Com’è fatta una Chiesa cattolica inclusiva con i cattolici LGBT?
Riflessioni di padre James Martin*, S.J. pubblicato sul sito del giornale cattolico America Magazine (Stati Uniti) il 30 Agosto 2019, liberamente tradotto da Angelica Mancini
Cosa significherebbe per la Chiesa istituzionale accogliere i cattolici LGBT? Cosa significherebbe per i responsabili della Chiesa aiutare i cattolici LGBT a sentirsi a casa nella propria Chiesa? E come si può raggiungere questo obiettivo nel contesto dei valori del Vangelo e degli insegnamenti della Chiesa? Ce lo spiegano tre storie recenti, i cui protagonisti sono un prete, un arcivescovo e un parroco.
La storia che riguarda il prete è forse la più sorprendente. Il reverendo Bryan Massingale, uno stimato teologo che ha insegnato per molti anni alla Marquette University ed è attualmente professore di etica teologica e sociale alla Fordham University (Stati Uniti), di recente ha aperto una conferenza con le seguenti parole: “Partecipo a questo dialogo in qualità di teologo, prete, nero e gay”.
Il discorso, intitolato “The Challenge of Idolatry for LGBTI Ministry” (La sfida dell’idolatria per la pastorale LGBTI), tenuto al Global Network of Rainbow Catholics (Rete Globale dei Cattolici Arcobaleno) a Chicago, ha incoraggiato i cattolici presenti a ricordare che sono tutti “egualmente redenti da Cristo e profondamente amati da Dio”.
La pubblica dichiarazione di padre Massingale riguardo la propria sessualità può apparire irrilevante agli occhi di alcuni occidentali; ma il numero di preti cattolici che dichiarano apertamente la propria omosessualità al pubblico (e che, ovviamente, rimangono fedeli alla promessa di celibato), nonostante i numerosi articoli degli ultimi anni su questo argomento, è ancora infinitesimale.
Il teologo della Fordham ha affermato di essere stato incoraggiato dal fatto di trovarsi tra tantissimi cattolici LGBT alla conferenza che avevano sofferto a causa di persecuzioni importanti nei loro Paesi. In un’email mi ha scritto:
“Ho parlato con loro, non solo con la mente, ma con il cuore e l’anima. Volevo mostrare loro che la nostra fede non è solo importante per la loro battaglia per la giustizia, ma rappresenta anche la forza per l’opera difficile e spesso pericolosa che stanno compiendo. Per poterlo fare, dovevo condividere la mia storia di fede, e come sono giunto ad accettare me stesso come una creazione a immagine di Dio sotto forma di un uomo gay e nero. Ho detto ciò che ho detto perché le persone soffrono terribilmente a causa di chi sono e di come amano. Non potrei chiedere loro di continuare ad essere coraggiosi se non fossi disposto a fare altrettanto”.
Una tale apertura rende la Chiesa più accogliente, soprattutto agli occhi delle persone LGBT che si chiedono se esista un posto per loro. Esempi come quelli di padre Massingale contribuiscono a farli sentire accolti e amati. Come dice lui stesso, “non si trattava di fare ‘coming out’, ma di permettere all’amore di Dio per tutti noi di ‘andare fuori’”.
Il secondo gesto si è concretizzato nelle riflessioni di Wilton Gregory, recentemente nominato arcivescovo di Washington (Stati Uniti). L’arcivescovo Gregory è molto conosciuto per i suoi sforzi per accogliere le persone LGBT nella sua ex arcidiocesi di Atlanta, dove ha promosso “Fortunate and Faithful Families” (Famiglie Fortunate e Devote), un gruppo per i membri delle famiglie dei cattolici LGBT.
