femminili, né essere in posizione sottomessa durante un rapporto sessuale.
Philippe Lefebvre indica un altro scoglio, vale a dire una lettura superficiale: “La lettura della Bibbia è prudente e paziente, non la si può piluccare per trovare i passi che sostengano le nostre argomentazioni. Se vogliamo arruolare il Levitico per dire che l’omosessualità va condannata, che dire della pena di morte e della schiavitù, che il medesimo libro dà per scontate?”.
Oltretutto, ci sono testi che soffrono di controsensi problematici, come il racconto di Sodoma e Gomorra (Genesi 19), il cui vero argomento non è l’omosessualità, e nemmeno la depravazione sessuale, bensì il rifiuto dell’ospitalità: “Gli abitanti di Sodoma vogliono abusare sessualmente degli ospiti di Lot (che sono degli angeli!) perché rifiutano gli stranieri” spiega Philippe Lefebvre. Qui si parla dunque dello stupro come arma di sottomissione e umiliazione.
Sono interpretazioni avanzate da numerosi biblisti a partire dagli anni ‘80 del secolo scorso, e la Pontificia Commissione Biblica ha ritenuto utile riprenderle nel recentemente pubblicato “Che cosa è l’uomo? Un itinerario di antropologia biblica” (Libreria Editrice Vaticana, 2019), opera che si propone di chiarire il dato biblico. Gli autori consacrano una quindicina di pagine ai racconti in cui si parla di atti omosessuali; la stessa Commissione definisce i suoi sforzi “una interpretazione intelligente, che protegge i valori che il testo sacro intende promuovere ed evita di fare propri certi tratti culturali di quell’epoca”.
Il testo, presentato come materia di riflessione per i teologi, è prudente nell’interpretazione, e contestualizza e relativizza diversi versetti, in particolare le condanne proferite da san Paolo, l’unico autore del Nuovo Testamento che accenna al tema, senza che l’omosessualità sia mai al centro del suo insegnamento.
Nell’Epistola a Timoteo Paolo stila una lista di “dottrine” devianti, tra le quali troviamo gli atti omosessuali, ma “senza fornire spiegazioni in merito, come se fosse un argomento ben conosciuto e condiviso” all’interno della comunità cristiana del tempo, spiega la Pontificia Commissione Biblica (§ 192)
Rileggere la “legge naturale”
Il secondo nodo teologico è il rapporto con la Tradizione, il cui giudizio negativo sugli atti omosessuali, giudicati “contro natura”, non è di ieri: “I Padri della Chiesa hanno ripreso l’argomento teologico degli ‘atti contro natura’ dai filosofi stoici, argomento che poi è stato riformulato nel XIII secolo da Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa, al quale dobbiamo l’essenza della morale cattolica” spiega Bruno Saintôt. Per Tommaso la “legge naturale” esprime il progetto di Dio per l’uomo, la sua natura profonda.
L’uomo deve riconoscere, attraverso la ragione, le leggi inscritte da Dio nella sua natura spirituale e morale perché possa veramente sviluppare la sua dignità, la sua libertà, il suo vero bene. Tommaso definisce cattivo tutto ciò che va contro la natura dell’uomo, giudicato secondo le categorie scientifiche della sua epoca: la sessualità omosessuale non è “ordinata” secondo la natura dell’uomo, che consiste nell’essere fecondo, e quindi nel procreare. Questo intende il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) parlando di atti “intrinsecamente disordinati”.
Questa tradizione, però, da più di mezzo secolo è stata scossa alle fondamenta dai dati storici, filosofici, medici, delle scienze umane. Come già abbiamo avuto modo di vedere, la storia ci permette di evitare gli anacronismi: “Ciò che oggi chiamiamo omosessualità risponde a degli schemi molto diversi da quelli dell’antichità greca e romana: ai quei tempi l’omosessualità era in genere concepita in rapporti di dominazione, come quello di un padrone con i suoi schiavi, come negli anni ‘80 dello scorso secolo ha dimostrato lo storico Paul Veyne” sottolinea Bruno Saintôt.
La medicina e le scienze umane, inoltre, testimoniano che l’orientamento omosessuale è permanente, non “scelto” e non volontario, e l’enciclica Persona humana, nel 1975, l’ha riconosciuto come un dato di fatto. Nel 1986 la Congregazione per la Dottrina della Fede ha ritenuto che “la particolare inclinazione della persona omosessuale” non può essere considerata peccaminosa, ma comunque “costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale” (Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, § 3).
