Come la religione sta uccidendo i giovani omosessuali più vulnerabili
Riflessioni di Gene Robinson, Vescovo Episcopale del New Hampshire, tratte dal Huffington Post (Stati Uniti) del 15 ottobre 2010, liberamente tradotte da Rosanna Fiocchetto
Un autoadesivo sempre più popolare dice “Non sono le pistole a uccidere la gente – è la RELIGIONE!”.
Alla luce degli eventi recenti, aggiungerei che la religione uccide i giovani: i giovani gay, lesbiche, bisessuali e transgender.
Forse non direttamente. E la religione certo non è la sola fonte del sentimento anti-gay nella cultura.
Ma è difficile negare che le voci religiose che condannano le persone lesbiche, gay, bisex e trans (lgbt) contribuiscono all’atmosfera in cui possono prosperare la violenza contro le persone lgbt e il bullismo contro i giovani lgbt.
I notiziari sono pieni delle tragedie di adolescenti gay che hanno deciso di mettere fine al loro inferno in vita commettendo suicidio. Magari non erano nemmeno gay, ma solo percepiti come tali dai loro pari che li hanno molestati, derisi e minacciati senza pietà.
Erano veri ragazzi con nomi veri.
Asher Brown, liceale texano, si è sparato nella testa dopo un interminabile bullismo da parte dei suoi compagni di scuola e nonostante i tentativi dei suoi genitori di indurre le autorità scolastiche a prendere sul serio il fatto che veniva molestato.
Seth Walsh si è impiccato a un albero nel suo cortile in California dopo un estenuante bullismo da parte dei suoi compagni di classe. Asher e Seth avevano tredici anni.
Billy Lucas, matricola quindicenne di una scuola superiore dell’Indiana, era solo considerato gay. Ma l’incessante bullismo ha finito per spingerlo a togliersi la vita.
Sette studenti in un distretto scolastico del Minnesota, fra cui tre adolescenti, si sono tolti la vita. Con l’eccezione di quello di Brown, avvenuto nel Texas, questi suicidi non sono accaduti nelle regioni della “cintura biblica” del paese, dove potremmo supporre che vi sia una considerazione per il pensiero religioso più elevata della norma. Si sono invece verificati in stati presumibilmente più liberali circa le tematiche lgbt: California, Minnesota, New Jersey e Rhode Island.
Il caso di Tyler Clementi è particolarmente istruttivo su quanto siamo ancora lontani dall’accettazione dei nostri ragazzi lgbt. Clementi era una matricola diciottenne della Rutgers University, il cui compagno di stanza aveva filmato in segreto un rapporto sessuale che Tyler aveva avuto con un altro studente, postandolo poi su internet.
Pensateci. Se Tyler fosse stato eterosessuale e fosse invece stato filmato mentre faceva sesso con la sua fidanzata, sarebbe stata una inappropriata invasione di pessimo gusto della sua privacy postare il video online; e certamente sarebbe stato imbarazzante per Tyler e per la ragazza.
Ma con ogni probabilità egli avrebbe anche ricevuto congratulazioni da parte degli amici per le sue qualità di stallone.
E se fosse stato eterosessuale non avrebbe affatto pensato di suicidarsi gettandosi dal ponte George Washington – e certo non l’avrebbe fatto, riuscendoci.
No, Tyler è stato vittima non di un disturbo interiore di depressione o di malattia mentale, ma di un disprezzo e di un odio delle persone gay da parte dell’esterno, e in parte ispirato dalla religione.
Nonostante i progressi raggiunti nell’ottenere uguaglianza legislativa e accettazione nella società verso le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender, perché questa ondata di bullismo, unita al disgusto di sé, che sfocia nel suicidio?
Con umiltà e sincero pentimento io asserisco che la religione – e il suo generale rifiuto dell’omosessualità – gioca un ruolo cruciale in questa crisi. Da un lato, i commercianti di odio e i pazzi della destra religiosa vomitano ogni sorta di veleno e di condanna, il tutto nel nome di un Dio dell’amore.
Boyd K. Packer, che ricopre la seconda più alta carica dei Mormoni, di recente ha definito l’attrazione tra persone dello stesso sesso “impura e innaturale”, con un atto di indicibile insensibilità, proprio al culmine di questa ondata di suicidi di adolescenti.
Ha dichiarato che può essere curata, e che le unioni tra persone dello stesso sesso sono moralmente ripugnanti e “contro la legge di Dio e della natura”.
Molti ragazzi gay crescono come gli altri in queste denominazioni religiose conservatrici. Giorno dopo giorno viene detto loro che sono un abominio davanti a Dio. Pensate al gran numero di ragazzi lgbt che proprio ora crescono in comunità cattoliche romane, mormoni, e di altre religioni conservatrici.
Il dolore e il disgusto di sé causati da una simile distorsione della volontà di Dio sono innegabili e tragici, provocando ferite e una indescrivibile alienazione in queste giovani vittime.
Ma non è necessario crescere in una comunità religiosa per assorbire questi messaggi religiosi. Non molto tempo fa ho avuto una conversazione con sei adolescenti gay, nessuno dei quali aveva mai avuto una formale educazione religiosa oppure una influenza religiosa.
Tutti però conoscevano la parola “abominio”, ed ognuno di loro pensava che fosse ciò che Dio pensava di loro. Non avrebbero potuto collocare il Libro del Levitico nella Bibbia, nè farne dipendere le loro vite, ma avevano assorbito questo messaggio dall’atmosfera antigay che respirano ogni giorno.
