Come madre cattolica con un figlio gay voglio parlare a chi ha redatto il Responsum Vaticano sulle benedizioni
Lettera aperta inviata da Maria Cristina, una madre cattolica con un figlio gay, ai padri della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) che hanno redatto il Responsum sulla benedizione delle coppie omosessuali
Desidero esprimere il mio “GRAZIE” innanzitutto al Signore per aver benedetto con il DONO di questo figlio il nostro matrimonio; dono che sia io che mio marito abbiamo considerato ancor prima del concepimento, giusto e perfetto in quanto dono di Dio e Lui è sempre giusto e perfetto.
Grazie inoltre a mio figlio per avermi fatto conoscere una realtà per me sconosciuta, mai osteggiata ma ignorata e lasciata ai margini (e di questo chiedo perdono): avvicinandola mi si è aperto un mondo, è cambiatolo sguardo.
E non mi riferisco solo agli omosessuali cristiani LGBT ma anche agli altri, a quelli che hanno smesso di frequentare la Chiesa perché troppo sofferenti per farlo e per superare il peso di sentirsi etichettare come “intrinsecamente disordinati”.
Mio figlio è fra questi ultimi ed io da anni prego lo Spirito perché infonda in lui la saggezza e la capacità di superare quella sofferenza.
Quando nostro figlio nella tarda adolescenza ha dovuto fare i conti con l’accettazione, molto travagliata, della propria omosessualità, sentendosi rifiutato all’interno della Chiesa se ne è allontanato anche se, per fortuna, non dai principi cristiani che noi come famiglia abbiamo cercato di trasmettergli con i limiti delle nostre capacità ma chiedendo sempre l’aiuto dello Spirito.
Studiando Sant’Agostino e la sua vita ho poi “scoperto” Santa Monica, madre tenace, che ha dedicato la sua vita alla preghiera ed alle opere pie con l’intento di smuovere le pietre che ostacolavano la conversione del figlio.
L’ho eletta mia “aiutante” in cielo e ogni giorno prego la sua intercessione per il ritorno di mio figlio in seno alla Chiesa.
Quando però ho letto il Responsum mi è venuto spontaneo, nonostante questa mia preghiera, dire GRAZIE al Signore perché mio figlio ne è ancora al di fuori e gli è così stata risparmiata questa ulteriore ferita.
Come ho detto, mi sono avvicinata da anni a gruppi di ragazzi e ragazze cristiani LGBT, di cui insieme ad un gruppo di genitori con figli omosessuali mi considero un po’ “mamma”.
Dopo il Responsum ho visto questi ragazzi e ragazze soffrire atrocemente; li ho visti umiliati, schiacciati e ancora una volta non accolti nella loro oggettiva condizione esistenziale, ricordiamocelo, mai scelta né desiderata.
In seguito però ho assistito, con ammirazione, alla capacità che la maggior parte di loro ha avuto di superare con la forza della FEDE la “mazzata” che hanno subito proprio nei giorni antecedenti la Pasqua.
Ho rivisto in loro le ferite inferte a Gesù, le derisioni e gli oltraggi di chi non capiva la vera natura del suo AMORE.
Li ho visti anche “risorgere” con grande forza e luminosità, magari con tristezza e delusione ma senza rancore né rabbia né odio, proprio come ha fatto Gesù: questo anche grazie all’aiuto di molti genitori e alla vicinanza di sacerdoti e suore che in questi anni li hanno accompagnati nel loro cammino anche come coppie.
Voglio sperare che tra coloro che si spendono per la Dottrina ci sia qualcuno che possa, anche avvicinandoli e conoscendoli, riconoscere che l’AMORE, quello vero fra due persone pur dello stesso sesso, l’AMORE che si propone fedeltà, cura reciproca, progetto di crescita umana e cristiana e di servizio alla comunità è sempre una BENEDIZIONE di Dio per quelle persone e per l’intera comunità.
L’ultimo GRAZIE è per voi, cari padri, perché credo che alla base del Responsum ci siano state da parte vostra delle intenzioni che partano da una sincera ricerca del bene oggettivo ma nel mio cuore mi auguro di poter assistere un giorno ad una migliore comprensione della lettura di questa realtà, magari partendo dalle scienze umane che, come sono illuminate dalla Parola di Dio, così possano a loro volta illuminarla.