Ciò che Dio ha unito. Il matrimonio è un diritto di tutti
Riflessioni bibliche di Bill Sinkford pubblicate sul sito Faith in America (USA), liberamente tradotte da Silvia Lanzi
“Dove tu andrai andrò anch’io; dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io e vi sarò sepolta” (Ruth 1:16)
Ciò che Dio ha unito: sono praticamente familiari a tutti queste parole della tradizionale cerimonia nuziale protestante. Spesso si celebrano i matrimoni nelle chiese, nelle sinagoghe, nelle moschee e nei templi. Officiano ministri di culto, preti e imam, invitando le loro comunità a celebrare l’unione di due persone in un vincolo di amore e rispetto. Da questo punto di vista il matrimonio è un’istituzione religiosa, e le norme di ogni religione determinano chi si può sposare e a che titolo le persone sposate possono divorziare. Un’ovvia conseguenza è che la forma del matrimonio religioso varia considerevolmente da una comunità all’altra.
Ma i matrimoni si celebrano anche nei palazzi di giustizia; giudici di pace introducono milioni di coppie nella vita coniugale con calma efficienza. Ma che sia un prete o un giudice di pace ad officiarlo, il matrimonio è un’istituzione civile cruciale. Le cerimonie possono cambiare, quelle religiose possono comportare ulteriori regole, ma le leggi civili che regolano il matrimonio non cambiano, anche se sono affiancate da quelle religiose. Non dovrebbe sorprendere che questo porti confusione o che molte persone ritengano che la legge e i valori religiosi invocati in un matrimonio siano decisivi. Dopo tutto, l’officiante dice: “Per il potere conferitomi…” proprio al culmine della cerimonia. Ma quando l’officiante – religioso – firma la licenza di matrimonio, si tratta di una licenza civile e non religiosa. Nel firmarlo il religioso diventa un delegato statale: sta cioè trasformando il matrimonio religioso in uno civile, regolato dalle leggi dello stato.
Confondere il matrimonio civile e quello religioso è solamente a vostro pericolo, che è quello di avere un punto di vista religioso nei confronti di leggi pensate per giudarci e proteggerci tutti. Un pericolo assai notevole perché gli Stati Uniti sono diventati la nazione della terra con il maggior numero di religioni e confessioni religiose. Oggi gli americani non sono solo metodisti, ma anche mormoni, musulmani e sikh; non solo battisti, ma anche buddisti, bahài’ì, giainisti ed ebrei; non solo credenti, ma anche agnostici e atei. Di più, circa un quarto di tutti gli americani dichiara di non avere una Chiesa di riferimento
Il diritto cristiano ci dice che siamo, o dovremmo essere, una nazione cristiana. Se fosse così quali delle molte dottrine cristiane dovremmo scegliere per sovrintendere alla legge civile? La Chiesa cattolica non è solo la maggiore confessione cristiana, ma, con 67 millioni di membri è la più grande comunità religiosa, contando anche quelle non cristiane, degli Stati Uniti.
La dottrina cattolica non permette il divorzio; ma non di meno milioni di persone cresciute nella fede cattolica hanno cercato e ottenuto il divorzio civile quando il loro matrimonio è diventato insostenibile. Hanno potuto fare in questo modo perché il matrimonio è regolato non da leggi religiose, ma da quelle civili. Il divorzio dovrebbe essere fuori legge perché gli insegnamenti della Chiesa cattolica lo proibiscono? Pochi direbbero sì a un cambiamento di questo tipo. Che dire del matrimonio omosessuale? Molte comunità religiose lo disapprovano. Signfica che lo stato non dovrebbe legalizzarlo? Dichiarare quest’area assolutamente off-limits permette alla società di potenziare leggi che promuovano il benessere generale e il bene maggiore per il maggior numero di persone.
