Chiesa e omosessualità, è cambiato qualcosa?
Annotazioni di Massimo Battaglio
Nelle varie diocesi italiane, la ricezione della famosa nota “Fiducia supplicans” sta procedendo con alterne vicende. Molti vescovi vorrebbero parlarne ma non osano perché temono di dare scandalo (il Papa scandalizza? Un po’ come il Vangelo, direi). Altri procedono nell’ombra, cercando di barcamenarsi tra le vessazioni organizzate che provengono dall’arcipelago tradizionalista.
Occorrerebbe ricordare ad alcuni di essi che, in quell’arcipelago lì, sguazzano gruppi che non hanno alcun riconoscimento ecclesiale, nessuno Statuto approvato dalle autorità locali o dalla Santa Sede, nessun accompagnatore religioso. Sono mere associazioni culturali. Hanno solo un mucchio di soldi e legami forti a livello politico. Prenderle in considerazione e fermare il proprio operato per rispetto o per paura nei loro confronti equivale a farsi irretire da un Circolo delle bocce o da un Dopolavoro aziendale.
Chi invece sembra aver preso sul serio il dibattito sulle tematiche LGBT+, non solo in relazione a “Fiducia Supplicans“, è la diocesi di Pinerolo, guidata da mons. Derio Olivero, che, pochi giorni fa, ha organizzato una serata il cui relatore è stato il teologo don Marco Gallo, sacerdote molto vicino ai nostri temi. Riportiamo il testo del suo intervento:
«Premessa: Il tema ‘Chiesa e omosessualità’ andrebbe riscritto come ‘Chiesa e sessualità’.
E’ innegabile che, se non abbiamo strumenti sull’omosessualità, essi non bastano nemmeno sulla sessualità. Il cattolicesimo, sulla sessualità, deve sentire che bisogna camminare.
Vorrei dire cosa ritengo inaccettabile. Perché c’è un inaccettabile, aimè praticato anche nei nostri ambienti. E l’inaccettabile è che, in alcune condizioni non rare, i nostri ragazzi dicono che, come in famiglia anche in parrocchia, condividere ciò che vivono sulla sessualità è per loro impossibile. Alcuni dicono: “ho parlato coi miei genitori. A parte che erano cattolici, ci siamo capiti”.
La Chiesa, della sessualità, non ha parlato, nella storia. E’ solo ultimamente, che ha preso in mano il discorso. E un tema entro il quale c’è da lavorare evitando la violenza, cioè il togliere la parola a qualcuno.
Ora leggeremo un versetto che ci conduce verso questo orizzonte:
“la messe è abbondante ma pochi sono gli operai. Pregate dunque il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe”.
Questo versetto non si lamenta della scarsità di operai ma dice di una messe abbondante. Io sono stato incaricato tre anni fa di studiare il tema ‘Cristianesimo e omosessualità’. E grazie a Dio. Mamma mia che tesoro! Il mondo non è privo di sorprese.
Primo punto: non è un tema ma noi parliamo si storie di persone.
Rispetto ai nostri tempi, i nostri ragazzi sono forse più liberi e più disinibiti sulla sessualità? Manco per niente. Lo sono solo diversamente.
L’imperativo, fino agli anni ’90, era: “non avrai rapporti sessuali prima del matrimonio”. Oggi, non è che non ci sia imperativo; è solo diverso: ‘tu vivrai una sessualità sempre felice, possibilmente quando lo desideri’. E’ un imperativo, diverso ma non meno pesante.
A differenza di un tempo, l’immersione nella porno-banalità e nella pornografia è significativa. La pornografia, che non ha nessun intendo narrativo o educativo, è l’iniziatore dei nostri bambini e ragazzi. Mediamente, in Europa, l’età del primo contatto con la pornografia è di sette o otto anni. Perché è un rischio? Perché il bambino, al primo contatto con l’immagine erotica, prova un’esplosione emotiva a cui non sa dare un posto. E l’esplosione emotiva è di sentirsi in colpa.
