I cinesi LGBT raccontano come sono costretti a “curare” la loro omosessualità
Articolo di Alex Linder pubblicato sul sito Shanghaiist (Cina) il 16 novembre 2017, libera traduzione di Andrea Shanghai
L’ONG Human Rights Watch (HRW) ha diramato un rapporto triste, ma atteso, con cui ha chiesto alla Cina di fermare le cosiddette “terapie di conversione” degli omosessuali. In questo rapporto di 52 pagine, Human Rights Watch ha intervistato 17 cittadini cinesi che hanno dovuto subire terapie create per “curare” la loro omosessualità. Queste persone hanno spiegato di essere stati praticamente sequestrati dai loro familiari e portati in ospedali pubblici o cliniche private dove sono stati trattenuti contro la loro volontà e “curati” con medicazioni forzate e sessioni di elettroshock.
Human Rights Watch sostiene che tutti gli intervistati hanno enfatizzato un particolare aspetto: “non avrebbero mai deciso di sottoporsi a una terapia di conversione se non a causa della pressione imposta dalla famiglia e dalla società”. Alcuni hanno raccontato come i genitori abbiano addirittura minacciato di suicidarsi nel caso il figlio non avesse accettato di sottoporsi alla terapia.
“Mia mamma ha iniziato…a gridare per tutte le sfortune che capitavano alla nostra famiglia, come avrebbe potuto sopportare tutto questo…mio padre si e’ inginocchiato davanti a me, piangendo, implorandomi di andare [alla terapia di riconversione]. Mio padre ha detto che non sapeva come sarebbe sopravvissuto, come avrebbe affrontato il resto della famiglia se solo avessero scoperto che io ero gay. Mi implorava di andare così lui poteva continuare a vivere…a quel punto che cosa mi restava da fare? Non avevo davvero alter vie d’uscita..”
I genitori furono convinti dal dottore che l’omosessualità non era altro che una malattia che poteva essere adeguatamente curata.
“Questo dottore e’ molto conosciuto nella mia città. Lo si vede in qualsiasi tipo di pubblicità sulle cure di malattie mentali. L’avevamo visto spesso sia in televisione sia sui giornali. Lo psichiatra disse a mia madre: “l’omosessualità e’ come tutte le altre malattie, come la depressione, l’ansia, il bipolarismo. Può essere curata. Ho fiducia nelle possibilità di guarigione di suo figlio. Mi creda, lo lasci qui, e’ in buone mani”.
Quanti si rifiutarono di andare in cura di propria volontà, vi sono costretti dai propri familiari.
“I miei genitori volevano portarmi a fare un certo trattamento. Ero spaventato che mi mandassero a fare qualche elettroshock. Mio padre mi disse che non sarebbe stato nulla del genere, che volevano solo vedermi “guarito” e stare bene…ma continuavo a rifiutarmi di andare. Così le mie zie riuscirono a spingermi fuori di casa e caricarmi su una macchina parcheggiata fuori. Guidarono per circa due ore fino a Chongqing, la città più vicina che offriva questo tipo di terapie…Mi dissero di aspettare con mia mamma, mio padre stava facendo le procedure di registrazione. Poi l’infermiera disse che potevo portare il mio bagaglio nella stanza e andare a farmi visitare dal dottore”.
Una volta dentro l’ospedale o la clinica, al paziente non e’ più data la possibilità di andarsene o di contattare i propri amici.
“Durante i primi giorni mi riuscì di nascondere il mio telefono e di tenerlo con me in ospedale. Lo nascondevo sotto il materasso. Mandavo ai miei amici dei QQ (un’applicazione per messaggeria istantanea), dicevo loro che cosa mi era accaduto e che cosa succedeva qui…più tardi però qualcuno del personale trovò il mio telefono durante un’ispezione nella stanza e me lo sequestrò. Ero definitivamente tagliato fuori dal contatto con i miei amici per tutto il resto della mia degenza (circa tre settimane)”.
Come parte del “trattamento” vi erano frequenti conversazioni con dottori che ribadivano come l’omosessualità fosse un atteggiamento “anormale, malato e perverso”.
“Dopo essermi seduto il dottore mi diede una scheda da compilare…il dottore si mise a fissarmi: “tu sei malato. Lo sai, vero? Non ti sto mica mentendo. Se tu pensi di fare sesso con un altro uomo allora sei davvero malato. Ma non dartene troppo pensiero, io ti posso aiutare. Ecco perché i tuoi genitori ti hanno portato qui”.