Tutti sanno che, in questo paese, la definizione di matrimonio civile è diventato il fronte caldo nella guerra culturale tra il diritto cristiano e le forze progressiste. Da una parte, il movimento per il matrimonio omosessuale spinge per la sua legalizzazione e per l’estensione di tutti i diritti civili alle famiglie gay e lesbiche.
D’altro canto, i sostenitori dei valori famigliari tradizionali, mettono in guardia dalle terribili conseguenze del cambiamento della definizione tradizionale di matrimonio.
Hanno tutto quello che potevano per fermarlo: nell’ultima elezione undici stati avevano adottato il cosiddetto Defense of Marriage (DOMA). Il presidente Bush e i suoi alleati al Congresso avevano spinto un emendamento costituzionale per bandire il matrimonio omosessuale. Nel maggio 2004 questo argomento era esploso in Massachusetts dove l’Alta Corte dello stato non ha trovato ragioni convincenti per negare alle coppie omosessuali i diritti e gli oneri derivanti dal matrimonio civile.
In risposta, i legislatori hanno approvato un emendamento costituzionale che definisce il matrimonio un legame contraibile soltanto tra un uomo e una donna. I dimostranti di entrambe le fazioni si sono schierati in Beacon Street davanti alla Massachusetts State House.
Si dà il caso che la sede nazionale della Unitarian Universalist Association sia una porta più in là di quella della State House. Come comunità di fedeli abbiamo una decisione da prendere. Possiamo starcene calmi o esprimere le nostre idee. Abbiamo cercato di fare qualcosa di articolato: abbiamo appeso uno striscione di 16 x 24 piedi sul nostro palazzo con scritto: Il .
Questo ci ha assicurato che i legislatori, guardando dalle finestre della sala in cui si riunivano in sessione, vedessero il nostro messaggio. E, per buona misura, molti di noi hanno stazionato in Beacon Street. Siamo rimasti lì non per protestare rabbiosamente, ma come persone di fede che credevano che le istituzioni del matrimonio, religiose e civili, non dovessero essere confuse e che il nostro governo avrebbe dovuto prendere seriamente il suo compito, senza mostrare favoritismi e senza avallare un punto di vista religioso a scapito di un altro.
Il 17 maggio del 2004 ho avuto il privilegio di sposare Hillary e Julie Goodridge nella cappella della nostra sede di Beacon Street. Hillary e Julie, ora, stanno insieme da diciotto anni. Per diciotto anni si sono prese cura l’una dell’altra in salute e in malattia. Sono madri di una figlia meravigliosa, Annie. La portano a calcio, vanno alle riunioni genitori-insegnanti. Si amano e non fanno del male a nessuno. Tutto quello che volevano era che la loro relazione fosse riconosciuta legalmente come matrimonio. Hillary e Julie sono state le principali querelanti nel caso che finalmente ha reso legale il matrimonio omosessuale in Massachusetts.
A livello federale, senza questo status legale, vengono negati più di mille diritti a Hillary, Julie, ed Annie e molti di più secondo la legge del Massachusetts, come ad esempio: esenzioni dalle tasse, assistenza sanitaria pubblica, il diritto di visitare il partner in ospedale e di prendere decisioni mediche in sua vece, l’eredità, l’assistenza sociale, i diritti in caso di separazione, norme che dovrebbero proteggere gli interessi di entrambe le parti se la relazione dovesse finire, e diritti relativi alla casa e al ricongiungimento famigliare, e altri centinaia.
Anche con una pianificazione accutata e il pagamento di tasse molto alte, Hillary e Julie non saranno mai in grado di ottenere questi diritti: non importa quante deleghe e documenti possano firmare. Con le parole dell’autore ed attivista E.J. Graff nel suo “What Is Marriage For?”: la differenza tra la forza di una relazione “informale” e di una legalizzata sull’esempio del matrimonio è quella che c’è tra uno skateboard e un jet.
Appena sotto la superficie del dibattito sul matrimonio omosessuale ci sono questioni fondamentali. A cosa serve il matrimonio? Cos’è una famiglia? Le risposte a queste domande si sono evolute nel corso dei secoli generando sempre controversie.
