Come persone LGBT è ora di riconciliarci con la nostra fede
Testo tratto da Coming Home: To Faith, To Spirit, To Self (Tornando a casa: alla fede, allo spirito, a se stessi) edito dalla Human Rights Campaign Foundation (USA) nel 2014, pp.4-7, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
“Vengo da una devota famiglia cattolica. Durante l’epidemia di AIDS, tra i venti e i trent’anni, scoprii di essere lesbica. Fare coming out non era un’opzione. Mia madre chiuse quella porta quando mi disse che l’AIDS era il modo in cui Dio puniva i gay. Così non ho mai fatto coming out. Da allora mi è mancata ogni vacanza e incontro familiare, anno dopo anno. Quando ci andavo, mi sembrava di condurre due vite separate. Anche dopo che sono morti i miei genitori non sono più tornata in chiesa, così non ho avuto alcuna opportunità di sanare questa mia ferita.
Poi ho scoperto la Plymouth United Church of Christ di Shaker Heights, in Ohio (USA), dopo un’opera di convincimento della mia compagna. Durante la funzione mio figlio si alzò, durante le invocazioni, e chiese di pregare perchè sua madre trovasse un lavoro. Alla fine, il pastore, stando sulla porta, nel salutarci, gli disse: “Questa deve essere tua madre”.
Allora fece qualcosa che mi cambiò per sempre, quasi fosse qualcosa di sacro: mi abbracciò. Quello fu il momento in cui ritrovai il mio posto e la mia casa nella United Church of Christ, e per la prima volta mi sentii amata e al sicuro. Oggi sono un membro orgoglioso e attivo di questa congregazione.” (Char Ligo, United Church of Christ)
Edificare e avere un’identità di fede
Il neurologo Victor Frankl, psichiatra sopravvissuto ai campi di concentramento, pensava che il nostro io religioso sia intrinseco al nostro essere. Negarne il potere, diceva, è debilitante quanto negare la nostra sessualità o qualsiasi elemento essenziale della nostra identità.
Per questo motivo rifiutare la comunità di fede che amiamo può essere un’esperienza devastante. Il messaggio di Frankl, però, enfatizzava sopratutto l’importanza di aggrapparsi a questo io religioso e di averne cura.
Nel fronteggiare le sfide di una comunità di fede respingente, è importante avere chiaro il senso della propria identità di fede – essere consapevoli del nucleo reale della propria spiritualità. E’ proprio nella nostra intimità più profonda che troviamo il terreno comune in cui gli amici di cammino ci accolgono.
Ogni tradizione di fede – grande o piccola – è un viaggio verso il compimento, sia dell’individuo che della comunità. Tutte le tradizioni religiose, per esempio, declinano parte della Regola Aurea che sottolinea l’importanza di trattare gli altri con lo stesso rispetto e la stessa cura con cui vorremmo essere trattati noi.
Questa sottolineatura abbraccia i valori e le fondamenta di tutte le fedi condivise da milioni persone. È utile chiamare per nome questi valori, per tenerseli vicini – ed vedere dove la comunità dei fedeli è più vicina ad essi, e dove invece va fuori strada.
Per dare forma alla propri identità di fede è di aiuto porsi alcune domande chiave come:
– Cosa mi spinge a prendere parte ad una comunità di fede?
– Dove i miei valori collimano con quelli della comunità e dove ne differiscono?
– Ciò in cui credo come da forma ogni giorno alle mie scelte e alle mie azioni?
Può essere particolarmente utile esprimere il tuo più intimo sentire spirituale o religioso con una frase lapidaria. Una cosa difficile da fare, ma utile per il viaggio che si ha davanti.
Condividete i vostri doni
Per una persona LGBT vivere apertamente in una comunità di fede può essere impegnativo, ma le potenziali ricompense sono enormi. Mentre si respira una nuova vita, negli angoli più nascosti di noi stessi, si scoprono nuove risorse spirituali e si guadagna l’opportunità di condividere questa saggezza, conquistata a fatica, con gli altri. Si diventa così testimonianza viva che la fede e l’identità LGBT non si escludono a vicenda – che noi esistiamo e prosperiamo in tutte le fedi, ovunque.
E’ possibile che fare “coming out” nella propria comunità di fede renda le persone non proprio bendisposte. Ma, aprendoci in una comunitò di fede, si dà a queste stesse persone l’opportunità di amarci più completamente e onestamente.
Questo aiuta la comunità a diventare più spiritualmente comprensiva dei bisogni di tutti. Così come si può aver bisogno di tanto tempo per vivere apertamente con noi stessi e gli altri, può darsi che la nostra comunità di fede abbia bisogno di tempo per venire a patti con il nostro orientamento sessuale o la nostra identità di genere.
Ricordate che questo cambiamento è imprevedibile. Può iniziare lentamente e poi aumentare esponenzialmente velocità. Anche se le reazioni iniziali possono essere di disappunto, nel tempo si possono attenuare. Una parola di avvertimento. Si può pensare che i costi emotivi e spirituali dell’essere aperti con la propria comunità siano troppo alti. Abbiate fede nel vostro giudizio e prendetevi il tempo che occorre. …
RICORDATI: E’ IL TUO VIAGGIO. TU DEVI DECIDERNE LA VIA E IL RITMO
“Per molti credenti la famiglia e Dio sono componenti importanti, le fondamenta della nostra cultura. Sono gioielli preziosi in quel tesoro che custodisce la nostra gente. E questi sono gioielli, per diritto di nascita, dei nostri figli.” (Rosa Manrique, LGBT Advocate and a Mother Roman Catholic immaculate Heart Community)
Testo originale: Coming Home: To Faith, To Spirit, To Self (PDF)