Chiese, estremismi e populismi: elementi per un dibattito politico
Riflessioni di Christophe Pella* pubblicate sul mensile protestante Évangile et Liberté (Francia) n° 314, dicembre 2017, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Le democrazie stanno attraversando un periodo turbolento, segnato dall’avanzata dei movimenti populisti ed estremisti, da una demagogia senza freni, da una recrudescenza di fake news e insulti rabbiosi. Alcuni politici mettono apertamente in discussione la democrazia liberale o la “società aperta”, come la definiva Henri Bergson ripreso da Karl Popper, vale a dire la società in cui la gente è incoraggiata a pensare da se stessa ed è lasciata libera di agire, pur nei limiti giuridici di uno Stato di diritto. In molti Paesi sono arrivati al potere dei politici che si sono messi a intaccare l’indipendenza del potere legislativo, della giustizia e dei media, spingendo così i loro Paesi verso una “società chiusa”, nella quale i dirigenti politici rigettano la democrazia, controllano le idee e sottomettono gli individui alla loro volontà invece che alle regole del diritto.
È forte l’affinità tra le nostre Chiese e la democrazia liberale. Sono numerosi i testi biblici che ci incoraggiano a mettere il potere al servizio degli individui e non il contrario, che ci invitano a trattare gli altri come vorremmo essere trattati noi, a ricercare soluzioni vantaggiose per tutti, a non fidarci delle belle promesse dei politici, a limitare l’autorità di qualsiasi dirigente, ad aiutare chi è in difficoltà a rialzarsi e rimettersi in marcia.
Cosa possono fare le nostre Chiese? Non certo adottare un programma politico o designare uno specifico partito come “scelta migliore per i cristiani”; possono però fornire due tipi di contributo:
– valorizzare un certo modo di vivere la politica, indipendentemente dalle idee specifiche;
– attirare l’attenzione sui grossi rischi e le realtà inaccettabili, ma senza proporre una data soluzione (a meno che, ovviamente, la scelta non sia binaria).
Alcuni principî
Propongo qui alcuni principî che mi sembrano pertinenti nella situazione attuale.
Favorire un dibattito ragionato
Le reazioni emotive sono per il populismo ciò che l’ossigeno è per il fuoco. Proporre insistentemente una riflessione matura è il miglior modo di favorire un dibattito politico fruttuoso. André Gounelle parla di “favorire il pensiero”; Max Weber ci invita a integrare l’etica della convinzione, ovvero “la fiamma della pura dottrina”, con l’etica della responsabilità, ovvero la preoccupazione per “le conseguenze prevedibili dei nostri atti”, il che implica tenere una distanza critica anche nei confronti delle nostre più forti convinzioni: “Esistono fatti estremamente sgradevoli per qualsiasi opinione, comprese le mie” scriveva Weber. Si tratta anche di rammentare che votare non consiste nello scegliere la lista con le migliori promesse: il dibattito democratico serve a esaminare se le promesse possono essere mantenute e se i politici benintenzionati hanno effetti benefici o sono controproducenti.
Rafforzare il pluralismo e le libertà fondamentali
Nel suo saggio sulla disobbedienza civile, Pierre Bühler invita ciascuno a “chiedersi costantemente se la sua azione contribuisce a rafforzare [la] società aperta o non piuttosto a destabilizzarla, a farla precipitare in una forma di società chiusa”.
Ogni movimento estremista si pone come unico rappresentante possibile della fetta di popolazione che pretende di difendere. Quando partecipano ai dibattiti, i populisti dialogano a stento e preferiscono accusare i loro contraddittori di difendere interessi illegittimi. Questo modo di fare campagna elettorale è un ostacolo al necessario dibattito politico e degrada la società aperta.