Le famiglie hanno funzionato come entità economiche (pensate ad una fattoria a conduzione famigliare), unità di produzione e controllo della proprietà e della salute. Le famiglie sono anche delle entità culturali. Per migliaia di anni sono stati il luogo di crescita e socializzazione dei bambini. Esse sono talmente diverse da cultura a cultura che nel 1974, quando le Nazioni Unite hanno proclamato l’Anno Internazionale della Famiglia, il comitato organizzatore ha iniziato con la consapevolezza che non solo non c’è una definizione univoca di famiglia nelle varie culture ma anche che, e questo è un dato di fatto, la famiglia non esiste.
Così, cos’è la famiglia? Chiaramente dipende a chi lo si chiede. Ma per più di duemila anni, le comunità religiose l’hanno vista come un microcosmo e la forma fondamentale di aggregazione delle loro tradizioni di fede. Così la famiglia è un istituzione carica di un peso terribile.
Per i cristiani conservatori e fondamentalisti, la famiglia deve avere il sigillo delle loro autorità religiose, basato su quello che c’è scritto nella Bibbia, o non si tratta di famiglia. Ma a quale delle famiglie bibliche bisogna assomigliare?
Nel suo articolo The Right Is Wrong about Biblical Family Values, la mia collega Meg Barnhouse si chiede se il termine “famiglia biblica” si riferisce ai fratelli di Giuseppe, che lo vendettero come schiavo, o a re Davide, che mandò in prima linea il marito di Betsabea perché fosse ucciso, per poterla sposare lui stesso? O alla famiglia di re Salomone che aveva sette mogli e trecento concubine?
Scrive la Barnhouse: “Non posso pensare che le persone delle famiglie-dai-valori-biblici, vogliano conoscere le vere famiglie bibliche. Non posso pensare che vogliano queste famiglie come loro vicini o nelle loro chiese”. Nel suo libro Why Marriage Matters, Evan Wolfson del gruppo Freedom to Marry ci chiede di immaginarci di emendare la Costituzione così che incorpori un’interpretazione letterale di quello che la Bibbia afferma sul matrimonio. Ci sono diverse opzioni, prese da un’e-mail che un paio di anni fa’ ha avuto una larga diffusione e che più tardi è entrata nel Congressional Record grazie al rappresentante di Washington Jim McDermott, che ricorda che nella Bibbia :
1. Il matrimonio consiste nell’unione tra un uomo e una o più donne.
2. Il matrimonio non impedisce all’uomo di prendere con sé altre concubine oltre alla/e moglie/i.
3. Se un uomo sposato muore, suo fratello ne deve sposare la vedova.
Questo, ovviamente, non è quello che il diritto religioso ha in mente. Per i cristiani conservatori, la famiglia tradizionale è composta da un marito che ne è il sostegno e da una moglie casalinga e sottomessa; si sposano solo per fare e crescere figli.
Se c’è qualcosa di moderno e non-tradizionale in questa concezione della famiglia, è stato inventato negli anni cinquanta. Di più ciò che descrive questa famiglia idealizzata è quella che si può trovare nella borghesia bianca alta e medio-alta.
Prima della metà del secolo scorso, molte generazioni di una famiglia tendevano a vivere insieme; il lavoro nelle società a base prevalentemente agricola era suddiviso più equamente tra uomini e donne, insieme, anche se di generazioni diverse. Sono state le automobili, la seconda guerra mondiale e la crescente urbanizzazione a creare la famiglia nucleare, allontanando le persone dalle comunità caratterizzate dalle cosiddette famiglie allargate.