E aggiungevano che avrebbe portato a una morte prematura e a una famiglia distrutta.
“Questo e’ più o meno quanto il dottore mi ha detto: “questa omosessualità è un atteggiamento promiscuo e libertino. Se non ti affretti a cambiare, ti ammalerai presto e morirai a causa dell’AIDS. Non avrai mai una famiglia felice… ti sei mai davvero fermato a considerare la felicità dei tuoi genitori?”
Allo scopo di “guarirli” dalla loro “malattia”, ai pazienti erano somministrate delle pillole senza chiarificarne il contenuto.
“Erano pillole bianche in una bottiglia. Non avevo idea di che cosa fossero. Voglio dire che continuo a non saperlo nemmeno ora. Sia il dottore sia l’infermiera si rifiutavano di dirmi di che cosa si trattasse. Mi dissero solo che mi facevano bene e che aiutavano a progredire nel “trattamento”…dopo averle preso, solitamente mi sentivo su di giri per un certo periodo, diciamo alcune ore, poi finivo per sentirmi esausto e depresso”.
Cinque dei diciassette intervistati descrivono anche delle vere sessioni di elettroshock, quattro di loro poi affermano di non esserne stati informati fino a che non era ormai troppo tardi.
“Una parte della macchina sembrava una sorta di elmetto, era connessa all parte principale con un cavo. L’interno dell’elmetto presentava molti punti, sembravano dei punti metallici…quando mi misero il casco e accesero la macchina, iniziai a sentire una strana sensazione in testa. E’ come se il tuo cuoio capelluto fosse punto da molti insetti nello stesso momento. Via via che alzavano il voltaggio il formicolio si trasformava in autentico dolore. Era come essere pizzicato violentemente o avere degli aghi confitti nella pelle. Poi dopo alcuni minuti, il mio corpo ha iniziato a tremare… mi ci volle ancora del tempo per realizzare che quella era una macchina per elettroshock”.
Un altro ha detto che anche dopo aver rifiutato ripetutamente di continuare la terapia di elettroshock, il trattamento non ha avuto battute d’arresto.
“Ho detto loro che non potevo più sopportare altre scosse… allora l’ospedale ha prescritto iniezioni… il dottore ha detto che sarebbe stata una cura più “leggera” rispetto alle scosse elettriche, e forse anche con meno effetti collaterali… mi hanno chiesto di guardare e di concentrarmi su film pornografici gay sullo schermo. E l’infermiera nel frattempo iniettava un qualche liquido dentro di me con una siringa… il liquido non ha colore ed era solitamente iniettato nel mio braccio… presto mi sono sentito come bruciare. Il mio stomaco era sottosopra, avevo una sensazione di disgusto come se stessi per vomitare. Avevo pure un gran mal di testa… ogni pochi minuti il dottore e l’infermiera mi hanno detto di calmarmi e di concentrarmi sullo schermo”.
Sebbene il rapporto sia scioccante, tuttavia non stupisce. Nonostante in Cina l’omosessualità sia stata rimossa dalla lista della malattie psichiatriche nel 2001, le persone gay sono tuttora diagnosticate in molti ospedali della nazione come affette da “disordine sessuale”. Allo stesso tempo, una sentenza storica del 2014 contro una clinica nella città di Chongqing che ha usato elettroshock come “terapia” per “curare” un omosessuale, ha avuto un impatto molto limitato nel contenere il fenomeno.
Quest’anno una corte della provincia dello Henan si è pronunciata a favore di un uomo che era stato rapito dalla famiglia della moglie, dopo che ne aveva scoperto le preferenze sessuali, e portato in un ospedale psichiatrico pubblico dove era stato percosso e drogato per 19 giorni allo scopo di “curare” il suo “disordine”.
“E’ da più di venti anni che la Cina ha depenalizzato l’omosessualità, ma le persone LGBT sono tuttora soggette a confini forzati, medicazioni, addirittura elettroshock allo scopo di cambiarne l’orientamento sessuale”, dice Graeme Reid, direttore del dipartimento LGBT presso Human Rights Watch.
“Se le autorità cinesi intendono seriamente eliminare le discriminazioni e gli abusi nei confronti delle persone LGBT, e’ arrivata l’ora di mettere la parola fine a questo tipo di istituzioni mediche”.
Testo originale: LGBT Chinese describe what it was like being forced into therapy to ‘cure’ their homosexuality