Quindi, l’ingresso nella sessualità non è diventato più facile. E’ diventato diverso. Una volta c’erano tabù e difficoltà; oggi non siamo in un tempo di tranquillità ma di porno-banalità. La masturbazione offre un sollievo da un desiderio molto forte. Ma sollievo e piacere non sono la stessa cosa. La sessualità è un dono di Dio meraviglioso perché offre quella grazia che è il piacere. Ma, per avere il piacere, occorre distogliersi dal bisogno. (…)
L’educazione sessuale contemporanea è la filosofia del “safe sex”, cioè: il sesso è un ambito in cui si può entrare se si sa come difendersi e proteggersi. Noi, con questo modo di educare, immaginiamo che la sessualità sia ciò che può rovinarci la vita. Ed è così: si possono prendere malattie, rimanere incinta, fare in modo che il proprio progetto non sia… Ma la sessualità è anche quell’ambito in cui la parola è superata dalla realtà, in cui la fantasia è più importante del corpo. Ed è meravigliosa, perché è fertile, spaventosa, ed è vita soltanto se ci si abbandona. E abbandonarsi è possibile se non ci si deve difendere.
Noi parliamo di persone e non di un “tema” – l’omosessualità – perché ci sono delle urgenze. Noi cristiani non abbiamo niente da dire in proposito? Dobbiamo solo chiedere scusa per come abbiamo parlato di omosessualità? Anche, magari. Ma non è vero che non c’è niente da dire. Per esempio, c’è da dire che il grande tabù di oggi è mettere le persone davanti a una cosa impossibile.
Cosa si dice oggi nei corsi di educazione sessuale? Si dice: “devi essere responsabile e saper dire di no se non vuoi”. E’ un imperavito che pare impossibile. Eppure l’amore è un dono. Ciascuno di noi può stare da solo. Occorre distruggere questa schiavitù della coppia fusionale, che è all’origine di tante violenze.
Due persone che sanno stare da sole vivono la sessualità come qualcosa che porta alla maturità. Ma, senza la coppia, si vive lo stesso. La coppia è una banalità inventata nell’ottocento. Il fatto che per ciascuno ci sia la possibilità di una coppia a disposizione, è un’esagerazione che Dante non avrebbe neanche immaginato, e così tutto il rinascimento. L’abbiamo inventata con il romanticismo tedesco.
Quindi noi non parliamo di una cosa in cui la Chiesa deve svegliarsi eccetera. Noi stiamo parlando di ascoltare, ascoltare la vita, le persone e, se permettete, anche la nostra personale sessualità. Perché tutti, finché respiriamo, ne siamo immersi.
Secondo punto: la Chiesa parla di sessualità solo da due secoli.
C’è chi dice che il lavoro di papa Francesco su questo tema sia rivoluzionario e c’è chi dice che non è cambiato niente. C’è in effetti una bella offerta ma è sul tema del linguaggio, non su quello delle regole.
Il romanticismo è una corrente culturale con la quale la Chiesa non ha capito che non doveva fare amicizia. Cosa dice il romanticismo? Vi ricordate: “l’uomo è parte della natura ma è impotente. La natura è quella forza che, quando prende possesso di noi, ci porta dove vuole. Se ti innamori, non c’è niente da fare. Se stai con una persona di cui eri innamorato ma non senti più amore, non c’è niente da fare: la natura ti porterà dove devi andare”. L’eroe romantico finisce normalmente impiccato o sotto un treno. L’amore, per il romanticismo, è una delle forze più impressionanti ma, nel suo disordine, è distruttivo.
Quindi, in Europa, dove il cristianesimo è stato culturalmente fortissimo, nel settecento, emerge questa corrente culturale che dice: “noi sembriamo liberi ma siamo presi da spiriti, da passioni naturali contro le quali non c’è niente da fare. Se l’amore è finito, prendine atto. Se l’amore nasce, sarai spontaneamente capace di amare”.