Il nuovo tipo di famiglia degli anni cinquanta poteva vantare uno standard di vita in costante crescita. C’era il boom economico postbellico, e il nostro governo elargiva sostanziosi aiuti economici per educazione e casa. Il rifiorire delle attività lavorative ricompensava gli impiegati con gratifiche economiche e pensioni, e spesso le persone passavano la loro intera vita lavorativa in un unico posto. Le grosse ditte e le persone facoltose pagavano tasse alte così da aiutare il governo ad accantonare sussidi per i più bisognosi e i salari aumentarono a tal punto che era possibile per l’uomo essere l’unica fonte di reddito.
Le cose sono cambiate. Ormai il boom economico e i sussidi pubblici non ci sono più; le compagnie si ridimensionano e, invece di ripagare la fedeltà dei loro impiegati, si trasferiscono dove il costo del lavoro è inferiore; i conservatori alla Casa Bianca e al Congresso si stanno dando da fare per annullare la maggior parte della “rete di sicurezza”, che era stata realizzata negli anni quaranta per proteggere le famiglie più vulnerabili del paese. Molte donne che preferirebbero stare a casa a prendersi cura dei figli non possono più permetterselo; e con l’avanzata del movimento femminista, molte donne che potrebbero farlo non vogliono.
Le famiglie sono cambiate. Il che non è sempre una cosa negativa. Gli anni cinquanta, anni d’oro per le famiglie, difficilmente lo erano se eri nero, gay o donna. Sono un afro-americano. Mio padre era nato in una famiglia relativamente benestante. Era figlio del proprietario di un’agenzia funebre abbastanza rinomata di Bluefield, in West Virginia; ha frequentato Harvard e parlava abbastanza fluentemente sette lingue. Ma faceva il tassista a Detroit quando, raggiunta la quarantina, incontrò mia madre. Semplicemente, in quegli anni, i neri non potevano fare il lavoro per cui aveva studiato e si era preparato.
Mio padre morì quand’ero giovane. Sono cresciuto a Cincinnati. Mia madre, che aveva un’educazione formale ridotta all’osso, non avrebbe potuto starsene a casa; accettava qualsiasi lavoro che le capitava, ad esempio commessa o venditrice di enciclopedie porta-a-porta. La famiglia di Ozzie ed Harriet e quella di Donna Reed potevano essere bianche e della classe media, ma per tutti gli anni cinquanta le donne bianche povere e quelle di colore dovevano lavorare.
E negli anni cinquanta il matrimonio poteva essere un incubo anche per i benestanti, sebbene nessuno parlasse apertamente di violenza domestica, alcolismo o incesto. Se eri una donna intrappolata in un matrimonio violento, non potevi prendere soldi in prestito o avere una carta di credito, così lasciare tuo marito era praticamente impossibile.
Per cui la nozione conservatrice della famiglia tradizionale che-va-bene-per-tutti, è un’invenzione moderna e lontana da una forma unica e perfetta. Non sarebbe esistita se non a causa di fattori socioeconomici straordinari. Storicamente parlando, la diversità delle strutture famigliari è la regola, non l’eccezione.
Ma per i conservatori e i fondamentalisti, la diversità suona come il rintocco funebre della famiglia. James Dobson, fondatore di Focus on the Family, ha messo in guardia, prima che il matrimonio omosessuale diventasse legale in Massachusetts nel 2004: “Se non ci sarà un miracolo, la famiglia come l’abbiamo conosciuta per cinque millenni crollerà, presagio del crollo della stessa civiltà occidentale”.
Il matrimonio omosessuale, ovvero la libertà di due persone di sposarsi secondo ciò che dice loro il cuore e senza distinzione di genere, è il campo dove i conservatori, in politica e in religione, indirizzano la maggior parte delle loro armi nella guerra della famiglia. Il diritto cristiano vuole proteggere il matrimonio tradizionale ma, come la famiglia tradizionale, questo è un fenomeno relativamente moderno.
