Come la lotta all’Aids sta infrangendo il tabù dell’omosessualità in Africa
Riflessioni di Bruno Ottimi pubblicate sul sito Seronet (Francia) il 18 Marzo 2012, liberamente tradotto da Rita
La questione dell’omosessualità nell’Africa nera e tra i migranti africani è, da qualche anno, uno dei temi più discussi e controversi. Sempre negata, denigrata, rinnegata, l’evidenza del fenomeno la rende un segreto di pulcinella.
Per molto tempo silenziati, dimenticati, costretti alla clandestinità, gli omosessuali nell’Africa nera e tra i migranti oggi, grazie all’esplosione di internet, alle conquiste della lotta all’aids e ad un relativo cambiamento di mentalità, iniziano ad aprirsi, a mostrarsi, a manifestare in pubblico e a far sentire la loro voce. Questa nuova situazione, benché abbia considerevolmente migliorato l’esperienza dell’omosessualità nelle nostre comunità, non ha comunque fatto diminuire (in Africa) la stigmatizzazione, ancora molto forte, e nemmeno ha fatto sparire dai codici dei nostri paesi le leggi penali su di essa.
Una battaglia contro se stessi. Al contempo, le difficoltà ad essere nero e omosessuale, non è solo un problema per gli altri ma è anche una battaglia contro sé stessi. Ci si sente in colpa per non essere come gli altri, per essere diversi, per essere omosessuali. Questo senso di colpa a volte è legato alle nostre stesse immagini dell’omosessualità che, all’improvviso, nell’omosessuale, possono creare un rigetto di sé stesso e rendergli inaccettabile il suo orientamento sessuale. E’ legato anche a come la società e i familiari vedono il fenomeno o ai commenti fatti sugli omosessuali.
Si viene convinti a percepire questo orientamento sessuale come anormale e deplorevole e questo genera la battaglia interiore contro l’anormalità, quando ci si scopre omosessuali. Queste difficoltà incidono sia sull’autostima che sulla fiducia in sé stessi. Le personali convinzioni religiose possono, anch’esse, essere fonte di malessere dato che sia la concezione cristiana che quella musulmana verso l’omosessualità, non è certo delle più tenere ( l’omosessualità è haram per i musulmani, peccato per i cristiani).
Da qui la difficoltà a conciliare fede e orientamento sessuale, visto che è condannata proprio dalla religione a cui si è attaccati.
Bisogna anche trattare la questione dell’identità che, per alcuni è molto importante. Chi sono io? Omosessuale? Bisessuale, visto che sono attratto anche dalle donne? Eterosessuale dato che con gli uomini è un attrazione solo occasionale e sessuale? Per alcuni queste domande sono relative alla loro identità maschile o femminile. Alcuni, sentendosi più “donna” nella testa, lo mostrano con il corpo attraverso il travestimento (oltre la questione trans-identitaria), la gestualità, il look.
La vecchia guerra in seno alla comunità omosessuale (nera) tra “virili” ed “effeminati, vezzosi, talvolta anche truccati e con tanto di borsetta” ha ancora un futuro di fronte alla crescente femminilizzazione di molti gay.
Una battaglia contro gli altri. Resta il fatto che, questa lotta contro sé stessi, diventa ben poca cosa rispetto alle sofferenze che provoca il rigetto da parte degli altri, della società in generale. Il rifiuto dell’omosessualità nelle comunità nere è tenace, le sue manifestazioni multiformi e nutrono una omofobia che cresce insieme alla visibilità del fenomeno. Come spiegare questo rifiuto, questa reazione sociale?
E’ diffusa credenza in Africa e nella diaspora nera che l’omosessualità sia un fenomeno importato dall’Occidente e che sarebbe giunto nel continente insieme agli Europei. Per questo è logico dedurre che la terra d’Africa, non avendo mai generato questo fenomeno, non ne accetti l’esistenza e non abbia intenzione di tollerare la pratica dell’omosessualità. Peccato però che si una erronea convinzione per il fatto che gli omosessuali sono sempre esistiti ovunque, fin dalla notte dei tempi.
A differenza dell’Occidente, dove il fenomeno è uscito dalla clandestinità già da tempo, nelle società africane, è rimasto invisibile, un tabù come tutti gli argomenti che toccano l’intimità e di cui, per pudore, non si parla mai in pubblico. Per le nostre tradizioni, massimamente pudiche, non è cosa buona lasciarsi andare ad effusioni amorose pubblicamente. A maggior ragione la pratica omosessuale che fa riferimento a cose ancor più delicate, di cui tutti sanno ma che nessuno vuol vedere.
Sembra che le nostre società nere siano solo un po’ più tolleranti verso gli effeminati. Le nostre città brulicano di “uomini-donne” semplicemente ignorati, che fanno parte del “folklore” e che bisogna accettare come tali perché purtroppo sono nati così! La loro sessualità è liquidata come una una questione considerata uno dei numerosi soggetti tabù.