Ricordate qual è la risposta cattolica al romanticismo: I Promessi Sposi di Manzoni, dove i due eroi non sono eroi ma i due amanti, sposi, sono persone che si perdono e si ritrovano. E Renzo impara ad amare Lucia durante il suo romanzo di formazione. Manzoni, che è cattolico, non crede che la natura sia più forte della libertà umana ma dice: tu, come donna, puoi costruire un modo più maturo di amare. Tu, come uomo, puoi avere di fronte un prepotente e, nello stesso tempo, la tua donna non lo amerà perchè l’amore è più forte della potenza.
Manzoni coglie questa sfida. Ma aimè, la pastorale non l’ha colta. “Che dono di Dio innamorarsi; il Signore vi ha fatto incontrare”, si dice. Avete mai incontrato una frase del genere nella Scrittura? Ma forse, in un’omelia per un matrimonio, l’avete incontrata. Ecco: la Chiesa entra in questa sfida del romanticismo, il quale ha fatto tanti danni.
Il romanticismo ha inventato la camera da letto. Prima, il letto matrimoniale non è mai esistito. Fino all’800, ognuno andava dove voleva a fare le cose che voleva ma dormire accanto a uno che russa per tutta la vita non era contemplato. Si dormiva tutti nella stanza (per i poveri); si dormiva in stanze diverse (andate a vedere una reggia). L’esagerazione romantica per cui una coppia debba coricarsi felice in un letto per tutta la vita, nasce ieri. E se è nata ieri, forse, non è eterna.
Un altro disastro del romanticismo: le persone che non si sposano, le zitelle, gli scapoloni. Queste persone, che normalmente ci sono sempre state, e che tra l’altro curavano i genitori a nome di tutti gli altri, sono state prese come mezze umanità.
A parte che oggi ci sono in Italia sedici milioni di single, che, su sessanta… trovo che sia una cosa impressionante. Ma il romanticismo ti dice che, se persino la “Bestia” de “La Bella e la Bestia” ci ha una morosa, chi sei tu per non averla. Giustamente, i ragazzi ti dicono: “ma dove sta scritto?”, eppure noi li abbiamo vaccinati con tonnellate di stupidaggini Disney che dicono questo: “l’amore è facile, spontaneo, ne hai diritto”.
Ma quale diritto? L’amore è una vocazione, non un diritto. La coppia è un dono ma di tanto in tanto o forse per tutta la vita ma, sicuramente, non è una condizione che va da sola.
Nella stessa epoca del romanticismo, Napoleone crea lo Stato moderno e il matrimonio diventa affare dello Stato. E’ stato per milletrecento anni affare della Chiesa; col Codice Civile francese diventa un contratto civile. Cosa abbiamo detto noi del matrimonio civile? Abbiamo detto che non è un vero matrimonio (…).
Oggi, quando i figli, che di solito non si sposano, ti dicono che si sposano civilmente, tu dici: “non è poco”. Perché è vero: che cos’è il matrimonio civile? E’ assumersi delle responsabilità garantendo alcuni diritti agli altri, normalmente ai più poveri. Eppure, nel 1880, noi abbiamo detto che il matrimonio civile non è niente.
Qualcuno ha mai sentito parlare del caso Fiordelli? Successe che l’arcivescovo di Prato, monsignor Fiordelli, disse, in un’omelia, che due dell’Azione Cattolica che stavano andando a convivere: “sono pubblici concubini”. Loro avevano un negozio e nessuno è più andato da loro. Quindi denunciarono il vescovo, che perse. Tutte le campane della città di Prato suonarono a lutto per dire “lo Stato non ci capisce”.
Nel 1930, gli anglicani dissero che l’uso della pillola non è contro il Vangelo: la contraccezione non è contro la fede. Nello stesso anno, il Papa pubblicò un’enciclica in cui diceva: “non è la tecnica a fare l’umanità” (…). E cominciò così la questione della contraccezione.