Secondo la storica Stephanie Coontz il matrimonio aveva a che fare più con fattori economici, proprietà e politica che con l’amore. Esso era considerato una decisione troppo importante a livello politico ed economico, per lasciarlo decidere a qualcosa di così irrazionale come l’amore, sebbene nel XIX ci sia stato un profondo cambiamento a questo riguardo. Nel 1965 la Corte Suprema, nel caso Griswold contro il Connecticut, ha decretato che l’intimità del matrimonio è sacra.
La qualità della relazione matrimoniale tra due persone ha cioè la precendenza precedenza rispetto al suo ruolo politico ed economico. I sociologi hanno sottolineato che questo sviluppo ha portato con sé alcuni problemi, in particolare un brusco aumento del numero dei divorzi. Adesso le persone si aspettano amore e felicità dai loro matrimoni, e vi porranno fine se la felicità svapora. Ma se è un dato di fatto che le persone dovrebbero poter sposare chi amano, non si può più giustificare l’esclusione dei partner omosessuali, tranne per quelli che credono che gay e lesbiche non meritino la felicità come tutti gli altri.
Questo modo di pensare contraddice il primo principio della Dichiarazione d’Indipendenza: il diritto inalienabile alla ricerca della felicità. La stessa Corte Suprema, nella sentenza del caso-spartiacque Loving v. Virginia, che ha invalidato il divieto di matrimonio interraziale, ha definito il matrimonio, appunto, un fondamentale diritto civile dell’uomo, basilare per l’esistenza e per la sopravvivenza.
Alla fine, comunque, il matrimonio ha più a che fare con le responsabilità condivise che con l’estasi. Lo scrittore Jonathan Rauch lo ha espresso meravigliosamente nel suo libro Gay Marriage: “Se devo portare il matrimonio al suo nocciolo essenziale, direi che è la promessa lunga una vita che si fanno due persone, riconosciuta dalla legge e dalla società, di prendersi cura l’uno dell’altro. Sposarsi significa metterti nelle mani di un’altra persona, e promettere di fare altrettanto con lei, e farlo in una comunità che si aspetta che entrambi manteniate la parola data. Gay e lesbiche hanno combattuto per il diritto di sposarsi e di partecipare a questo tipo di responsabilità condivisa di potersi prendere cura della persona che amano.
Molti di noi, sfortunatamente, hanno fin troppa familiarità con situazioni che negano questo diritto in maniera spaventosamente disumana. La cura dei figli è al primo posto delle responsabilità di molte coppie. I conservatori insistono che solo le famiglie tradizionali dovrebbero farlo, ripetendo come un mantra che un bambino dovrebbe essere cresciuto da un padre e una madre. Oggi molti stati hanno leggi che impediscono agli omosessuali di adottare bambini, ma c’e una nuova proposta di legge presentata recentemente in Texas che non solo renderebbe illegale per una coppia gay adottare figli, ma li allonterebbe addirittura da famiglie stabili, se omosessuali.
Il fatto è che molte prove suggeriscono che, mentre i bambini stanno meglio in famiglie con due genitori – specialmente perché due adulti hanno più risorse economiche ed emotive da offrire a sé stessi e ai loro figli è non perché avere un solo genitore sia necessariamente negativo per il bambino – il sesso dei genitori conta poco. Altre prove suggeriscono che i figli di un solo genitori o di famiglie omosessuali possono avere alcuni vantaggi rispetto a quelli cresciuti in famiglie tradizionali, perché sono esposti a più opzioni rispetto ai ruoli di genere come la mamma che nutre e accudisce e il papà che mantiene la disciplina.
L’American Academy of Pediatrics ha soppesato quest’argomento nella rivista Pediatrics, riconoscendo che un corpus considerevole di letteratura medica prova che i bambini con genitori omosessuali hanno gli stessi vantaggi e le stesse prospettive di salute, adattamento e sviluppo che possono avere i bambini con genitori eterosessuali. Quando due adulti crescono insieme un bambino, tutti e tre meritano la serenità che viene da un riconoscimento legale. Gli esperti sono d’accordo che ciò che conta è la qualità delle cure prestate e della relazione tra il bambino e i genitori.