Per contro, se abbastanza teneri verso gli effeminati, diventano intolleranti verso gli “uomini-uomini”, quelli virili, incarnazione di forza e carattere mascolino. E’ ammissibile che un uomo virile, un uomo e basta, possa lasciarsi andare a gesti affettuosi con un altro uomo addirittura di tenerezza e amicizia prendersi per mano, per la vita…) tra uomini, in Africa, non crea problema a nessuno, contrariamente all’Occidente dove due uomini che si tengono per mano attirano sguardi di disapprovazione.
Quindi, quello che si può legittimamente imputare all’arrivo degli Europei, è l’influenza delle religioni ed il retaggio delle loro civiltà che veicolarono, all’epoca, una espressa, e senza appello, condanna di una pratica che le nostre leggi e religioni non condannavano formalmente. Invece oggi, mentre l’influenza della religione è considerevolmente diminuita nei paesi europei, in Africa è più forte che mai con tutte le sue conseguenti intolleranze. Sodoma e Gomorra non vi ricorda nulla?
D’altra parte, molte delle ex colonie che hanno ereditato le leggi penali europee, non hanno fatto ancora nessun adeguamento ai loro codici penali. Alcuni rari paesi che non hanno penalizzato l’omosessualità si stanno muovendo in tal senso, il caso più recente è il Burundi, cui l’Uganda avrebbe voluto ispirarsi. Comunque sia, le cose si muovono, il mondo anche, l’Africa e le comunità di emigrati anche. Gli omosessuali escono dall’ombra, si dichiarano. La lotta all’aids è riuscita a portare “coram populo” il tabù dei tabù, ed ha dato visibilità alla questione omosessuale anche nelle comunità dei migrati africani.
Omosessuali oggi in Africa e tra i migranti: è imperativo di mobilitarsi contro le discriminazioni e per l’affermazione di sè. Lo stimolo della lotta allo HIV/aids. Iniziato nei paesi anglofoni, il fenomeno della strutturazione della comunità omosessuale deve essere recepito in tutto il resto dell’Africa nera e nelle comunità africana dei migranti. Benché isolati, dispersi, la comunità LGBT ha largamente approfittato dell’avvento di internet. Una volta gli incontri erano difficili, oppure circoscritti ad una cerchia di amici o di famiglia, la chat ha facilitato i contatti e permesso agli omosessuali di conoscersi, di formare una comunità.
Sono nate delle associazioni a tal fine; queste hanno creato la possibilità di incontrarsi e di scambiarsi opinioni. I bar gayfriendly, sono apparsi in alcuni paesi, Camerun e Costa d’avorio per esempio. Vengono organizzati avvenimenti LGBT (l’elezione di Miss Lesbica o Mister Gay per esempio).
Il movimento si è mosso a livello continentale con la creazione dell’ILGA Africa (International Lesbian and Gay Association) a Johannesburg nel maggio 2007. La mobilitazione degli africani emigrati, invece, beneficia delle conquiste di LGBT nei paesi occidentali per crescere (Africa Arcobaleno in Francia, Arcobaleno d’Africa a Montreal, etc.). Lontano da noi ci sono le nostre prigioni, ma vicino a noi, abbiamo l’omofobia delle comunità migranti subsahariane. Questo è ciò che dà un senso alla lotta qui (in Europa).
In ogni caso, la lotta all’aids è stato il miglio catalizzatore dell’emancipazione delle associazione identitarie LGBT in Africa. La lotta contro l’aids ha permesso di portare la questione di fronte a tutti e di fare della difesa dei diritti delle persone LGBT una sfida per la salute pubblica e per la promozione dei diritti umani. Benché le cifre dimostrino una prevalenza molto forte dell’Hiv tra gli omosessuali (detti MSM, Men Having sex with Men, o HSH), invece le politiche di prevenzione inquietano, per il poco spazio, o addirittura la mancanza di spazio, che danno alla prevenzione relativamente agli omosessuali. Le associazioni generiche avevano difficoltà a raggiungere i gay per lavorare con loro sulla prevenzione, i gay stessi avevano difficoltà a muoversi ed a rendersi visibili. Oggi le cose sono molto cambiate, la questione omosessuale ha trovato una sua legittimità per essere affrontata sia riguardo ai diritti umani, che nella salute pubblica.
Bisogna ringraziare l’investimento delle associazioni francesi per la lotta all’aids (AIDES, Sidaction, etc.) e sulla difesa delle minoranze sessuali in Africa. Allo stesso modo, bisogna ringraziare l’investimento sempre più importante delle associazioni generiche di lotta contro l’Aids sul campo della prevenzione verso le persone omosessuali, e ancora, dei loro investimenti sulla problematica omosessuale in genere. La lotta contro l’Aids ha accelerato le cose, molto più di quanto non abbia fatto la promozione dei diritti dell’uomo in seguito ai movimenti di democratizzazione in Africa.
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* Bruno Ottimi è presidente, fondatore e presidente d’onore di ’Afrique Arc-en-ciel (Africa Arcobaleno), un’associazione membro di RAAC-Sida.
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Testo originale: Afrique : lutter contre la stigmatisation, les tabous, lutter contre le sida