Nel 1968, finito il Concilio, papa Paolo VI chiese un confronto per scrivere un documento che allargasse il dialogo, in modo che ci si capisse meglio. La commissione incaricata di lavorare si spaccò in due. La maggioranza parlava della contraccezione come di uno strumento da usare responsabilmente; la minoranza diceva che ogni forma di contraccezione è contro la natura voluta da Dio. Paolo VI, molto travagliato, scelse il documento di minoranza e lo riassunse nell’enciclica Umanae Vitae. Questa enciclica provocò uno scisma silenzioso. Le persone sensibili tentarono ma non riuscirono e le persone che non riescono, a un certo punto, non parlano (…). La sessualità, nella Chiesa, non entra.
Capite quindi che la cosa “Chiesa e sessualità”… mah. Il vero ambito è “Chiesa e sessualità”.
Terzo tema: l’omosessualità
Vi leggo una citazione tratta dal romanzo “Fabrizio Lupo”, (…) di un autore italiano, Coccioli, su un omosessuale cattolico degli anni ’60. E’ una storia molto bella (…), sentite:
“se è madre di tutti gli uomini, la Chiesa non può rinnegare l’uomo. Tu sei un uomo; la Chiesa non può rinnegare l’amore. E’ stato proclamato che dove è amore è Cristo. Se pubblicassi il libro di Fabrizio L., che è omosessuale, io non temerei la Chiesa, né la sfuggirei. Al contrario, invierei il mio libro ai teologi, ai moralisti, ai pubblicisti della Chiesa con questa parola: signori, qui vi si fa una gran domanda; è vostro dovere rispondere. Nessuno vi ha autorizzati a condannare un uomo che, nell’ordine e nella purezza, ama secondo la propria natura. Se lo faceste, lo obblighereste ad associarsi ad altri uomini per invocare la venuta di un Cristo della loro razza. Il vostro Cristo, che voi taceste, non li riguarderebbe più. Perderebbe ogni diritto sulle loro anime.
La mia voce si era elevata e, palleggiando un’arancia sbucciata, Fabrizio Lupo mi guardava fissamente e disse: ma qual è la risposta della Chiesa alle domande che i miei simili le rivolgono da secoli?
Non seppi rispondere”.
Aimè, abbiamo risposto. Faccio sempre fare ai miei studenti questo esercizio: leggere i sette documenti del magistero sull’omosessualità, uno dopo l’altro. Ci vuole un’oretta ma non si arriva alla fine. Son scritti bene eh! Ci son cose interessanti. Ma il linguaggio, per noi, oggi, è offensivo.
1983: “la malattia dell’omosessualità”… e avanti così. (…)
Fate attenzione che la nostra generazione è quella che ha fatto il passaggio da una società chiusa, che per secoli si è retta sull’onore ma oggi non può più farlo, a una società aperta.
Che cos’è la società chiusa? E’ quella dove è chiaro quello che puoi fare: il lavoro, gli orientamenti, le persone di cui puoi fidarti e non fidarti. La società chiusa ha come base la differenza: maschio / femmina. Ti vesti così; fai questo / non fai l’altro; impari a stirare / non è necessario; nobiltà / appartenenza al popolo; clero / laici. La base della società chiusa è l’onore. In una società dell’onore, le persone si perdono raramente perché non c’è nessuno che è lasciato da parte; c’è sempre qualcuno che si occupa di loro, qualsiasi cosa possa loro accadere (…).
Ma che cos’è l’onore? E’ una bella cosa: l’onore è il principio per cui la tua parola vale. Se tu dici una cosa, noi ci fidicamo di quello che dici. Ma, se perdi l’onore, sei fuori (…). Se una persona perde l’onore, non ha il diritto di richiedere tutte le cose che ha prestato agli altri. Quando il padre diceva alla figlia che restava incinta: “ma cosa dirà di noi la gente”, non stava pensando alle chiacchiere. Stava pensando che nessuno gli avrebbe più dato lavoro e che loro sarebbero tutti morti di fame.
