Come l’amore di una madre per il figlio gay ha dato il via a una rivoluzione
Articolo di Kathryn Schulz pubblicato sul sito del The New Yorker Magazine (Stati Uniti) il 10 aprile 2023, liberamente tradotto da Innocenzo Pontillo
La folla posta lungo la Sixth Avenue (di New York) stava impazzendo. Era domenica 25 giugno 1972 ed il dottor Benjamin Spock stava camminando verso i quartieri alti della città con le persone che partecipavano al corteo della Christopher Street Liberation Day March, la marcia rivoluzionaria antesignana del Pride Parade di New York.
Sebbene fosse diventato famoso come pediatra, Spock era quasi altrettanto noto per il suo sostegno alle cause di sinistra – dalla legalizzazione dell’aborto alla fine della guerra in Vietnam – ma anche per il suo libro “The Common Sense Book of Baby and Child Care”, che aveva già venduto più di dieci milioni di copie (negli Stati Uniti). Tuttavia, anche per i suoi gusti, unirsi alla folla in marcia nella Christopher Street era un atto radicale.
Due anni prima, quando la marcia si era tenuta per la prima volta, gli organizzatori avevano temuto che non sarebbe venuto nessuno. Quelli che vennero erano così carichi di adrenalina e impauriti che il percorso di cinquanta isolati, dal West Village a Central Park, richiese la metà del tempo previsto; in seguito, la chiamarono scherzosamente Christopher Street Liberation Day Run (la corsa di liberazione Christopher Street).
Ora il dottor Spock, una delle figure più influenti d’America, si univa a loro. Al suo passaggio, la gente lungo le strade fischiava, applaudiva e urlava a squarciagola. Ma tutto questo baccano, a quanto pare, non era per il famoso dottore; ma era per una minuta donna di mezza età che marciava proprio davanti a lui. Non era affatto famosa, non era l’autrice di alcun libro, non era la leader di un movimento, non era evidentemente una radicale di alcun tipo. Con la sua giacca, la sua spilla, la sua gonna a quadri e i suoi occhiali, aveva l’aria un po’ svampita e un po’ calorosa di una maestra di scuola elementare vecchio stile, come in effetti era.
Portava con sé un pezzo di cartellone arancione con un messaggio scritto a mano con un pennarello nero: “Genitori dei gay: unitevi a sostegno dei vostri figli”. Non aveva idea che la folla stesse facendo il tifo per lei, finché dei perfetti sconosciuti iniziarono a correre verso di lei per ringraziarla. Le chiesero se potevano baciarla; se avrebbe parlato con i loro genitori; le dissero che non potevano immaginare che le loro madri e i loro padri li potessero sostenere pubblicamente o che potessero sostenerli.
La donna si chiamava Jeanne Manford e marciava al fianco del figlio gay di ventuno anni, Morty. Commossi dall’ondata di emozioni, i due ne hanno discusso lungo tutto il percorso. Quando hanno raggiunto Central Park, hanno preso una decisione: se così tante persone desideravano che qualcuno come Jeanne potesse parlare con i loro genitori, perché non renderlo possibile?
L’organizzazione che sognarono quel giorno, nata come un singolo gruppo di sostegno a Manhattan, si chiamava inizialmente Parents of Gays (Genitori di gay); in seguito fu ribattezzata Parents flag (Genitori e amici di lesbiche e gay) ed oggi è conosciuta solo come pflag. Alla sua prima riunione, tenutasi cinquant’anni fa in primavera, parteciparono solo poche persone. Oggi conta quattrocento gruppi e ben più di un quarto di milione di membri.
Questa crescita riflette un cambiamento culturale di straordinaria rapidità ed entità: una trasformazione, incompleta ma comunque sorprendente, dello status legale, politico e sociale delle persone LGBT+ in America.
Paradossalmente, una conseguenza di questa trasformazione è che il coraggio morale di Jeanne Manford, così evidente a tutti coloro che quel giorno percorrevano la Sixth Avenue, oggi è diventato difficile da apprezzare appieno. I genitori in generale, e le madri in particolare, sono da tempo una potente forza politica, dalle madri dei desaparasidos in Argentina alle Madri che lottano contro la guida in stato di ebbrezza alle Mamme che chiedono fatti. In questi casi, il potere dei genitori deriva dall’amare i propri figli e dal cercare di proteggerli, uno degli istinti umani più fondamentali e rispettati.
Ciò che ha reso Jeanne Manford una madre diversa – e che ha reso le sue azioni così rilevanti – è che, fino a quando non ha iniziato a sostenere il contrario, il tipo di figlio che aveva era ampiamente considerato nella società del tempo un figlio che una madre non poteva amare. (…)
Testo originale: Family Values. How a mother’s love for her gay son started a revolution