Cosa succede quando scopriamo che Dio ama le diversità?
Riflessioni bibliche di Carlos Osma pubblicate sul suo blog Homoprotestantes (Spagna) il 13 giugno 2020, liberamente tradotte da Giulia Garofani
A parte per quelli che hanno deciso di vivere fuori dalla realtà, o sono bloccati dalle proprie bugie, è evidente che la diversità è una delle caratteristiche che definisce il mondo in cui viviamo. Siamo esseri diversi, che sentono cose differenti, e sono intesi in modi molto diversi.
Almeno questo è quello che succede quando si creano spazi di libertà dove le persone possono esprimersi esattamente come vorrebbero. È evidente che le differenti identità, nonostante i loro limiti, possono aiutarci a cercare di plasmare tutto quello che siamo, anche se si deve dare per scontato che corriamo il rischio di rendere una migliore dell’altra, o addirittura negare o silenziare quelle che ci sembrano inaccettabili.
Per noi cristiani, questa realtà della diversità che ci si presenta ogni giorno, ci fa domandare cosa quest’ultima ci dice di Dio, come ce lo rivela. E la conclusione più semplice è quella che afferma che se siamo creati a sua immagine, pure Dio deve essere diverso. Cosicché quanto più chiara, monolitica e completamente irremovibile sia la nostra idea di Dio, più potremmo essere in errore. In questo momento non parlerò della divinità in sé, mi preoccupa più l’influenza che ha sulla nostra percezione della realtà.
Cosa cambia se il nostro Dio è diverso? Non mi riferisco però a cosa cambia di Dio, ma cosa cambia nella nostra maniera di comprendere il mondo e noi stessi se questo Dio è qualcosa di più completo della radiografia in bianco e nero che qualcuno ha fatto di lui.
È assolutamente evidente che tutti quei cristiani che negano la diversità, che si oppongono a che sia riconosciuta dalla Chiesa o protetta dalla società, riflettono un Dio tribale che sta dalla parte di alcuni (quelli che sono come loro) ma non con il resto. Un Dio che mette alcune persone al di sopra di altre, e che pone l’uomo ricco occidentale eterosessuale sulla cima della torre di Babele a pochi centimetri dal toccare la divinità.
Ovviamente tutte le idee che abbiamo di Dio sono assolutamente parziali e condizionate, però: possiamo davvero dire che in questo caso stiamo parlando di divinità? Io penso che, per quanto sia condizionata, c’è un limite che qui è stato ampiamente superato e che rende impossibile credere che abbiamo a che fare con qualcosa che si riferisce remotamente al totalmente altro.
Negare l’esistenza di chi è diverso porta inevitabilmente alla necessità di dotarsi di una serie di norme, leggi, storie e costumi che permettano di naturalizzare questa negazione. Infatti, gli dei tribali sono sempre accompagnati dai loro sacerdoti giuristi, capaci di trovare più velocemente di Google in quale capitolo e versetto è scritto che non si può essere o sentire in maniera diversa da quella divina (la sua).
Il Vaticano, ad esempio, ha appena pubblicato il testo “Maschio e femmina li creò” per allertare quelli che vogliono “annichilire la natura”, dimostrando per l’ennesima volta la loro incapacità di mettersi a lato di chi è vittima di oppressione.
Il loro Dio tribale è concentrato a proteggere un determinato sistema che esclude e discrimina quelli che non ne fanno parte, e si allontana dal Dio della Bibbia, quello di cui la Genesi afferma: “E Dio vide quanto aveva fatto, ed era cosa molto buona” (Gn 1,31). Quel Dio diverso che si rivela in ogni momento della nostra vita se abbiamo gli occhi sufficientemente aperti, e non condanniamo la gente e le diciamo come deve identificarsi o cosa deve sentire.
Gli dei tribali non sono solamente falsi, come tutti i profeti e le profetesse che hanno come portavoce, ma anche solo capaci di generare vite false. Se c’è una cosa che l’esperienza ci insegna è che più il Dio di una determinata persona assomiglia al Dio tribale delle ortodossie, più farà tesoro di repressioni e bugie.
L’opacità delle strutture religiose che si oppongono tassativamente al Dio della diversità, al Dio della Bibbia, non nasconde altro che corruzione, invidia, dolore, sofferenza, abusi, bugie e falsità. E questo lo sappiamo tutte e tutti, per questo non capisco perché alcuni seguaci del Dio della diversità hanno così tanto bisogno dell’approvazione del Dio della ortodossia. Di quanto tempo avranno bisogno prima di accorgersi che è falso!
Il Dio diverso in cui non esseri umani diversi dobbiamo rispecchiarci, è strano. Innanzitutto, perché anche se racchiude tutte le nostre proiezioni, non si lascia cogliere, è sfuggente. Il Dio della diversità non ci dice mai qual è l’azione corretta, o la risposta esatta; non ci offre sicurezza, né soluzioni miracolose. Un giorno pensiamo che ci sta parlando, e il giorno dopo ci rendiamo conto che il messaggio l’avevamo già preregistrato noi stessi nel nostro inconscio.
Il Dio della diversità è enorme, immensa, intrattabile, indomabile… audace e coraggioso. Ma è anche un accuditore, protettore, un’amica, unamadre… debole, umile e con spirito di sacrificio. Il Dio diverso lo percepiamo con più nitidezza solo quando di mezzo c’è l’amore. Dove c’è amore, c’è Dio, il Dio diverso, il Dio strano.
Ed è creando quei momenti, quegli spazi dove l’amore si fa’ presente nella diversità che ci ha voluto regalare, che possiamo percepire meglio chi è. Nei luoghi dove l’amore brilla per la sua assenza, dove c’è solo una forma corretta di essere, il Dio tribale si sistema a suo piacimento. Dove c’è amore c’è un cammino da percorrere che ci avvicina a Dio attraverso il prossimo. Questo credo che sia il miglior criterio per capire vicino a che Dio ci troviamo.
Testo originale: Dioses extraños