Noi non siamo una generazione dell’onore. Ma dobbiamo renderci conto che quella generazione lì aveva i suoi vantaggi e i suoi pesi. Noi li vediamo entrambi e vediamo che sono molto importanti ma siamo passati a una società aperta.
In una società aperta, le differenze non sono significative. Sono più significative le appartenenze, la dignità. Che cos’è la dignità? E’ il fatto che ogni valore non ha bisogno di essere conquistato; ce l’hai già in partenza. E’ una cosa bella, questa, però porta come conseguenza che nessuno oggi sa cosa debba fare un padre. Se qualcuno ha il dono di essere papà (…) non può pensare di fare il padre come suo padre ha fatto con lui (…). La società della dignità parte dal fatto che uomo / donna non è più una differenza significativa (…).
Sulla sessualità, questo cambiamento è enorme.
Numero quattro: qui ci divertiamo
L’omosessualità, in fondo, è contro natura perché la conformazione dell’apparato genitale non è fatta per rapporti omosessuali. Col primo rapporto omosessuale maschile, qualcuno va all’ospedale. In effetti, non è come un rapporto eterosessuale. La conformazione dimostra che un rapporto eterosessuale è in qualche modo più comprensibile. Allora, da secoli, qualcuno ha usato l’espressione “contro natura”. Ecco: questa è la prima categoria che oggi è impossibile usare.
Infatti: che cos’è la natura? Che cos’è naturale per un essere umano? Cosa sarebbe “contro natura” per un essere umano? Ecco: niente di ciò che facciamo è dipendente dall’essere maschi o femmine. Niente. Per esempio, si dice che è naturale per un uomo avere dei figli. Eppure io non mi sento particolarmente disumano. Avere dei figli è una bella possibilità umana ma sottoposta alla cultura.
Fino a due generazioni fa, sapete che una donna, nella nostra zona, aveva mediamente sei figli. E’ naturale avere sei figli? Nessuna di voi direbbe di sì. Allora la procreazione non è naturale. E’ una delle tante cose che una persona deve accogliere dandole una forma.
Dire che l’omosessualità è contro natura significa dire che la natura è qualcosa di comprensibile e che qualche atteggiamento andrebbe condannato. Ma non c’è niente di naturale che non sia culturale. Infatti, se leggi la storia o viaggi un po’, vedi che ciò che per te è scontato, da un’altra parte è assolutamente inaccettabile e viceversa.
Se volete, l’uomo, visto che ha il pollice opponibile e ha la mano, non vive più secondo natura da sempre. Perché scrive, perché cucina, perché si rapporta non più nel senso della necessità. E se vogliamo entrare nel tema della sessualità, che cosa c’è di fisico nella sessualità umana? Molto poco. La sessualità umana è principalmente fantasia e cultura. E’ sogno, ricordo, poesia, difficoltà, incontro, sconfitta… questa è la sessualità umana. Di piacere fisico c’è pochissimo. Ma il piacere fisico diventa enorme e bellissimo se dentro c’è tutta questa costruzione culturale.
Nell’epoca della dignità non esiste il sesso. Esiste la sessualità.
E la sessualità è politica.
Come tu decidi di vivere la tua sessualità è un diritto; diventa un modo di stare al mondo. E non può essere diverso. Cosa vuole lo Stato sul rapporto che ho io con la persona che amo? Oggi, la sessualità è molto di più di un’espressione umana. Mi definisce come identità. Infatti diciamo: “gli omosessuali”, “lui è gay, lui è etero”. E “etero” è una categoria che definisce tutta la persona proprio a partire dalla sessualità.
Noi dell’epoca della dignità, con la sessualità abbiamo veramente un rapporto politico.