Va aggiunto che Tom Prichard del Minnesota Family Council recentemente ha detto che la vera causa dei suicidi è l’ “indottrinamento omosessuale”, non il bullismo antigay, e che gli studenti sono morti perché avevano adottato uno “stile di vita malsano”.
Susan Russell della All Saints Episcopal Church di Pasadena, California, ha sottolineato quanto siano ridicole queste affermazioni nel suo blog “An Inch at a Time”: “I tredicenni e i quindicenni non ‘adottano uno stile di vita’, stanno semplicemente cercando di avere una vita!
Cercano di capire chi sono, come Dio li ha creati per essere, e per fare che cosa sulla terra, con questo confuso mucchio di sentimenti sessuali che tentano di gestire.
Hanno bisogno di modelli di ruolo per relazioni sane, non di giudizio e del messaggio che sono condannati ad una vita di solitudine, isolamento e disperazione.”
Dall’altro lato, qual’è il ruolo di denominazioni più importanti e avanzate come la cristianità dominante, l’ebraismo e l’Islam in queste recenti tragedie?
In maggior parte il silenzio. E proprio come diceva l’organizzazione Act Up nella lotta contro l’Aids, “il silenzio equivale alla morte”. Non basta che le brave persone, religiose o no, nutrano semplicemente sentimenti più positivi verso le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender.
La tolleranza e l’atteggiamento vivi-e-lascia-vivere sono di gran lunga meglio della discriminazione e dell’abuso. Ma non bastano.
Le persone tolleranti, soprattutto le persone religiose tolleranti, devono superare la loro schizzinosità e diventare difensori vocali e sostenitori convinti delle persone lgbt. E’ davvero una faccenda di vita o di morte, come abbiamo visto.
Ho imparato questo avendo a che fare con il razzismo. Non basta essere tolleranti nei confronti di altre razze. Io traggo beneficio da una società razzista per il solo fatto di essere bianco. E questo senza nemmeno avere bisogno di usare la parola “n”, di trattare una persona di colore con scortesia, di pensare male di chiunque.
Ma finché non lavoro a smantellare il sistematico razzismo che elargisce privilegi a me, uomo bianco, a spese delle persone di colore, io sono un razzista. E la mia fede mi chiama a diventare un anti-razzista, attivo, vocale e impegnato.
Alcuni gruppi religiosi progressisti – la United Church of Christ, gli Unitari, la Metropolitan Community Church – da molto tempo difendono le persone lgbt. La Evangelical Lutheran Church of America di recente ha sollevato molto clamore accogliendo il clero gay.
E la mia Episcopal Church ha messo a grande rischio se stessa in nome della piena inclusione delle persone lgbt, eleggendo vescovi due sacerdoti apertamente gay. Tuttavia, anche in queste chiese progressiste, molto deve ancora essere fatto.
Cody J. Sanders, ministro battista e studente di teologia pastorale e counseling alla Brite Divinity School di Fort Worth, Texas, recentemente ha scritto sul sito web Religion Dispatches quanto sia importante per le chiese agire:
“I ministri che restano in un comodo silenzio sulla sessualità devono parlarne. Le chiese che hanno silenziosamente accolto membri gay e lesbiche per anni, devono ora pubblicamente abbracciare la loro causa.
Per quanto ancora continueremo a limitare e a moderare i nostri messaggi di accettazione, inclusione e accoglienza per i più vulnerabili, allo scopo di mantenere l’agio di coloro che nelle nostre comunità di fede sono ben serviti dallo status quo?
Nell’attuale clima, i messaggi affermativi equivoci vengono sopraffatti dalla retorica religiosa dell’odio. Il silenzio serve solo a sostenere la tolleranza del bullismo, della violenza e dell’esclusione. Di fronte a quello che è già diventato il normale verificarsi del suicidio lgbt adolescenziale, quanto tempo ancora possiamo aspettare a reagire?”.
In quanto buoni cristiani ed ebrei, dobbiamo lavorare a cambiare il pensiero, la retorica e la pratica religiosi che comunicano ai nostri ragazzi lgbt che essi sono disprezzati dal loro Creatore. Dobbiamo imparare ad obiettare alle battute anti-gay nello stesso modo in cui abbiamo imparato a dire ai nostri amici che non avremmo tollerato battute razziste.
Dobbiamo esigere che le nostre scuole non solo abbiano politiche anti-bullismo, ma che agiscano di conseguenza fermando la pratica del bullismo. Dobbiamo fare lobby affinchè i nostri rappresentanti al parlamento approvino lo Student Non-Discrimination Act (SNDA, H.R. 4530, S. 3390).
E dobbiamo proclamare apertamente, a voce alta e spesso, che amiamo i nostri ragazzi incondizionatamente nel modo in cui li ama Dio, volendo sempre il meglio e le vite migliori per loro.
Questi comportamenti di bullismo non esisterebbero senza la copertura e la patina di rispetto forniti dal fervore religioso contro le persone lgbt. E’ tempo che le persone religiose “tolleranti” riconoscano il collegamento diretto tra le teologie ufficiali anti-gay delle loro denominazioni e le morti di questi giovani.
Nulla, tranne il cambiamento della nostra teologia della sessualità umana, salverà queste giovani e preziose vite.
Testo originale: How Religion Is Killing Our Most Vulnerable Youth