Ci sono anche prove che genitori felici, non importa se single o sposati, gay o etero, crescono bambini felici; e che essere felicemente sposati o in coppia aiuta gli adulti a stare più in salute e a vivere più a lungo di quelli soli o che vivono con qualcuno con cui è penoso stare. Di contro, secondo i membri dell’American Psychiatric Association l’esperienza della discriminazione è tossica. Al loro incontro del maggio 2004, hanno dato il loro appoggio al matrimonio omosessuale basandosi sul fatto che l’esperienza di discriminazione di molte coppie gay – discriminazione approvata dalle leggi dello stato – può avere effetti deleteri sulla stabilità delle loro relazioni e sulla loro salute mentale.
E.J. Graff osserva che la felicità, o la semplice sicurezza di essere accanto a qualcuno che si prende cura di te, e che è responsabile per l’altro, non solo perché, per caso, se lo trova vicino, è un bene. Conclude che, senza una famiglia o senza qualcuno per cui essere responsabili, siamo a malapena umani. Sembra che molti americani condividano questo punto di vista: nel 1990, tre quarti della gente intervistati per un sondaggio del News Week, avevano definito la famiglia un gruppo di persone che si ama e che si prende cura l’una dell’altra. Il diritto ha ragione sull’importanza della famiglia: essa, dopotutto, è il luogo dove cresce e socializza la prossima generazione di cittadini. Ma, mei millenni, le famiglie sono cambiate, e al giorno d’oggi rimangono ampiamente differenti a seconda delle culture di appartenenza. Generazioni di bambini, cresciuti nelle famiglie più disparate, sono diventati cittadini produttivi. Così questo sembra più importante che costringere la famiglia in un unico modello. E, che siate d’accordo con il diritto religioso, le famiglie omosessuali qui sono e qui restano: un terzo di famiglie lesbiche e più di un quinto di quelle gay, oggi hanno almeno un figlio al di sotto dei diciotto anni.
Alla fine del 2004, il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld rispose ad un soldato che gli chiedeva perché alle truppe statunitensi in Iraq si chiedesse di fronteggiare un’insurrezione che si inaspriva sempre più con degli armamenti insufficenti. Andate in guerra con le armi che avete, fu la concisa risposta di Rumsfeld.
Propongo che l’amministrazione e tutti i promotori del diritto religioso che temono le famiglie non tradizionali tengano a mente Rumsfeld e accettino il fatto che saremo coraggiosi e avremo abbastanza successo da far crescere la prossima generazione con le famiglie che abbiamo. Tra poco, molto poco, la famiglia tradizionale subirà una serie di “revisioni”. Inevitabilmente, la nostalgia per qualcosa di così storicamente anomalo, è un’emozione pericolosa. Le famiglie continuano ad improvvisare per adattarsi alle nuove realtà sociali ed economiche del XXI secolo, in parte perché gli Stati Uniti danno meno aiuti alle famiglie vulnerabili di ogni altro paese del mondo. Quella che oggi si definisce come una crisi della famiglia, in verità è una crisi sociale, e demonizzare le famiglie che non vivono secondo i valori morali di qualcun altro non aiuta di certo. Come scrive nel suo libro In the Name of the Family, la sociologa Judith Stacey crede che le nozioni di genere, sessualità, natalità e famiglia, nel mondo siano le più politicizzate, militanti e che portano più divisione, precisamente perché le risposte della struttura sociale al declino del sistema della famiglia tradizionale sono state deboli.