“Negli anni passati certi teologi, appoggiandosi ad alcuni sviluppi della psicanalisi, hanno adoperato il concetto di ‘alterità’ per affermare che le persone omosessuali avrebbero una sorta di difficoltà costitutiva a rispettare l’alterità del/della partner. Oggi questo argomento non è più utilizzato, né dagli psicanalisti, né dai teologi” afferma Bruno Saintôt.
Agli inizi degli anni 2000 la tesi del “narcisismo” e della “immaturità affettiva” era ancora fortemente sostenuta da Tony Anatrella, influente sacerdote e psicoterapeuta, che per molti anni ha goduto della fiducia dei vescovi francesi prima e di Roma poi, e che è stato uno degli autori del testo emanato nel 2005 dalla Congregazione per l’Educazione cattolica, che proibisce agli uomini omosessuali l’accesso al seminario. Sospettato di abusi (omo)sessuali, Anatrella nel 2018 è stato sospeso a divinis e gli sono state proibite l’attività terapeutica e ogni tipo di intervento pubblico.
Infine, la filosofia ha provocato un autentico terremoto nel concetto stesso di sessualità: “A partire dagli anni ‘30 del secolo scorso la corrente personalista di Emmanuel Mounier ha avuto grandi ripercussioni sul pensiero cristiano, ed è emersa una nuova comprensione della sessualità e delle finalità del matrimonio: la sessualità viene concepita come una componente fondamentale della persona, come una sua modalità essenziale di espressione. La sessualità ha a che fare con il dono e la comunione tra persone, mentre la procreazione non è più concepita come fine principale del matrimonio” precisa Bruno Saintôt.
Tale nuova concezione della sessualità ha avuto un’influenza diretta non solo sul Concilio Vaticano II, in particolare per quanto riguarda la costituzione Gaudium et spes, che mette in luce i concetti di “alleanza coniugale” e di “intimità”, ma anche su Giovanni Paolo II e sull’elaborazione della sua teologia del corpo, in cui il piacere è stato finalmente legittimato: “Da qui deriva che la concezione personalista permette di prendere le distanze dall’idea di ordine naturale: la natura non può venire identificata con il solo ordine biologico, perché quest’ultimo va integrato in una personalità. La concezione personalista permette di valorizzare certe unioni omosessuali stabili, senza per questo mettere in discussione la teologia del matrimonio” aggiunge il docente gesuita.
Il matrimonio e altre forme di impegno
Il terzo e ultimo nodo teologico è quello del sacramento del matrimonio. Nella Amoris laetitia Francesco riprende la conclusione dei padri sinodali: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia” (§ 251); “Il matrimonio è l’unico punto di riferimento: al di fuori di esso, nulla è legittimo. Stesso problema con i divorziati risposati. Per uscire dall’impasse la Chiesa dovrebbe prendere atto che esistono altri modi di vivere in coppia, e considerare tali situazioni per quello che sono, non in relazione a quel matrimonio da cui sono escluse; si potrebbe allora riconoscere che le coppie dello stesso sesso possono vivere una relazione che le umanizza, possono vivere una fede profonda e interrogarsi su ciò che la Chiesa fa per loro” riflette Véronique Margron.
Il testo “Allargare il matrimonio alle persone dello stesso sesso? Cominciamo a discutere!”, pubblicato nel 2012 dal consiglio per la famiglia e la società della Conferenza Episcopale Francese, sottolinea il valore dell’impegno: “La società, proprio come la Chiesa nell’ambito che le è proprio, avverte questa richiesta da parte delle persone omosessuali e può cercare una risposta. Continuando ad affermare l’importanza dell’alterità sessuale e il fatto che le coppie omosessuali si differenziano da quelle eterosessuali per l’impossibilità di procreare naturalmente, vediamo comunque [da parte delle coppie dello stesso sesso] il desiderio di impegnarsi nella fedeltà a un affetto, un attaccamento sincero, un prendersi cura dell’altro, una solidarietà che smentisce la riduzione della relazione omosessuale a semplice erotismo”.
Testo originale: ÉGLISE ET HOMOSEXUALITÉ. Entre pastorale et nœuds théologiques