Come essere nella chiesa cattolica un ponte vivente verso i cristiani LGBT+
Articolo di Paul Fahey pubblicato sul blog cattolico Where Peter Is (Stati Uniti) il 15 gennaio 2020, liberamente tradotto da Diandra Hocevar
Ho partecipato a una conferenza della Dott.ssa Mary Healy, professoressa di Sacre Scritture al Sacred Heart Major Seminary (Seminario Maggiore del Sacro Cuore) durante l’Encounter Conference 2020 sul tema dell’unità cristiana. La Dott.ssa Healy ha proposto una bellissima metafora dell’ecumenismo sulla quale continuo a riflettere da allora. (Specifico che riferirò il suo discorso a memoria, quindi farò del mio meglio per descrivere le sue idee in modo fedele).
L’immagine che Healy ha usato per illustrare il vero ecumenismo – che è lo sforzo volto ad unire tutti i cristiani – è una persona con le braccia distese. In una mano, questa persona ha la verità della Chiesa, mentre l’altra mano è tesa, non verso una religione o un’ideologia, ma verso un individuo. In questo modo, il cristiano diviene un ponte vivente che collega la Chiesa con un’altra persona.
La Dott.ssa Healy ha raccontato che un uomo l’ha approcciata di recente e le ha raccontato di aver fatto parte di un gruppo ecumenico in passato; tuttavia l’aveva abbandonato dopo qualche tempo perché gli sembrava di aver sacrificato troppo la sua identità da cristiano in quanto membro del gruppo. La sua risposta è stata che se egli stava sacrificando le verità della Chiesa, allora quello non era vero ecumenismo. Il vero ecumenismo comporta un sacrificio che riguarda l’umiltà: è la volontà di ascoltare, di essere aperti a ricevere cose positive gli uni dagli altri, e di essere determinati nel trovare più di qualche compromesso raggiungere un individuo dove si trova. Questo è il sacrificio che richiede il vero ecumenismo.
Una persona con entrambe le braccia distese è l’immagine di una persona crocifissa. Portare altri a Cristo e alla sua Chiesa ha un costo. Essere un ponte ha un costo. La gente da una parte dirà “Fai troppi compromessi! Sei troppo generoso con questi eretici e questi peccatori!”. Dall’altro lato si sentiranno grida al suono di “Sei troppo rigido e intollerante!”.
Nonostante il discorso della Dott.ssa Healy si riferisse all’unità con cristiani di altre denominazioni, ho pensato che le sue idee possano essere applicate ad un’area ancora più contenziosa del dialogo con i protestanti: l’accompagnamento e il ministero (pastorale) con i cristiani LGBT. Durante il suo pontificato, papa Francesco è spesso servito da modello dell’uomo crocifisso.
Da una parte, il nostro papa è irremovibile nel suo supporto dell’insegnamento cristiano. In diverse occasioni ha descritto la teoria di genere, specie quando è insegnata ai bambini, come “colonizzazione ideologica”. Nel luglio 2016, in un incontro con i vescovi della Polonia, il Santo Padre ha detto:
“In Europa, in America, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche. E una di queste – lo dico chiaramente con “nome e cognome” – è il gender! Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile. “
Dall’altra parte, il papa si rifiuta di confondere le ideologie con le persone. Alcuni mesi dopo queste dichiarazioni, in una conferenza stampa durante un viaggio in aereo, gli è stato chiesto se accompagnerebbe una persona transgender. Il papa ha risposto con un racconto personale:
“L’anno scorso ho ricevuto una lettera di uno spagnolo che mi raccontava la sua storia da bambino e da ragazzo. Era una bambina, una ragazza, e ha sofferto tanto, perché si sentiva ragazzo ma era fisicamente una ragazza. L’ha raccontato alla mamma, quando era già ventenne, 22 anni, e le ha detto che avrebbe voluto fare l’intervento chirurgico e tutte queste cose. E la mamma gli ha chiesto di non farlo finché lei era viva. Era anziana, ed è morta presto. Ha fatto l’intervento. È un impiegato di un ministero di una città della Spagna. È andato dal vescovo. Il vescovo lo ha accompagnato tanto, un bravo vescovo: “perdeva” tempo per accompagnare quest’uomo. Poi si è sposato. Ha cambiato la sua identità civile, si è sposato e mi ha scritto la lettera che per lui sarebbe stata una consolazione venire con la sua sposa: lui, che era lei, ma è lui. E li ho ricevuti.”
Il papa condanna una falsa antropologia, ma ha anche ascoltato una persona sofferente con compassione, e le è venuto incontro, tanto da riferirsi a una persona nata femmina con “lui”, dicendo “lui, che era lei, ma è lui”. In questa situazione, il papa è diventato un ponte vivente fra una persona in carne ed ossa e Gesù Cristo, senza aspettarsi che quest’uomo lo incontrasse a metà strada.