Questa dimensione della sessualità, riferita all’omosessualità, diventa addirittura inafferrabile. Sapete che un “mondo omosessuale” non esiste. La sigla conta, al momento attuale, otto lettere. Io non le so tutte. Ne uso cinque perché sono quelle che la scienza sociologica e teologica ha accettato: LGBT+. In effetti, non basta dire “omosessuale”? Eh no perchè “gay” o “lesbica”… è tutto un altro mondo; non è difficile immaginarlo.
Non voglio far battute facili ma vi sembra che la fedeltà maschile sia la stessa cosa della fedeltà femminile? O che ciò che rende assolutamente insopportabile una persona sia la stessa cosa per un uomo o per una donna? (…) Ciò che caratterizza le coppie gay è molto diverso da ciò che caratterizza e coppie lesbiche. Per esempio, il desiderio di paternità, tra le coppie gay, è bassissimo. Tra le coppie lesbiche è elevatissimo.
Quindi, quando uno parla di “mondo omosessuale”… non è tutta la stessa cosa.
Trans: la questione della disforia di genere è complessa (…). In quelle famiglie in cui il figlio o la figlia dicono. “papà, mamma, è così”, sapete cosa succede da quel momento? Succede che non si può più parlare: “ti sei svegliatA bene?” “Mamma, ti ho detto che sono un maschio”. “Non chiamarmi più Marco. Da oggi mi chiami Anna”. E’ difficile fare una frase. Nel mondo gay e lesbico non è la stessa cosa (…).
Quindi, tutto questo mondo non si racchiude sotto una sola cosa. Sono storie che vanno ascoltate singolarmente. E dentro, ci sono cose interessanti.
Proviamo ad arrivare a una proposta
Quello di Francesco è un pontificato che, effettivamente, non ha detto cose diverse. Ma ha posto delle chiavi che ci impongono un ascolto veramente differente. Giovanni Paolo II scrisse (…) un documento sulla morale, che si chiama “Veritatis Splendor”, in cui si diceva: “la verità, non è che ognuno ha la sua. Esiste, la verità. E la coscienza obbedisce a ciò che si impone come verità”. Amoris Laetizia, di Francesco, non contesta questa cosa ma dice: “qualsiasi sia la situazione, anche quella che noi riteniamo più lontana, non è priva di elementi di grazia”. In ogni situazione, anche quella che non sappiamo neanche nominare, noi crediamo che ci sia qualche elemento di grazia. E questo (…) è così dall’inizio: dalla Genesi (…).
Genesi 2:
“il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comandamento all’uomo: tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino ma, dell’albero del bene e del male, non devi mangiare perchè, nel giorno in cui ne mangerai, certamente, dovrai morire”.
“E il Signore disse: non è bene che l’uomo sia solo. Voglio fargli un aiuto che gli corrisponda. Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati. In qualunque modo l’uomo avrebbe chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli esseri del cielo e a tutti gli animali selvatici. Ma l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse.
Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò. Gli tolse una delle costole e richuse la sua carne al suo posto. Il Signore Dio formò, con la costola che aveva tolto all’uomo, una donna. E la condusse all’uomo. E l’uomo disse, questa volta essa è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. La si chiamerà Donna perché dall’uomo è stata tolta. Per questo, l’uomo lascerà suo padre e sua madre; si riunirà a sua moglie e i due saranno un’unica carne.
Ora, tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna”.
La questione del cambiamento nel rapporto rispetto alla tematica LGBT+ non è questione di bontà. Queste cose non avvengono per bontà ma perché è questione di giustizia e di scoperta. E dobbiamo tenere conto che la Scrittura, che è il nostro strumento di rapporto con Dio, queste cose, le sa. In che senso?