Dove sta andando la famiglia? Non lo sappiamo. Ma una cosa è chiara: in questo paese, possiamo imparare molto dalle famiglie di colore e da quelle omosessuali. Judith Stacey osserva che le donne afro-americane e quelle bianche povere hanno sempre dovuto improvvisare modi nuovi per mandare avanti la casa a causa della necessità di lavorare. Anche le famiglie gay, spesso evitate dalle loro famiglie di origine, hanno dovuto inventare nuove forme di famiglia. Come ha scritto Urvashi Vaid, attivista lesbica e autrice (nella prefazione di Hospital Time di Amy Hoffman): “Per le persone omosessuali i nostri amici formano le nostre famiglie nucleari mentre le nostre comunità ricoprono il ruolo di un sistema famigliare allargato. Specialmente durante il picco dell’AIDS, si è visto che queste strutture alternative erano solide e meravigliose come le famiglie tradizionali per gli eterosessuali”.
Nessuna famiglia è perfetta, ma alcune famiglie hanno delle caratteristiche dalle quali le altre possono imparare. Stephanie Coontz ci ricorda in The Way We Really Are che tutte le famiglie sono a rischio quando sono lasciate sole ad affrontare nuove sfide. Tutte, invece, con l’aiuto e l’incoraggiamento degli altri, hanno la capacità di superare le loro debolezze.
“Cos’è un matrimonio?” “Cosa fa sì che una famiglia sia tale?” Credo che le risposte arriveranno da sé quando la gente si abituerà ai cambiamenti. Sono ottimista su un eventuale successo della battaglia per il matrimonio omosessuale. Le strutture legali stanno cambiando con l’evolversi della realtà: c’è un corpus sempre in aumento di sentenze legali che trattano le relazioni omosessuali a lungo termine come se fossero, in tutto e per tutto, dei matrimoni. Anche l’opinione pubblica si sta muovendo. Le interviste suggeriscono che i giovani americani, il futuro del nostro paese, siano a favore alle unioni omosessuali in modo schiacciante. Non molto tempo fa gli oppositori del matrimonio interraziale avevano predetto una catastrofe quando ne venne tolto il divieto. Ma il sole non si è fermato, e l’opinione pubblica l’ha seguito. Nel 1968, un anno dopo Loving contro la Virginia, un sondaggio Gallup mostrava che ancora più del 75% disapprova il matrimonio misto. Oggi, la stessa percentuale lo approva.
Più gente si renderà conto di conoscere più persone gay di quel che pensa, e che molte sono già sposate con figli, più gente che una volta aveva paura del matrimonio omosessuale capirà che la famiglia gay non metterà in pericolo le altre relazioni. Il pregiudizio non svanirè in una notte. Ma sono ottimista.
James Rauch vorrebbe vedere il matrimonio gay diventare realtà stato per stato, non tanto a causa della sentenza di un tribunale quanto per una legge nazionale. Perché? Perché così tutti potranno vedere che il cielo non cade. La civiltà non sarà sommersa dal mare. Il numero di divorzi non raddoppierà. Non cambierà nemmeno in maniera sensibile. Lo vediamo dalla situazione degli altri stati. Vedranno coppie gay sposate e integrate nelle loro comunità… Molti stati, all’inizio lentamente poi con crescente entusiasmo, adotteranno il matrimonio omosessuale. Non perché devono, ma perché funziona.
Il crescente pluralismo di questa nazione è una benedizione, una che i fondatori del paese non si sarebbero nemmeno potuto immaginare, ma per il quale hanno preparato un terreno fertile, scrivendo le loro idee di uguaglianza nei nostri documenti fondamentali.
Noi dovremmo continuare ad allargare il cerchio di quelli che includiamo nelle promesse della nostra costituzione. E credo che nonostante le ripercussioni che purtroppo ci sono sempre, il cerchio si stia ampliando, non si restringendo al punto in cui era prima. Le persone capiranno che c’è molto meno da temere di quel che pensano. L’arco dell’universo è lungo, ha detto Martin Luther King, citando il predicatore abolizionista del XIX secolo Theodore Parker, ma si tende verso la giustizia. Questa intuizione non è solo un sogno, descrive la nostra di oggi, così come quella che dobbiamo creare.
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Testo originale: Whom God Hath Joined Together