In uno degli eventi al “Theology on Tap” (Teologia alla spina), Rory, transgender, gli ha domandato se ci fosse un posto all’interno della Chiesa per le persone transgender. L’arcivescovo Gregory ha risposto: “Tu appartieni al cuore di questa Chiesa. E non c’è niente che tu possa fare, o dire, che potrà mai strapparti dal cuore di questa Chiesa. Molto ti è stato detto, ed è stato detto su di te, alle tue spalle, e ciò è doloroso, ed è peccato. Ecco perché sottolineo l’importanza del dialogo. Dobbiamo trovare un modo per parlare gli uni con gli altri. E parlare gli uni con gli altri, non da un unico punto di vista, ma parlarci e ascoltarci gli uni con gli altri. Credo che questo sia il modo in cui agiva Gesù. Coinvolgeva le persone, andava a prenderle dove si trovavano, e le invitava ad andare più in profondità, più vicino a Dio. Quindi tu mi chiedi dov’è il tuo posto? Il tuo posto è in questa famiglia”.
È stata una lunga e saggia risposta pastorale a ricordare a Rory, e a tutti i presenti nella chiesa, che tutti i cattolici fanno parte della Chiesa. Sentire queste parole è di particolare conforto per i cattolici transgender e le loro famiglie, dal momento che si sono sentiti così a lungo tormentati nella Chiesa.
Infine, con l’approvazione dell’arcidiocesi di Chicago, un nuovo ministero pastorale, guidato da cattolici sui venti/trent’anni, sta nascendo nella Parrocchia di San Clemente, una delle tante parrocchie negli Stati Uniti con ministeri pastorali per persone LGBT. Si chiama “Affirmed” (Affermati).
L’arcidiocesi sostiene la A.G.L.O. (Archidiocesan Gay and Lesbian Outreach – L’Assistenza Arcivescovile per Gay e Lesbiche) dal 1988, e San Clemente è da sempre una parrocchia di accoglienza. Ma come spiega Michael Bayer, direttore per l’evangelizzazione e la formazione religiosa, il ministero pastorale della parrocchia non è stato in attività per diversi anni, e “un gruppo di cattolici venti/trentenni ha sentito la necessità impellente di essere in prima linea, nella ricerca del modo in cui la Chiesa possa pienamente integrare, accogliere e sostenere le persone LGBTQ+ e le loro famiglie”. Michael Bayer descrive questo ministero pastorale come “guidato da laici, che parte dalla base”.
Alla domanda su cosa fosse degno di nota nel nuovo ministero pastorale, Katherine Abel, la nuova presidente di Affirmed, ha risposto: “Il processo di costruzione di questo ministero pastorale mi ha insegnato quanto siamo stati eccezionalmente fortunati ad avere il sostegno, non solo del parroco e della nostra comunità parrocchiana, ma anche dell’arcidiocesi di Chicago. Dal momento che molte altre comunità non hanno lo stesso sostegno e libertà di creare ministeri pastiorali come noi, il fatto stesso che il nostro ministero esista è degno di nota”.
Katherine Abel ha descritto la reazione a questa pastorale come “straordinariamente positiva”, avendo ricevuto “parole di entusiasmo dai futuri partecipanti e parole di gratitudine da numerosi sostenitori nel Paese e dall’estero”. La sua preghiera, ci racconta, è che presto tali ministeri pastorali non saranno l’eccezione, “e ministeri come il nostro spunteranno un po’ ovunque”.
È in questo modo, attraverso il lavoro di laici, preti e vescovi, che i cattolici LGBT riusciranno a sentire “il rispetto, la compassione e la sensibilità” a cui il catechismo ci incoraggia, e l’amore che Gesù è venuto a condividere. È in questo modo che sapranno di essere “nel cuore di questa Chiesa”.
* Il gesuita padre James Martin, autore ed collaboratore della rivista cattolica America, è conosciuto come conferenziere, scrittore e per il suo ministero pastorale con le persone LGBT. Tra i suoi libri ha edito nel 2017, Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone Lgbt” (Editore Marcianum, 2018), su come la Chiesa cattolica e la comunità LGBT possono entrare in una relazione di rispetto, compassione e sensibilità.
Testo originale: What does a church open to LGBT Catholics look like?