Voi sapete ciò che rendeva una donna “persona” al tempo in cui è stato scritto questo testo. Una donna poteva testimoniare in tibunale? No: “dieci donne non varranno la parola di uno straniero”. Cosa impediva a un uomo, di mandare via sua moglie il lunedì mattina alle otto? Niente. C’è un solo evento che rende una donna “persona”: il parto di un figlio maschio. Se una donna partoriva solo femmine, nisba, ma, come partoriva un maschio, diceva come Eva quando partorì Caino: “ho appena acquistato un maschio”: ci sarebbe stato un maschio che l’avrebbe difesa per sempre.
Come funzionavano i matrimoni all’epoca di questo testo? Un uomo, spesso il padre della ragazza, addocchiava, comprava, pagava, e la ragazza veniva condotta, nove mesi dopo il contratto, nella casa del ragazzo, dove avrebbe vissuto con una madre che non era la sua.
Ecco: avete sentito che in questo brano si parli di figli? No. E allora, cosa faceva una vera coppia? E poi: si dice che la donna abbandona suo padre e sua madre? No: si dice che è il maschio, che li abbandona. Vedete quindi che questo testo non segue la cultura dell’epoca. Dice che l’amore è solo con ciò che è diverso da te. E’ simile, perché non parliamo di animali, ma è diverso. Non è “maschio o femmina”. Anche nell’amore omosessuale, ciò che ci attrae è che l’altro è un’altra storia. E’ ciò che mi manca. E’ la scoperta di un mondo. L’amore è sempre l’incontro con una differenza.
L’uomo decide i nome degli animali (…) ma, alla donna, non può dare un nome. Lui si chiama “ish”, l’umano, e lei si chiama “ishà”, l’umana. Alla donna, il nome, non l’ha dato il maschio. L’ha solo riconosciuta. E qual’è la prima parola detta dall’uomo nella storia dell’umanità? E’ questa: “questa volta, lei è quella giusta”. La prima parola dell’umanità non è “mamma” ma è un canto erotico. L’unica cosa che merita di essere detta è la scoperta di un amore.
Quale ruolo ha Dio rispetto al loro incontro? “Non è bene che l’uomo sia solo”, dice Dio. Ma l’uomo non era solo: Lui c’era. Ma non pretende di bastargli. (…) Allora accompagna l’uomo nella scoperta, con degli errori.
Cosa può significare questo se ragioniamo sul luogo, sul posto dei credenti omosessuali nelle nostre comunità?
Primo: il nostro Sinodo è il primo documento ecclesiale in cui i numeri rispetto alla vita di fede di queste persone sono stati scritti “con” queste persone, non “su” queste persone. E cambia tanto. Vi faccio un esempio:
Nel mondo LGBT+ non si può usare l’espressione “tendenza omosessuale”. La si ritiene offensiva. Suona come se un giorno potesse passare (…). Il Sinodo è la prima pratica ecclesiale in cui ci sono stati dei gruppi di genitori e di persone LGBT+ che hanno dialogato e camminato. Il frutto è un linguaggio diverso, in cui non si usa più “contro natura” o “secondo natura”, e dove questa dimensione non ha trovato soluzioni chiare ma… ci si ascolta diversamente. E non è poco.
Ho incontrato persone che potevano benissimo diventare preti ma non l’hanno fatto, a cui era stato detto: “fallo, fa’ il prete, sei veramente splendido, però non dire quello che provi”. E questo li ha fatti saltare. La prima violenza è non poter parlare. Non è giusto.
Secondo: avete sentito che, a dicembre, il Papa ha firmato un documento che permette la benedizione di coppie in relazione omoaffettiva o in seconda unione. Bene. E’ molto interessante perché, due anni prima, era stato pubblicato un altro documento che lo proibiva. Dicevano: “se benedici una coppia omosessuale, allora perché non c’è il matrimonio omosessuale? Allora, siccome non c’è questo, non dev’esserci neanche la benedizione”. Questo nel 2021. Nel 2023, l’ultimo documento dice: “no, un conto è parlare di matrimoni; un altro è dire che lì non si può riconoscere niente di buono. Anzi: la cura reciproca, l’equilibrio, l’amore per le vicendevoli famiglie, la compagnia, l’amore stesso, vanno riconosciuti come segni di Dio”.