Similmente, papa Francesco ha ribadito l’insegnamento della Chiesa circa l’omosessualità e ha affermato che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Tuttavia, il Santo Padre si è riferito a persone gay con il termine “gay” e si è dimostrato incredibilmente comprensivo verso le persone LGBT nel corso del suo pontificato.
Un esempio toccante è ciò che è accaduto l’aprile scorso, quando il comico britannico Stephen K. Amos ha visitato il papa durante un pellegrinaggio. Quando ha affermato di non sentirsi accettato dai credenti in quanto uomo gay, il papa ha risposto:
“Dare più importanza all’aggettivo [gay] che al sostantivo [uomo] non è buono. Siamo tutti esseri umani, abbiamo dignità, se una persona ha una tendenza o un’altra, questo non toglie la sua dignità di persona. Le persone che decidono di rifiutare le persone per l’aggettivo sono persone che non hanno un cuore umano“.
L’anno scorso, un’amica cattolica LGBT mi ha confidato che stava pensando seriamente di abbandonare la Chiesa, in parte perché si trovava in difficoltà con l’insegnamento della Chiesa riguardo l’omosessualità, ma soprattutto perché semplicemente si sentiva profondamente indesiderata e sgradita.
Le è successo che amici cattolici abbiano detto cose spregevoli e offensive su “i gay” in sua presenza e si è anche sentita attaccata personalmente dalla retorica diffusa nei circoli cattolici secondo la quale l’omosessualità è la causa dello scandalo di abusi sessuali all’interno della Chiesa. La mia amica mi ha detto quella volta che tutto ciò che voleva dalla sua comunità cattolica locale era che qualcuno le dicesse “vogliamo che resti nella Chiesa cattolica, non importa se sei gay, ti vogliamo qui”.
Possiamo guardare al Papa come esempio di ponte vivente verso i nostri fratelli e le nostre sorelle LGBT. Egli non li considera come progetti da intraprendere, ma viene loro incontro in quanto fratelli e sorelle, ascolta le loro storie, e impara da loro. Sì, abbiamo cose da imparare dalle persone LGBT. Hanno da offrire alla Chiesa la stessa verità, la stessa virtù, la stessa bellezza che ha qualunque altra persona creata a immagine e somiglianza di Dio.
Tutti i cristiani LGBT hanno un posto unico in questa Chiesa che solo loro possono occupare. Questa è la loro Chiesa, e il loro battesimo li ha resi membri permanenti del Corpo di Cristo, ma troppe volte abbiamo ignorato il loro posto nella nostra comunità.
Verremo criticati per aver risposto a questa chiamata? Assolutamente. Le accuse verranno lanciate da tutte le parti:
“Non sei fedele agli insegnamenti della Chiesa”.
“Sei intollerante”.
“Sei un cattolico da bar”.
“Probabilmente sei gay anche tu”.
“Sei dalla parte sbagliata della storia”.
“Sei un lupo travestito da agnello”.
“Sei un hater”.
“Sei solo un liberale”.
“Sei solo un conservatore”.
“Fai troppi compromessi”.
“Non fai abbastanza compromessi”.
La crocifissione è dolorosa. Essere un ponte vivente verso i fratelli e le sorelle LGBT può costarci il nostro orgoglio e la nostra morale. Potrebbe anche costarci la nostra reputazione o il posto d’onore che occupiamo nella nostra comunità cattolica. Ma questo è un piccolo prezzo da pagare per il bene di un fratello o di una sorella LGBT che trova misericordia, sollievo e libertà in Gesù Cristo. Nel suo breve libro intitolato “Scritture, misericordia e omosessualità”, la Dott.ssa Mary Healy afferma:
“L’atteggiamento di Gesù verso le persone che vivono ai margini – incluse le persone che hanno stili di vita immorali – stabilisce lo standard per i suoi discepoli. Egli crea una mentalità radicalmente nuova caratterizzata da calore, sincerità, accoglienza e rispetto. Se osserviamo le frequenti accuse ricevute dai suoi avversari, possiamo farci un’idea di quanto il suo comportamento fosse controculturale: “Quest’uomo accoglie i peccatori e mangia con loro” (Luca 15:2). “Perché mangi e bevi con gli esattori delle tasse e con i peccatori?” (Luca 5:30, cf. 19:7). Gesù non si limita a ricevere passivamente le persone socialmente emarginate quando si recano da lui, ma si avvicina a loro in modo attivo, passa il tempo con loro, gode della loro compagnia e condivide con loro la buona novella del regno. I suoi seguaci sono invitati a fare lo stesso.”
Accetta quella croce e segui Gesù.
Testo originale: The Living Bridge to LGBT Catholics