Notiamo come chi partecipa al dibattito politico abbia la responsabilità di limitare le proprie argomentazioni alla “ragione pubblica” (John Rawls) comune a tutti i cittadini. Questo è vero anche per le Chiese: i loro interventi politici possono essere ispirati dalle loro credenze specifiche, ma non devono farvi riferimento. Per esempio, i cristiani possono pensare che i diritti umani traducano l’Evangelo nel diritto; tuttavia, una Chiesa non può promuoverli nel dibattito politico a colpi di versetti biblici, dovrebbe invece attenersi alle argomentazioni della “ragione comune”, come l’empatia e il senso di giustizia impliciti nell’esperienza del contratto sociale, o il fatto che la società aperta funziona molto meglio di qualsiasi altra alternativa mai sperimentata.
Questo è un comportamento paradossale ma necessario, altrimenti il dibattito politico potrebbe cedere il passo a una lotta tra sistemi di credenze teocratiche o secolari incompatibili tra loro; la “cornice vuota” della società aperta rischierebbe allora di essere sostituita da credenze specifiche imposte dal potere, e del resto è questo che auspica chi vuole “fornire dei punti di riferimento” ai cittadini “scombussolati” dalle diversità: sono tutte espressioni che denotano una concezione infantilizzante dell’essere umano, frequente nell’estremismo politico.
Valorizzare il cambiamento graduale
Come scrive Claude Vallotton, il cristiano sta “tra l’utopia e la rassegnazione” e valorizza perciò il cambiamento graduale.
Le nostre società sono il complesso risultato di una lunga storia di tentativi, di scoperte inattese e di errori corretti. Le regole e le prassi della società aperta hanno visto la luce in luoghi ed epoche diverse. Per migliorare il mondo è certamente meglio favorire il cambiamento graduale, adottare ciò che funziona meglio in un dato momento e correggere “le ingiustizie di un sistema globalmente giusto”, come scrive Pierre Bühler.
Valorizzare il cambiamento graduale significa anche tenere a mente che lo Stato non può fissarsi sull’esistente ma può aiutare in molti modi le persone ad adattarsi al cambiamento.
Promuovere l’universalismo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”
L’estrema destra pretende che la civiltà e il cristianesimo siano minacciati dall’Islam e dall’omosessualità; l’estrema sinistra, dal canto suo, riprende l’idea della lotta tra “buoni” e “cattivi”, talvolta fino al punto di giustificare la violenza. È evidente che non dobbiamo più dare per scontato l’universalismo cristiano.
Il buon esempio conta più delle buone parole. Collaborare con le altre religioni è un ottimo mezzo per le nostre Chiese per sopire le paure sventolate dagli estremisti e rafforzare la società libera. Quando spunta il rischio di una scelta politica inaccettabile, prendere posizione assieme ai rappresentanti di altre religioni è un buon modo per passare dalle parole ai fatti.
Agire con ottimismo
Pascersi dell’ottimismo del pensiero magico non è un atteggiamento responsabile; si dovrebbe piuttosto agire con uno spirito ottimista. Per esempio, le sfide legate alla gestione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile non devono essere ignorate con la scusa che nulla di particolarmente grave può accadere, ma non bisogna nemmeno agire politicamente in modo pessimistico, con l’estremismo come unica alternativa possibile alla catastrofe.
Il degrado del dibattito politico rende ancora più pertinente il messaggio politico delle nostre Chiese e le chiama all’azione. Per quanto sia inquietante, la recrudescenza del volontarismo autoritario costituisce anche l’occasione di constatare la sua sconfitta nel lungo periodo e la sua impopolarità tra il popolo. Le nostre Chiese possono contribuire utilmente a promuovere e rinnovare la società aperta, che è stata e rimarrà il modo migliore di offrire a ciascuno i mezzi di condurre la vita che desidera.
* Christophe Pella si è laureato in relazioni internazionali all’Istituto Québécois di Alti Studi Internazionali (HEI) e in finanza alla Wharton School. Dirige fondi d’investimento a Londra.
Traduzione originale: Églises et extremismes politiques