Come attraversare il buio con la luce che ci portiamo dentro (Isaia 9,1-6)
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Riflessioni bibliche tenute da don Fausto a “Dal buio alla luce: percorso online per giovani LGBT e la loro comunità” organizzato dal Progetto Giovani Cristiani LGBT il 30 Aprile 2020
Ci siamo trovati tutti in un tunnel senza rendercene conto, come se stesse capitando a qualcun altro. Ebbene si, perché i poveri disgraziati al mondo non siamo mai noi e le catastrofi sono sempre quelle in tv che riguardano gli altri. Nella pandemia l’immagine del tunnel è diventata onnipresente per dire minaccia, pericolo, smarrimento, ignoto. Come la casa è diventata l’immagine della tana sicura.
Nel tunnel c’è il buio e senza nasconderlo il buio fa venire paura, pure ai grandi, che però la sanno nascondere o dissimulare. Il buio è anche “misterioso”, cioè più ricco di significati di quello che può apparirci: sembra vuoto, deserto, senza via d’uscita.
Ma aspettando il tempo che serve agli occhi per abituarsi, pian piano appare qualcosa o almeno si percepisce una presenza; la si desidera, la si invoca; arriva inaspettata. È la Presenza di Qualcuno che non è solo compagno di strada, ma Uno che cammina avanti e apre la strada, che cammina alle spalle e protegge, cammina a fianco e condivide, sopporta, specchia.
C’è in un salmo un’immagine preziosissima per me e la voglio condividere. Nel salmo 18 (v. 36) sta scritto: “tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza”… e mi viene da pensare: “ma se tu mi hai dato il tuo scudo, tu come farai senza?!”. Nel buio il Signore, silenzioso, spesso ci copre col suo scudo. Gesù sulla croce ci mostra come Dio ha dato il suo scudo a noi e ne è rimasto privo lui. Parole, immagini, suggestioni che provano a disegnare i lineamenti di Dio, quel Signore che esce di notte al buio in cerca della pecora in pericolo.
Leggiamo un breve testo di Isaia (9,1-6): È presentato un popolo che si muove o che comunque è costretto a vivere nelle tenebre. Come noi, sente la minaccia ed il pericolo e non sa come uscire dall’incastro dei nemici, che premono da nord dove il confine dello stato è diventato labile. L’invasione è percepita come l’ipotesi più plausibile e imminente.
E in quel frangente Il profeta annuncia qualcosa di assolutamente stupefacente e fuori posto: il popolo minacciato dall’esercito straniero riceve il dono di un bambino, un bambino che incredibilmente sbaraglierà l’esercito nemico; brucerà gli scarponi rimbombanti minaccia per la vita e lo farà con le “armi della pace”.
Quel “Bambino” vagheggiato da Isaia lo celebriamo la notte di Natale, ma quel bambino è pure l’immagine del sogno che porti dentro, della parte tenera del tuo cuore, della resistenza a stare nel desiderio di essere e diventare la persona bella come senti tu … e ti sforzi di riuscirci. Isaia proprio nel tunnel della minaccia dell’invasione, che poi arriverà, ha il coraggio di annunciare una gioiosa salvezza, la luce di una presenza che rompe il buio: questo fa esplodere la gioia della vita, più di quando “si condivide la preda”, cioè il sostentamento per vivere. La luce e la gioia, che appaiono più importanti del pane e vengono per opera di quel Bambino, che rinasce sempre, Lui e te.
La sua è una Presenza luminosa, che posso imparare a riconoscere e per questo vado a ricercare i “punti-luce” del mio percorso; è una presenza su cui contare, come gli amici che oggi incontriamo o conosciamo all’inizio del ritiro. Non importa dare subito un nome a questa Presenza. Anche se possiamo dare una serie di nomi alla presenza di Dio nella nostra vita, sarà Lui a pronunciare il suo nome nuovo, che illuminerà un nuovo tratto di strada quando ce ne sarà bisogno, magari accendendosi proprio all’ultimo istante.
Allora tutta la vita si svela come un continuo “venire alla luce”, nascere e rinascere al desiderio, alle relazioni, all’amore, alla giustizia, … è un partorirsi di nuovo, sempre; è esercizio di vera libertà e responsabilità; ed è Lui che esercita su di noi la sua maieutica. Si perché non possiamo dimenticare che siamo un impasto di luce e tenebre dal di dentro, ma proprio nel nostro più profondo buio la Presenza diventa amica e gli occhi si possono illuminare (cf. Mt 6,22-23), perché paradossalmente la luce per vivere non viene da fuori, ma da dentro!
La croce è sullo sfondo del racconto e Gesù parla del suo “entrare nel buio”: per un po’ non lo si vedrà. Gli interlocutori non capiscono e neanche noi. Il “perché” Gesù vada incontro al buio della passione e della croce coincide con il “come”! Con quale sguardo può mirare a quel buio? Gesù entra nel buio della passione e della sua morte con la luce della sua scelta fondamentale di farsi dono: ha scommesso tutto su quello, ha attraversato le tentazioni di diventare Messia di convenienza, successo e potere.
Cammina Gesù e, quando tutti scapperanno, lui continuerà ad avanzare nella coltre delle tenebre: la luce si sprigiona dai suoi occhi ed il buio, che sembra sempre farla da padrone potente, è lacerato. Perché il buio fa paura, ma la più piccola luce è sufficiente a farlo svanire.
Gesù ha negli occhi la luce dell’amore, che propone come “parola di vita”, “comandamento”. Quella è la sua luce di Dio ed è il centro della sua esperienza di uomo, quella è la speranza che mostra, perché altri, noi oggi, si uniscano a lui. Anche Gesù deve però attraversare il buio con la luce che porta dentro: deve camminare, deve fidarsi. Noi proveremo a farlo… insieme.
> Per la Preghiera personale: Salmo 27
> Le slide bibliche: Dal buio alla luce (file PDF)