Peccato che, per fare in modo che non sia confuso con un matrimonio, il Papa – o l’autore – inventi l’idea di “benedizione pastorale” che è una benedizione che non dev’essere fatta in chiesa davanti all’altare, senza abito liturgico, senza libro, e in pochi secondi, quasi un po’ furtiva. Questo è un problema.
Ora: i vescovi africani hanno immediatamente protestato. Che straordinario! E’ la prima volta che delle conferenze episcopali non europee prendono la parola e lo fanno dicendo: “noi non crediamo che l’omosessualità abbia un posto nelle nostre comunità; non benediremo mai le coppie omosessuali”. Delle coppie di divorziati non han parlato; tac! Subito di omosessuali. Ed è impressionante come hanno usato la Bibbia: “perchè la Genesi dice che l’uomo lascerà suo padre e sposerà sua moglie; non c’è scritto che sposerà un altro uomo”.
Ma in realtà, questo documento non è abbastanza. Si può fare un’obiezione: siamo durante un Sinodo; perchè non ne parliamo al Sinodo? Perché dev’essere il Papa a scrivere un documento di suo pugno?
Io non credo che immaginare un matrimonio cristiano omosessuale sia al momento possibile, perché non è la sessa esperienza. Ma, come nella storia abbiamo inventato dei sacramenti che non c’erano, io mi immagino che queste sorelle e fratelli siano profeti e ci porteranno verso ciò che non conosciamo, non verso l’usare ciò che già abbiamo.
Non è la stessa esperienza. Non è amicizia, perché l’amicizia è un’altra cosa. E’ un amore omosessuale, e ci sarà forse qualcosa che dovremo scoprire, che chiameremo in un altro modo. Secondo me, l’espressione “benedizione” non era poco, però dev’essere dignitosa.
Perché, tutte le volte che il papa dice che ci sono troppi cani e gatti nelle città, salta su una rivoluzione? Perché il papa, su questo aspetto, è rimasto vecchio. Quando ci si rifiuta di benedire un cagnolino, in realtà non si vede che, per quella persona, dentro quel cagnolino c’è un mondo. Quindi, se si fa, come diceva il documento del 2021, che si benedice la persona ma non l’unione omosessuale, non benedire l’unione vuol dire non benedire la persona perchè quella relazione lì, per quella persona lì, è tutta la sua vita.
Non è un matrimonio? Sono perfettamente d’accordo. Magari si può pensare a un altro modo, con altri riti, ma dire che non si può benedire o che si benedica di nascosto, eh! Non è dignitoso.
Concludo
L’ideale sarebbe, ora, nelle nostre parrocchie, non fare una pastorale PER le persone LGBT+ (perché gli alcolisti anonimi ci sono già da un’altra parte) ma una pastorale CON le persone LGBT+, che fanno parte del gruppo catechisti, del consiglio parrocchiale, del gruppo che si occupa della contabilità, perché, con questo tipo di possibilità di parola franca, certe cose, le impareremo e resteremo in dialogo (…).
Attenzione che, in questo tipo di situazione, parlare con superbia non è consentito a nessuno. E anche umiliare delle persone che per tutta la vita hanno creduto delle cose, non va bene. Qualche confratello fa la benedizione davanti a tutta la comunità, nella messa… Così scandalizza tutti quanti. Cosa sta accompagnando? Deve umiliare le persone? Calma! Cosa devi dimostrare? Invece, l’accompagnamento, con la calma, è profetico.
Come l’ascoltare persone con disabilità fa incontrare un mondo, e non per bontà ma per giustizia, così, ascoltare le varie esperienze, fa incontrare un altro mondo. La messe è abbondante. E, se siamo pochi, ce ne sarà di più».